le vergini sagge e stolte. come e perché
Stiamo
arrivando verso la fine dell’anno e anche verso la fine del Vangelo
di Matteo. Gesù si trova ormai a Gerusalemme dove sa che entro
pochi giorni si dovrà concludere la sua vicenda terrena. Ecco allora
che fa un lungo discorso chiamato il discorso escatologico.
Comunemente parlando potremmo definire questo discorso una
illuminazione sulla fine dei tempi, ma più correttamente dovremmo
definirlo discorso sul “fine“ non sulla fine, cioè sullo scopo
dei tempi e come raggiungerlo. Durante questo discorso Gesù utilizza
varie immagini per spiegare ai suoi discepoli come prepararsi al
momento importante della morte e resurrezione di Gesù che
rappresenta per tutti noi il punto di riferimento per comprendere la
nostra morte e risurrezione.
Al
centro del discorso stanno le tre parabole del capitolo 25. La Chiesa
ci offre questi tre racconti per la riflessione delle ultime tre
domeniche dell’anno. Oggi abbiamo la prima, la così detta parabola
delle 10 vergini, domenica prossima avremo la parabola dei Talenti ed
infine la domenica successiva la parabola del giudizio finale.
Inutile dire che trattandosi di un discorso unico le tre parabole
vanno tenute assieme e non si può comprenderne una separandola dalle
altre due.
Lo
scopo della nostra vita è incontrare il Cristo, nostro sposo ed
entrare con lui nelle nozze eterne. I tempi sono lunghi, nessuno sa
quando questo avviene, come nessuno conosce il momento della sua
morte, per alcuni essa può venire dopo una lunga malattia e quindi
ha tempo per prepararvisi, per altri può avvenire di sorpresa, molto
prima del previsto. Per questo cammino che è la nostra vita, il
Signore ci ha dato un apparato speciale fatto di tanti doni,
l’intelligenza, la salute, la famiglia, la cultura, la vocazione,
tante capacità pratiche, tutte cose necessarie e che cambiano da
persona a persona. Queste sono la lampada che ciascuna delle dieci
ragazze del vangelo porta con sé per l’incontro con lo sposo. Ma
la lampada ha bisogno dell’olio per poter funzionare e fare luce.
Non importa la forma, la grandezza, il costo, quello che importa è
che ci mettiamo dentro dell’olio e accendiamo la fiamma. Questo è
l’amore che mette in movimento e fa funzionare tutto l’apparato
nel modo giusto. Senza la carità tutte le nostre doti e tutti gli
altri doni diventano inutili o addirittura dannosi, come una lampada
che senza olio non può dare luce. Essa può essere usata come ferma
carte o ferma porta o addirittura come oggetto per colpire in testa
il mio nemico, tutti scopi che a prima vista sembrano utili ma che
non realizzano lo scopo per cui la lampada fu costruita. Quanto
spesso vediamo persone che utilizzano la loro intelligenza per scopi
sbagliati, le loro doti per vana gloria o successo economico, la loro
cultura o posizione sociale per fare del male agli altri. Con questa
lampada spenta non si riesce ad entrare alle nozze di Cristo. Serve
l’amore che brucia. Ma l’amore, nonostante sia qualcosa che si
diffonde o fa del bene a tutti non può essere passato al vicino per
giustificare la sua pigrizia. Nessuno può arrivare da Cristo e dire
fammi entrare perché mio papà ha fatto tanto del bene, perché mia
mamma ha pregato tanto o perché mio fratello ha aiutato i poveri.
Questo lo comprendiamo bene quando leggiamo la parabola dei talenti
dove ad ognuno è richiesto: “E tu come hai usato i tuoi talenti?”
non gli è richiesto quanto abbia prodotto, che tipo di prodotto, ma
se li ha investiti utilizzandoli bene. Ma qual è lo scopo ultimo di
tutte queste doti e doni che il Signore ci ha dato? Ce lo spiega bene
l’ultima parabola quello del giudizio finale: La carità spicciola,
concreta. Avevo fame e mi avete dato da mangiare. Vedete? È una
chiamata rivolta a tutti e senza distinzione. Non tutti hanno la
possibilità di costruire un ospedale ma tutti possono andare a
trovare un malato; non tutti possono costruire un ostello o un centro
charitas ma tutti possono condividere un bicchiere d’acqua, un
panino, o una parola buona, o un ascolto paziente, o uno sguardo
amorevole e misericordioso.
Siamo
tutti invitati a una vita di unione con il Signore che è già
iniziata di qui e troverà il suo compimento di là, ma questo
incontro diventa possibile e significativo se alimentiamo la nostra
vita con carità semplice ma sincera e se la accendiamo con la fiamma
dell’amore per i più piccoli, i più bisognosi.
Buona
festa di nozze.