Esercizi 2, Il deserto

Il deserto

Siamo qui alla ricerca di Dio perché vogliamo essere con Lui, suoi strumenti. Permettetemi di usare la parola “profeta”. La parola profeta, a partire dal Vaticano II, è entrata a far parte del vocabolario quotidiano nella Chiesa e fuori di lei. Si applica a tutti quelli che denunciano le strutture di potere e dominio; a chi promuove la lotta per la giustizia e si mette da parte dei poveri; a quelli, infine, che vivendo profondamente l'esperienza di Dio annunciano il messaggio liberatore di Cristo in multiple e diverse forme. Noi vogliamo essere dei profeti specialmente in quest’ultima accezione: cioè persone che parlano al mondo a nome del Dio liberatore, a partire dall’esperienza che abbiamo di lui. Cosa caratterizzava i profeti nell’Antico Testamento? Normalmente prima di essere chiamati erano persone semplici, non sono stati scelti perché particolarmente brillanti o forti, sono mandati in una società che si sta allontanando da Dio o ha comunque un particolare bisogno di Dio. La loro parola è particolarmente efficace perché accompagnata dallo stile di vita austero che parla già di per sé e dai segni autorevoli che Dio compie attraverso di loro. Di solito non sono bene accetti alla gente ed alcuni di loro sono perseguitati, come Geremia, come Elia, alcuni addirittura uccisi.

In questo nostro cammino nel deserto per formarci ad essere veri profeti chiediamo ad alcuni di essi di accompagnarci.

Il primo personaggio è Mosè. Egli rappresenta il leader, l’autorità. Aveva un posto importante nella società e al palazzo del faraone. Un giorno prende una decisione che ritiene giusta, ma pericolosa: difende uno schiavo ammazzando un soldato. Quando la cosa viene risaputa perde tutti i favori del faraone e deve scappare nel deserto.  Lì si rifà una vita e pensa di aver trovato tranquillità, ma mentre pascola il suo gregge nel deserto, incontra Dio che lo rimanda indietro a finire quello che aveva iniziato e desiderato anni prima. Prima di uscire dall'Egitto, e anche subito dopo, si compiono opere grandi. Inizia la storia del popolo di Dio una storia che deve essere costruita nel deserto, dove le persone devono affrontare i loro punti deboli: la fame, la sete, la nostalgia di un posto dove stare tranquilli, l'abbandono quando Mosè sale al Monte e sembra non tornare, la paura dei nemici. Tutte queste prove le supereranno col braccio di Dio, ma devono imparare a collaborare con Dio e questo richiede tempo, umiltà, che loro sperimentano attraverso il fallimento. Mosè è lì con la gente, prova le stesse sensazioni, stanchezza, incapacità, ma deve rimanere, con la sua vita e la sua parola, il punto di riferimento per la gente, evitare che si scoraggino e si allontanino da Dio. Il suo segreto? Il costante dialogo con Dio dove trova l’ispirazione su cosa fare, e il suo amore per il suo popolo, per il quale si trova spesso a intercedere.

Il secondo personaggio è Elia. Egli rappresenta l'apostolato. Lui parla a nome di Dio e agisce a nome di Dio. Ha fatto grandi miracoli, più di chiunque altro. Ha chiesto la siccità e poi ha fatto tornare la pioggia; ha moltiplicato la farina e l’olio dando fiducia alla povera vedova che lo accoglie. Si trova da solo ad essere fedele a Dio mentre i profeti di Baal sono numerosi e la gente segue loro. Anche il Re è contro di lui. Lui affronta i falsi profeti e li sconfigge, ma la minaccia di morte inviatagli dalla regina gli fa incontrare il suo lato umano che non conosceva: la paura di morire. Questo lo porta ad una crisi di depressione, un senso di inutilità, di disillusione.  Anche lui deve camminare nel deserto prima di poter incontrare Dio. Il suo stile era la forza e l'efficienza, ora impara la tenerezza e con questa ritorna al lavoro.

Il terzo personaggio è Giona. Egli rappresenta il credente con poco entusiasmo o il religioso che vive una vita tranquilla senza troppo impegno. È un profeta strano; ha una missione da compiere ma non ne ha voglia. È preoccupato a soddisfare i propri bisogni di comodità e sicurezza, e ha paura di qualsiasi pericolo. Ha paura della responsabilità, scappa via, la sua ignavia causa problemi agli altri e lui dorme. Quando assume la sua responsabilità, Dio gli fa fare un periodo di purificazione in un deserto particolare: il ventre della balena. Lui svolge il suo dovere di predicatore, ma non ne è convinto. Vorrebbe una soluzione sua. È sempre stato un debole e ora vorrebbe vedere che grazie a lui si mostra la forza di Dio che distrugge tutto. Deve imparare la misericordia, e la impara attraverso la sofferenza personale. Gli avvenimenti forti che aveva vissuto lo hanno spinto ad obbedire, ma non sono bastati a convertirlo. La conversione arriva quando muore la pianta di ricino che gli dava un po’ di ombra e sollievo dal gran caldo e lui sente il desiderio di morire.

