Guai a voi Farisei. e noi?



Mt 23, 1-12  Dicono ma non fanno
Oggi Gesù sembra proprio arrabbiato, accusa pubblicamente gli scribi e i farisei; se poi andiamo avanti a leggere il resto del capitolo 23 di Matteo vediamo che le cose si mettono pure peggio. In questo capitolo troviamo per ben 7 volte la frase “guai a voi Scribi e Farisei” e voi sapete bene che nella Bibbia il numero 7 è sempre segno di perfezione, completezza, influsso divino.
Se vi ricordate il vangelo delle domeniche scorse, vangelo preso dai capitoli 21 e 22 cioè direttamente collegati a quello di oggi, Gesù aveva raccontato due parabole, quella dei vignaioli e quella degli invitati alle nozze. In esse Gesù faceva chiaramente capire che i farisei lo stavano rigettando e addirittura minacciando di ucciderlo, ma con lui stavano rigettando Dio stesso. Poi aveva aggiunto di dare a Dio il primato: “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” ed infine dichiarato il “comandamento dell’amore” come legge suprema.
Gesù sa bene che i Farisei stanno complottando per ucciderlo, ma questo non lo disturba più di tanto. Quello che invece gli dà fastidio è il fatto che non solo essi rifiutano di accogliere il suo messaggio di misericordia ma soprattutto essi impediscono agli altri di accoglierlo. Essi avevano una posizione di autorità sulla gente e avrebbero dovuto utilizzare tale posizione per aiutare la gente, istruirla, servirla, condurla a Dio, mentre la utilizzavano per rafforzare la loro ricchezza e il loro potere. Da tante altre frasi del Vangelo conosciamo bene quale sia l’idea che Gesù ha dell’autorità, basti pensare al fatto che durante l’ultima cena si è alzato per lavare i piedi ai suoi discepoli che lo chiamavano Maestro e ha aggiunto: “Lo stesso fate anche voi” e un’altra volta ha detto: “Chi vuol essere il primo sia il servo di tutti”.
I farisei non riescono ad accettare questo atteggiamento di Gesù e questo messaggio di una religione non basata sulla “forza” di Dio ma sull’umiltà e sul servizio. Il predicare un Dio Onnipotente e soprattutto un Dio “giusto giustiziere che castiga gli errori” era lo strumento migliore per consolidare la loro posizione sociale.
La frase più importante del vangelo di oggi è questa: “Essi si sono seduti sul trono di Mosè; praticate e osservate quello che dicono ma non agite secondo le loro opere”. Quando l’ho letta, mentre preparavo questa predica, mi è venuto un brivido di freddo alla schiena pensando a quante persone hanno smesso di pregare solo perché si sono scandalizzate per qualche parola o qualche comportamento di noi preti. Noi sbagliamo e chi ci rimette è Dio.
Io credo che il vangelo di oggi interpella tutti noi. Abbiamo posti di responsabilità e questo ci dà autorità su altre persone. Siete padri o madri di famiglia? Avete autorità sui vostri figli, utilizzatela per aiutarli a crescere non per imporre le vostre idee. Avete una posizione nel posto di lavoro? Utilizzatela per creare armonia, collaborazione, per far sì che il lavoro riesca meglio ma anche che l’integrazione di tutti i dipendenti sia migliore, non utilizzatela per fare carriera. Siete membri di un gruppo parrocchiale, catechisti, volontari, messaggeri, parroco, direttore, confessore, predicatore, eccetera? Utilizzate la vostra posizione per attirare le persone a Dio, per far sperimentare loro il suo amore, non per ostentare false virtù, per farvi belli o importanti davanti agli altri.
Oggi siamo in una società dove di parole ce n’è troppe e quindi la parola sta perdendo di valore; questa è la società dell’immagine per cui l’esempio di vita è molto più importante; questa è una società in cui le relazioni tra le persone o sono formali, o virtuali o addirittura conflittuali. Noi siamo chiamati a praticare relazioni di ascolto, comprensione, incoraggiamento, aiuto, sostegno, pazienza, guida. Questo è l’esempio datoci da Gesù. I Farisei, invece, davano un esempio di autoritarismo, carrierismo, protagonismo, esibizionismo: Gesù rigetta e condanna duramente tali atteggiamenti.
Vi invito, quando avete un po’ di tempo libero, a leggervi con calma il capitolo 23 del vangelo di Matteo.
Vogliamo essere veri cristiani? Seguiamo l’esempio di Gesù.

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