Dio ci punisce o ci puniamo da soli?
Dio
ci punisce o ci puniamo da soli? Terza Domenica di Quaresima anno C
(Lc 13,1-9)
Il
Vangelo di oggi si sviluppa su 2 parti: Prima ci sono 2 fatti di
cronaca e poi una parabola. La seconda parte completa la prima.
Dalla storia sappiamo che Pilato è sempre stato
un uomo duro, orgoglioso, spesso violento e desideroso di far vedere
ai Giudei la sua forza. Il vangelo di oggi ci riferisce solo uno di
vari episodi di tale violenza. Il fatto era successo durante le
celebrazioni della Pasqua, tempo in cui si celebrava la liberazione
del popolo dalla schiavitù d’Egitto. Per i Giudei, che a quel
tempo erano sottomessi politicamente e militarmente ai Romani, tale
celebrazione spesso suscitava il desiderio di libertà, nostalgia
delle glorie passate, quando Israele era un Regno forte e temuto, e
questo causava sentimenti di rivolta tra i fedeli. È probabile che
qualcuno di loro abbia anche espresso pubblicamente questo malessere
con forme di protesta e magari tirando sassi verso i soldati. Ebbene
Pilato fece intervenire l’esercito che fermò ogni protesta
uccidendo le persone che in quel momento stavano offrendo dei
sacrifici nel tempio. Questo fatto aveva creato sconcerto e anche
scandalo tra i credenti: Gli infedeli entrano e profanano il luogo
sacro: perché Dio permette queste cose? Perché non interviene e non
spazza via Pilato dalla faccia della terra? I Farisei, temendo da una
parte il malumore della gente, dall’altra la repressione dei
soldati, come spesso facevano, trovarono una spiegazione per calmare
tutti: Dio ha permesso tale strage perché sicuramente queste persone
uccise avevano commesso qualche peccato. Naturalmente questo modo di
ragionare non accontenta chi invece si sente a posto e magari ha
avuto qualche suo parente o conoscente tra i morti. Se Dio punisce i
peccatori, allora perché non punisce anche Pilato, che di certo
santo non è?
Ecco
allora che molti si rivolgono a Gesù sperando che almeno Lui prenda
una posizione chiara e forte, magari si metta a capo della
ribellione. Nel capitolo precedente, il 12° del vangelo di Luca,
Gesù aveva invitato i suoi discepoli a parlare apertamente, senza
timore, a prepararsi per la venuta di Dio, a fare scelte decise. Come
risponde ora di fronte a questa provocazione?
Gesù
sa che Dio non punisce mai, neppure il più grande peccatore, ma al
tempo stesso sa che la violenza genera violenza e le conseguenze si
riversano su tutti indistintamente. Il reagire ai soldati con la
forza genererebbe guai non solo perché loro sono forti, ma
soprattutto perché combattere è fare spazio alla mentalità del
diavolo, non a quella di Dio. Quindi la soluzione non sta nel reagire
con una ribellione armata ma nel cambiare mentalità. Il secondo
episodio riportato serve a rafforzare questa idea. C’erano delle
persone rimaste uccise dalla caduta di una torre che si stava
costruendo in prossimità della piscina di Siloe, probabilmente
durante dei lavori per l’acquedotto. È stato un incidente sul
lavoro, una fatalità, chiunque poteva venire coinvolto in tale
incidente. Non ha senso quindi andare a cercare peccati nascosti di
tali persone per giustificare la loro morte. Però una cosa è certa,
finché non si lavora bene, si fanno le cose senza la dovuta
attenzione, non si usano i materiali opportuni, eccetera, incidenti
del genere si ripeteranno e magari innocenti ne verranno coinvolti.
Basti pensare a quanti episodi incontriamo nella cronaca di ogni
giorno di edifici o struttura che crollano uccidendo persone solo
perché chi ha costruito ha imbrogliato sui materiali e sul lavoro
intascandosi i soldi. Bisogna cambiare mentalità di vita. Bisogna
mettere al centro del nostro modo di pensare e delle nostre scelte
concrete l’interesse di Dio e quello della gente, non gli interessi
personali. Bisogna lavorare assieme per costruire un mondo migliore,
non un mondo a me più comodo e proficuo. C’è un detto italiano:
Passata la festa gabbato lo santo. Esso presenta una mentalità
ancora molto diffusa tra la nostra gente: il credere che la fede e la
vita cristiana si basino solo su grazie da chiedere, premi da
meritare e castighi da evitare. Non è facile cambiare tale modo di
pensare. Come può un Dio “Amore” volere solo una religione di
questo tipo?
Fino
a quando abbiamo tempo per cambiare? Non lo so. Però è chiaro che
finché ci sarà una mentalità di violenza e corruzione, assisteremo
a disgrazie. Gesù si spiega attraverso una parabola, quella del
fico. Marco e Matteo ci narrano un episodio in cui Gesù vede un
fico, va a cercarne i frutti, ma non trovandone, maledice la pianta e
questa secca. Si capisce chiaramente che il fico rappresenta la
civiltà e la religione dei Giudei che si rifiutano di portare i
frutti indicati da Gesù. Luca è l’evangelista della misericordia
quindi non ci vuol far vedere un Gesù che maledice ma introduce
questa parabola dove il fattore (Dio) vorrebbe tagliare l’albero ma
il contadino (Gesù) intercede per dare all’albero ancora
un’occasione in cui lui metterà tutto il suo impegno. Siamo già
nel viaggio verso Gerusalemme, vicini alla Pasqua e di lì a poco
Gesù morirà; questo è l’ulteriore cura che Gesù vuol dare a
questo fico. Sappiamo poi dalla storia che la maggior parte dei
Giudei e specialmente i loro capi continueranno ad ostacolare o anche
perseguitare il messaggio evangelico anche dopo la morte e
resurrezione di Gesù e che, quarant’anni dopo, Gerusalemme sarà
assediata e distrutta dai Romani. Del tempio non resterà pietra su
pietra.
Anche a noi Gesù manda in continuazione proposte
di conversione, occasioni per accogliere il suo messaggio e questo
tempo di Quaresima è un tempo opportuno. Il risultato del nostro
cammino non si vedrà contando quanti digiuni abbiamo fatto ma quanto
abbiamo cambiato il nostro modo di pensare. Voglia Dio che impariamo
a vivere veramente secondo il Vangelo.