Il giudizio finale: l'amore

Mt 25  Il giudizio finale
 
Eccoci giunti al terzo episodio del capitolo 25, il capitolo sul vero senso della vita cioè come entrare nella vita eterna. Diciamo subito che questo terzo episodio non è una parabola in sé ma il coronamento e la chiave di lettura degli altri due. Se ben ricordate nel primo racconto, quello delle vergini si diceva: Cos’è quest’olio che deve bruciare nelle lampade e che fa sì che alcune ragazze entrino e le altre rimangano chiuse fuori? Nel secondo racconto la domanda invece era: “come dobbiamo utilizzare i talenti che lui ci ha dato per poter entrare”?  Cioè il primo racconto si concentrava sull’oggetto, mentre il secondo sul suo utilizzo. Inoltre in entrambe i racconti si sottolineava che lo sposo o il re era assente e tardava a tornare. Ora il re è tornato e le cose sono messe bene in chiaro: l’oggetto (chiamiamolo olio, chiamiamolo talenti) è l’amore e il modo di usarlo è donarlo gratuitamente a tutti. Ecco il racconto di oggi, una spiegazione fatta utilizzando un modo di parlare tipico di quel tempo che è quello apocalittico. Il genere apocalittico era un modo di parlare forte, colorito che si serviva dell’immagine del giudizio e della fine del mondo per aiutare gli ascoltatori a focalizzarsi sulle cose importanti della vita.
Alla fine dei tempi il Cristo verrà nella sua gloria. Una domanda: quando? Non sta a noi giudicare o organizzare, noi dobbiamo essere sempre pronti. Io credo che nessuno di noi vedrà la fine del mondo ma ciascuno di noi dovrà fare i conti con la propria morte e questo è il momento in cui ci troviamo di fronte a Cristo.
Dividerà le persone come il pastore fa con le pecore e le capre. Penso che qui Gesù non voglia fare alcun giudizio specifico sui due animali,  ma, dato che buona parte delle persone che ascoltavano erano o pastori o comunque a conoscenza delle usanze dei pastori, allora usa una scena chiara a tutti. Le notti in Israele possono essere fredde, le pecore soffrono il freddo e quindi devono essere portate dentro, le capre, invece non patiscono il freddo ma soffrono per l’aria viziata dall’odore del loro corpo e quindi devono essere tenute fuori.
Qual’ è il criterio di scelta per il dentro o il fuori? Questo è il centro del discorso, cioè di tutti e tre i racconti assieme. È un messaggio tanto importante che Gesù ce lo ripete ben 4 volte per essere sicuri che lo capiamo bene. “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ecc.” : la carità.
Colui che parla è il re seduto in trono, ma sappiamo bene che per Gesù il trono della sua gloria è la Croce, quello è il momento il cui il Padre lo glorifica, quello su cui Pilato ha fatto scrivere “il Re dei Giudei”, e di cui lui stesso aveva detto “Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me”. Ebbene il criterio di giudizio di Gesù è questo: siate miei imitatori, io ho dato tutto per voi, voi cercate almeno di dare un po’ per gli altri che sono il luogo in cui io vivo, il luogo in cui voi mi dovete incontrare.
Facciamo quindi attenzione ad alcuni dettagli di questa carità:
1- Non si parla di quantità. Non chiede quanti poveri hai aiutato, neppure quanti soldi hai dato, non ci chiede cioè di essere perfetti nella nostra vita.  Qui riferisce di cose piccole, un bicchiere di acqua, un vestito, una visita in carcere o all’ospedale, cose possibili a chiunque, anche al più povero. Quindi non si tratta di concentrarsi sul fare ma si avere un’attitudine di vita semplice, di vivere come Cristo vivrebbe in quel momento.
2- Non si chiede nemmeno se la persona che riceve il nostro dono lo meriti o no, se essa sia legata o no al donatore da amicizia o parentela. “E loro chiederanno: Quando mai ti abbiamo visto?”  Quindi si parla di carità gratuita.
Ci troviamo ancora una volta di fronte al paradosso del messaggio cristiano che va contro ogni logica umana e ad ogni calcolo di efficienza e profitto. Non c’è scritto da nessuna parte nel vangelo che una  struttura come il Policlinico Gemelli sia automaticamente migliore del piccolo centro caritas che avete in parrocchia. È vero che di là passano più persone che dal vostro centro, ma questo, da solo non è un indice di carità. Non sta a me decidere i frutti dell’amore, lui porta frutti dove noi nemmeno pensiamo e raggiunge persone che noi nemmeno immaginiamo. L’importante è che io stia vivendo come ha vissuto Gesù, anche se nel mio piccolo, in un modo molto limitato.
C’è una grossa tentazione tra i cristiani che si chiama la “sindrome del Salvatore”. Essa corrisponde, in campo civile, alla “sindrome di onnipotenza”, cioè il pensare che devo fare tutto io e che quello che non faccio o di cui non vedo direttamente i risultati non lo può fare nessuno. Il Signore è l’unico Salvatore del mondo e l’unico che conosce per ognuno qual è il modo migliore per salvarlo, noi siamo piccoli strumenti e lui a noi chiede i piccoli gesti di ogni giorno, ma da tutti noi: nessuno è esentato dall’amare perché non esiste regno di Dio senza amore.
Il segreto dell’amore vero non è tanto nel successo delle nostre opere ma nel fatto che amando ci rendiamo simili a Dio, strumento nelle sue mani e questa è anche la nostra ricompensa.
Lasciamoci coinvolgere dalla logica dell’amore.
Un'ultima curiosità. Dopo queso brano inizia subito il racconto della Passione di Gesù, si conclude cioè la narrazione della vita pubblica di Gesù che era iniziata con le beatitudini dove affamati, assetati, perseguitati, poveri erano proclamati beati, qui gli stessi diventano la chiave perché anche noi entriamo nella beatitudine. Mt 1-4 racconti dell'infanzia, Gesù entra nella storia da perseguitato, povero, rigettato esiliato. Poi si dice beati i poveri ecc. Mt 25 I poveri fanno entrare nel regno  dei cieli e poi Gesù diventa di nuovo il povero perseguitato.
La chiave di lettura della vita di Gesù e la chiave del Regno di Dio sta nella povertà, sia che la viviamo di persona, sia che la soccorriamo.

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