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Ce la faremo a salvarci?

  Ce la faremo a salvarci? (  Luca 13,22-30) Quante volte ci siamo chiesti: “Ma io mi salverò?” È una domanda che nasce dal desiderio più profondo del cuore umano: vivere per sempre con Dio. Già ai tempi di Gesù questa era una preoccupazione comune. Alcuni pensavano che bastasse appartenere al popolo eletto; altri che fosse sufficiente osservare la legge. Oggi, molti cristiani ragionano ancora così: “Sono cristiano, quindi mi salvo; chi appartiene ad altre religioni, no” . Oppure: “Io vado a Messa, altri no, e questo farà la differenza” . Ma Gesù ci sorprende: non guarda alle etichette, ma al cuore. Gesù afferma che la porta per entrare nel Regno è stretta. Non è una porta materiale, ma uno stile di vita. È stretta perché richiede impegno, sacrificio, amore concreto. Non si entra “in carrozza”, come dicevano i nostri nonni, ma camminando con fatica, portando i pesi degli altri, soccorrendo chi è nel bisogno. Per attraversarla bisogna farsi piccoli, umili, semplici come...

Siamo invitati a nozze: chi si sposa?

  Invitati a nozze. Chi si sposa? (Mt 22:1-14) Gesù è ormai in Gerusalemme, pochi giorni prima del suo arresto e della sua condanna a morte. Si sta preparando. Sa che non potrà evitarla, ma vuole che ognuno abbia il maggior beneficio da essa. Si concentra ora su quelli che lo condanneranno. A loro ha già dedicato le due parabole che abbiamo sentito nelle due domeniche scorse. Anche la parabola di oggi è per loro. Si parla della festa di nozze del figlio di un re e degli invitati a tale festa. La storia, in sé, presenta molti punti difficili da accettare in un racconto normale, ma se la prendiamo per quello che è, cioè un modo figurato di raccontare la realtà, si vede che tutto ha senso. Gesù sta parlando del popolo di Israele che è stato invitato a partecipare alle nozze di Dio con l’umanità celebrate tramite suo figlio. Coloro che lo stanno ascoltando in quel momento, cioè i capi del popolo e i sacerdoti del tempio, sono i primi invitati, in quanto popolo eletto, ma essi rifiu...

Quando le nostre debolezze ci salvano

La forza della debolezza. Gv. 3,14-21 " E come Mosè innalzò il serpente nel deserto così bisogna che sia innalzato il figlio dell'uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".   Perché Mosè innalzò il serpente nel deserto? Il popolo aveva disobbedito a Dio aveva perso la fiducia, e per punirlo Dio aveva mandato dei serpenti che morsicando le persone le facevano morire. Loro si pentirono e Dio disse a Mosè di fare un serpente di bronzo e di metterlo su un asta e chiunque avesse guardato al serpente si sarebbe salvato. Ma se Dio li aveva perdonati, poteva semplicemente mandare via i serpenti, invece no. Lui non ci dà il prodotto completo che noi riceviamo passivamente. No, lui ci dà il suo perdono, ma sotto forma di possibilità, non ci toglie la libertà. Allora fa innalzare il serpente per dire: se vuoi, la possibilità di salvarti c'è; se non vuoi, sono affari tuoi. Rispetta la nostra libertà di scelta. Non ci obbliga ad essere salvati da lui. Lui ci ama talm...

Quando si mettono gli ultimi al primo posto

Ragionare a partire dagli ultimi (Mt 20,1-16) “Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Ci è sempre difficile capire il modo di agire di Dio. Esso è infinitamente più grande del nostro modo di pensare, considera il passato, il presente e il futuro, conosce il pensiero e le necessità di ogni uomo e per tutti ricerca ciò che è meglio. Per realizzare questo, però, si serve di mezzi che per noi, chiusi nella nostra piccolezza di esseri umani, limitati dai nostri desideri, dal nostro orgoglio, dal nostro egoismo, sembrano strani e a volte sbagliati. Per aiutarci a capire e superare queste nostre limitazioni Gesù oggi ci racconta questa parabola, una parabola molto difficile da accettare. Penso che molti Cristiani, e forse anche molti di voi pensano che Gesù abbia agito in modo ingiusto contro gli operai della prima ora, e forse ci sentiamo in diritto di rimproverare a Gesù di andare contro i principi più basilari della giustizia. Per...

Siamo salvati dall'Amore di Cristo

Chi ci separerà dall’Amore di Cristo? Prendo l’occasione per dedicare questa mia riflessione al capitolo 8 della Lettera di San Paolo ai Romani che per quattro settimane ci accompagnerà come seconda lettura. Il capitolo 8 rappresenta una vetta nel mondo della letteratura religiosa e spirituale. Nei primi sette capitoli, Paolo fa uno sforzo intellettuale e teologico per spiegare ai suoi lettori che la natura umana è schiava della sua fragilità, ma è schiava anche dalla struttura che gli Ebrei si erano costruiti con la legge. Essa avrebbe dovuto aiutarli a trovare Dio e invece li aveva ingabbiati in una serie di riti che avevano raffreddato il loro cuore e intorpidito la loro volontà. Il capitolo 7 aveva avuto il suo punto più alto nell’affermazione: “ Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto … Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge che muove guerra alla legge ...

Quanto grande è l'amore di Dio?

Dio ha tanto amato il mondo (Gv. 3,16-18) Il brano di oggi è tratto dal famoso incontro notturno tra Gesù e Nicodemo, descritto al capitolo 3 del Vangelo di Giovanni. Nicodemo è un fariseo, colto, studioso delle scritture. Perché è andato da Gesù e perché di notte? Egli inizia il suo discorso dicendo: “ Noi sappiamo che sei un uomo da Dio, nessuno infatti potrebbe compiere i segni che tu hai compiuto se non viene da Dio “. Si nota che nel suo discorso parla al plurale quindi parla a nome di tutta la sua categoria. Ma quali segni aveva compiuto Gesù? A Gerusalemme, fino a quel momento, aveva solo cacciato i venditori dal tempio. Di sicuro i Farisei erano rimasti scioccati, dal gesto ma anche dalla fermezza con cui l’aveva fatto e da come aveva risposto ai sacerdoti. Si saranno quindi chiesti: chi è costui che ha il coraggio di un tale gesto? Forse un riformatore o un profeta? Probabilmente, la missione di Nicodemo era quello di incontrare Gesù, valutarne il valore e riportarlo su...

Un re strano e scomodo

Un regno strano e scomodo   Lc 23,35-43 Oggi la liturgia ci invita a riflettere sulla regalità di Cristo. Cosa vuol dire essere re? Gesù ha parlato per ben 90 volte di regno di Dio e per lui è chiaro cosa vuol dire essere re, ma per noi cosa è un regno? Lungo la storia si sono susseguiti tanti regni e imperi, tutti hanno avuto il loro momento di gloria, ma poi si sono sgretolati lasciando un’eredità di guerre e rovine. Tutti i grandi sono passati e poi scomparsi. Ma non c’è nessuno che rimane? Per noi è importante avere questa risposta perché tutti vogliamo che qualcosa di noi rimanga, vogliamo investire la nostra vita in qualcosa per cui ne valga la pena. Gesù è venuto a inaugurare un suo regno, lui ci ha promesso che questo regno dura per tutta l’eternità: è possibile? Cosa lo rende diverso dagli altri? Spesso noi ci siamo equivocati e abbiamo pensato al regno di Dio con i parametri di questo mondo, infatti troppo spesso nella storia, e anche oggi, coloro che sono ch...