Inviati, dove e come?
Dio manda anche noi, come?
Oggi il vangelo sembrerebbe abbastanza tranquillo eppure nasconde un importante messaggio per tutti noi. Se quando tornate a casa avete la possibilità di prendere in mano una bibbia, confrontate l’inizio del capitolo 9 del vangelo di Luca e l’inizio del capitolo 10 che è il vangelo di oggi. Vi accorgerete che le due pagine sono quasi uguali con la differenza che al capitolo 9 si dice che Gesù manda i dodici apostoli, ora qui manda altri 72. Perché Gesù sente subito il bisogno di mandare altri e soprattutto perché Luca sente il bisogno di ripetere la cosa a distanza solo di un capitolo? Per farci capire che se la missione di predicare il Regno di Dio è stato prima di tutto un dovere degli apostoli, e oggi potremmo dire dei preti o dei religiosi, però Gesù ora ridà la stessa missione con gli stessi poteri anche a tutti i suoi discepoli, cioè tutti i Cristiani, cioè anche a tutti voi. Questo lo si vede sia dal numero simbolico usato: 72= 12 per la metà di 12 cioè tutte le tribù di Israele, ma anche dalla frase con cui Gesù inizia il suo mandato: “La messe è molta ma gli operai sono pochi”, i preti non bastano quindi tutti voi, prima di tutto “pregate il Signore che mandi più operai”, ma poi rimboccatevi le maniche e anche voi datevi da fare a predicare.
Le caratteristiche della missione sono molto simili in entrambe i casi; vediamone qualcuna.
- Gesù chiama; Aveva molti discepoli, cioè persone che venivano da lui per sentire ciò che diceva. Erano tutte persone che lo apprezzavano, che erano disposte a fare dei sacrifici per lui, come camminare per dei giorni, lasciare da parte gli impegni di lavoro, eccetera. Ebbene tra questi discepoli lui ne sceglie 72. Il numero è in riferimento alla struttura del popolo di Israele a cui li manda, cioè alle 12 tribù di Israele. Quindi anche se il numero 72 indica che tutti siamo chiamati, rimane, però, la sottolineatura che ciascuno di noi è “scelto” da Dio. Lui fa delle proposte aperte a tutti, ma ognuno deve dare il suo contributo al Regno in modo diverso. Questi 72 hanno il compito di annunciare.
- Per il momento la loro missione è limitata nel tempo. Lo scopo che Gesù ha in mente è di formarli, ed è al servizio della visita imminente che Gesù farà a quei villaggi. La vera missione degli apostoli verrà solo dopo la Pentecoste. Comunque lo scopo di ogni forma di apostolato o testimonianza che noi facciamo è sempre quello di preparare le persone a incontrare personalmente il Signore.
- I doveri principali dell’apostolo sono: Attirare altri a seguire Cristo (pregate che il Padrone mandi altri operai nella messe), e proclamare la buona notizia che il Regno dei Cieli è vicino.
- Le attività sociali sono una parte importante della missione. Questo non lo si vede nelle raccomandazioni fatte da Gesù all’inizio, lo si vede, però, al loro ritorno, quando raccontano i miracoli che sono stati capaci di fare, miracoli legati soprattutto allo sconfiggere le presenze del Demonio nella società moderna. Gesù stesso dice: “Vi ho dato potere”.
- L'apostolato non renderà il discepolo ricco o una persona di successo, infatti lo scopo del lavoro è essere in comunione con Dio (rallegratevi che i vostri nomi sono scritti nel cielo). D’altronde, per essere apostoli, non c’è bisogno di essere ricchi, ma di confidare nella Provvidenza.
- Gesù poi invita i discepoli a collaborare con le persone, servirsi del loro aiuto, ma anche a fare attenzione nello scegliere con chi collaborare. Dice di entrare in una casa, fare la proposta di pace; se le persone accettano, restare da loro, se no, allontanarsi senza esitazione.
- Tutto quello che l’apostolo dice o fa, sia fatto in modo da distribuire pace, ma spetta a ciascuno di loro accettare, o meno, tale dono.
Sul finale del Vangelo c’è una cosa interessante. Quando i discepoli ritornano e riferiscono dei miracoli che sono riusciti a fare, in un certo senso Gesù li loda, ma poi subito dopo aggiunge: ma non rallegratevi perché satana si è sottomesso a voi, rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. Il nostro apostolato, il nostro predicare, non deve essere finalizzato al successo ma alla nostra unione con il Signore. Chi ci guadagna alla fine sono le persone che serviamo, ma soprattutto siamo noi perché abbiamo l’occasione di essere uniti al Signore. Il bene lo si fa per il Signore non per le persone, infatti lo si fa anche a chi non se lo merita e non ci ringrazia, perché è il Signore che ricerchiamo.
E noi, cosa possiamo aspettarci quando lavoriamo per il Signore?
“Vi mando come pecore in mezzo ai lupi”. L'apostolato non è mai facile e mai sicuro. Quindi: le difficoltà non sono mai una ragione per rifiutare l'apostolato o per interromperlo.
Le persecuzioni non sono in contraddizione con la testimonianza, ma il suo momento più alto. L'assistenza dello Spirito Santo è un fatto che non può essere negato e i momenti di persecuzione sono in realtà i momenti in cui lavora di più.
Malintesi e rifiuti possono arrivare anche dalle persone che in teoria dovrebbero essere più vicini a noi, o dalla nostra parte. È doloroso accettare questo, ma noi dobbiamo avere la coscienza di lavorare per il Signore e seguendo i suoi insegnamenti.