Cosa dobbiamo fare?

 Cosa dobbiamo fare?

Domenica scorsa Giovanni ci invitava ad un cammino di conversione nel deserto. Oggi ci fornisce direttive più precise.

Egli inizia a predicare a coloro che si avvicinano a lui per essere battezzati. La domanda che gli pongono dovrebbe essere anche la nostra: “Cosa dobbiamo fare?” Come possiamo cambiare vita? Troppo spesso pensiamo e parliamo bene ma viviamo male.

Abbiamo detto che non dobbiamo farci bloccare dalle cose materiali, ma la religione non può essere solo spirituale, deve necessariamente tradursi in vita, altrimenti la conversione non è autentica.

 Il vangelo ci presenta 3 gruppi di persone.

Il primo gruppo è quello delle folle. Essi rappresentano la gente comune, tranquilla. Sono persone che vivono la loro quotidianità senza particolari problemi o entusiasmo, ma quando ascoltano il Vangelo provano un’inquietudine interiore. Anche noi alle volte ci chiediamo: Cosa mi succederebbe se prendessi sul serio ciò che il Vangelo mi dice? Giovanni offre un esempio radicale di vita, mentre io mi limito a vivere con il minimo impegno indispensabile. Lui è coraggioso, ma io no. Lui è l’esempio da seguire, ma per me è troppo. C’è sempre in noi un po’ di timore a lasciar entrare Gesù nella nostra vita, per paura di perdere la comodità, la tranquillità, e la sicurezza che ci siamo costruiti con fatica. La ricetta di Giovanni è semplice: avere il coraggio di distaccarsi dalle cose materiali. Tutti noi abbiamo la tendenza ad accumulare il più possibile, pensando che le cose materiali ci diano serenità e pace. Dobbiamo imparare a controllare questo istinto, perché è solo Gesù che può portarci pace e gioia, ma spesso i beni di questo mondo sono pesi che ci legano invece di renderci liberi.

Alle volte mi chiedo: se una persona venisse da me e mi dicesse “voglio diventare cristiano; cosa devo fare?”, cosa gli risponderei? Pregare, seguire i comandamenti, ricevere i sacramenti, evitare di peccare, ecc. Giovanni, invece di parlare dei grandi peccati indicati dai dieci comandamenti parla di un peccato che spesso dimentichiamo, o che non consideriamo nemmeno tale: l’omissione o l’indifferenza. Hai due tuniche? Danne una a chi non ne ha, fai lo stesso col cibo. Quindi da una parte la sobrietà di vita, dall’altra la condivisione con i poveri. Alla gente comune dà indicazioni molto semplici ma soprattutto offre il suo esempio di vita. Il suo modo di testimoniare è fatto di parole ma soprattutto di fatti.

Il secondo gruppo sono i pubblicani. Essi erano forse la categoria più odiata. Erano considerati peccatori perché traditori, incaricati di raccogliere le tasse per conto dei Romani, spesso approfittando della loro posizione per raccogliere soldi per sé stessi. Ci aspetteremmo che Giovanni dicesse loro: “Cambiate mestiere!”. Invece dice: svolgete la vostra professione in modo diverso, onesto, con attenzione agli altri. Anche oggi, molti esercitano la loro professione approfittando della loro posizione, sfruttando la debolezza di chi si rivolge a loro per aumentare il loro guadagno, sia esso monetario o morale. C’è differenza quando andiamo in un ufficio e troviamo di fronte a noi un impiegato arrogante e sprezzante rispetto a una persona sorridente, che ascolta, aiuta e incoraggia. Senza parlare poi di chi si arricchisce in modo disonesto.

Il terzo gruppo sono i soldati. Di solito si pensa ai soldati come a gente violenta, di guerra, con le armi in mano, e anche qui ci si aspetterebbe che dica “buttate le armi”. Giovanni è realista, sa che c’è bisogno di soldati, ma il pericolo è che abusino della loro posizione di forza, e di fatto spesso avviene così. Allora si limita a dire: “Non maltrattate e non estorcete niente agli altri”.  Quante persone oggi abusano della loro posizione sociale o di potere.

Come vedete, Giovanni non ha chiesto pratiche religiose, né un cambio radicale di lavoro o posizione sociale, ma un cambio radicale di modo di pensare che si traduca in un nuovo modo di vivere, facendo le stesse cose di sempre ma con stile e motivazioni nuove.

La gente è attratta dalla concretezza del discorso di Giovanni e dal suo stile di vita e si chiede: “Forse è lui il Messia?” Giovanni è coerente col suo messaggio e dice: “Egli verrà dopo di me ed è molto più grande di me”. Non c’è dubbio che Giovanni il Battista stesse avendo un discreto successo con molte persone che andavano da lui. Avrebbe potuto approfittarsene, ma ha evidenziato solo il suo compito.

Mi chiedo: chi è Giovanni il Battista oggi? Tutti noi dovremmo esserlo. Troppo spesso Gesù cammina per le strade del nostro mondo e la gente non lo riconosce. Noi dovremmo fare in modo che chiunque ci incontra abbia un’esperienza della presenza di Dio e nasca in lui o lei il desiderio di conversione. Dobbiamo aprirci con coraggio e fede a tutti ed indicare una chiara direzione: siamo la voce di Dio, le mani di Dio, le gambe di Dio, ma non siamo Dio. Troppo spesso ci chiudiamo in noi stessi con gelosia o competizione; troppo spesso mettiamo noi stessi al centro di tutto ciò che facciamo; troppo spesso ci adagiamo contenti di come vanno le cose e ci limitiamo ad incontrare solo le persone “per bene”.

Come capire se siamo Giovanni il Battista o solo dei falsi profeti? Ascoltiamo i discorsi che facciamo: quante volte usiamo la parola “Dio” e quante volte la parola “Io”? Guardiamo alle dinamiche del nostro agire: esse creano spirito di servizio, di umiltà, di condivisione oppure creano protagonismo, desiderio di potere, differenze e divisioni?

Post popolari in questo blog

Gesù è davvero un re?

I santi, nostri amici

Alle sorgenti della gioia