Di esempi ce ne sarebbero molti altri, Giacobbe che deve lottare con l’angelo prima di decidersi a passare il fiume ed entrare nella terra a lui promessa, Amos che deve affrontare l’ira del re d’Israele contro cui predica, Osea che sperimenta l’amore folle per una donna che lo tradisce in continuazione, Geremia che è più volte imprigionato e torturato. Ho preso i primi tre perché sono emblematici. Mentre parlavo, qualcuna delle tre storie vi ha toccato? Vi ha disturbato?

 Tutti e tre sono disposti a parlare con Dio e alla fine, dopo la lotta, si rendono disponibili. I loro problemi non cambiano, ma il modo di affrontarli sì.

 Nel nostro deserto dobbiamo trovare la verità su noi stessi, o abbiamo paura di scoprire le nostre debolezze?  Spesso è meglio riempire la testa di rumore, di musica, di chiacchiere, di notizie, riempire la vita di efficientismo, essere sempre di corsa, così non c'è tempo per riflettere.

 La nostra vocazione è quella di essere nel mondo perché tutti possano sperimentare che Dio c'è, che ama, e ama tutti, ma noi non dobbiamo adeguarci al mondo, sparire nella folla. Dio da noi vuole che siamo “pietre d’inciampo”. “Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Isaia aveva detto: “Nel deserto preparate la via del Signore”, non nell'efficienza, nella comodità, nel facile successo.

Quando lavoriamo nel mondo sperimentiamo delusione, tradimento, incapacità; abbiamo la tentazione di riempire tutto di parole.  Gesù è veramente efficace quando è un bambino “infante”, cioè senza parole e quando è sulla croce dove dice solo 7 parole. Dopo la resurrezione usa poche parole che non sono di accusa per chi è scappato, non di rimprovero per chi non ha capito, ma di incoraggiamento. È la sofferenza, la sconfitta, l'inutilità che diventano la nostra arma apostolica migliore. Eb 2,17-18; 4,15.

 Alcune domande per la riflessione

- Quale dei primi tre personaggi mi ha toccato? Mi ha disturbato o mi ha ispirato?

- Quali sono i punti della mia vita pensando ai quali mi sento a disagio? Sono capace di affrontarli con fiducia nel futuro?

- Mi rendo conto che Dio ha bisogno della mia testimonianza per mandare a qualcun altro un messaggio di conversione?

- Sono disposta ad accettare che Dio si serva della mia debolezza, della mia incapacità, della mia paura? 

TESTI ORIONINI

Vi raccomando, fate silenzio; fuori ogni strepito mondano, fuori ogni pensiero, ogni preoccupazione anche per il bene; farò così: mi regolerò così... fuori tutto questo, e silenzio: "Sileat omnis creatura". Questi giorni sono per voi, solo per voi, riposatevi nel cuore adorabile di Gesù: questi sono i giorni di salute, i giorni di grazia e di misericordia, Nostro Signore stesso ce ne ha dato l’esempio: Egli si raccolse nel deserto per quaranta giorni a far silenzio e a pregare. Ancora ve lo raccomando, fate silenzio; silenzio e raccoglimento; raccoglimento interno ed esterno. Raccoglimento vuol dire grande custodia dei nostri sensi; perciò grande modestia negli occhi; chi vuol vedere tutto, guardare tutto, chi c'è, chi non c'è, ciò che si fa, ciò che non si fa... quella non farà bene gli esercizi. Modestia nel Contegno, in tutto il vostro essere, raccoglimento in tutto. Mettete un freno alla vostra fantasia, all'immaginazione e ricordatevi di quello che disse nostro Signore: Condurrò l’anima nella solitudine e là parlerò al suo cuore.

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Io, vedi, sono ancora qui con questi cari chierici nella casa di campagna (Mornico), che tu hai visitato col padre, la sera prima di partire. Questa è una delle prime lettere che scrivo, non avendo atteso ad altro, in questi giorni, che a meditare, nella solitudine, e nel silenzio, i benefizi di Dio sopra di me e sull'Opera della Divina Provvidenza. Nel silenzio e nella quiete, io prego per tutti i figliuoli miei, e per te in modo particolare, perché il cuore mi dice che tu potrai fare tanto bene, se corrisponderai alle grazie che Dio ti ha fatto e a quelle maggiori che ti riserba. Qui io ascolto delle voci, che il rumore della città non dice punto o mi toglierebbe di udire: mi pare di essere più direttamente sotto l'occhio e sotto la mano di Dio, e che Iddio voglia qualche cosa anche da te. E per questo ti scrivo.

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Nel silenzio noi cerchiamo la nostra anima, noi ridestiamo noi stessi, e nostro Signore, la nostra anima intera si trova e si forma alla presenza di Dio, e lo splendore di Dio sta sopra di noi, e noi sentiamo allora di non essere più soli. E nel silenzio e nella solitudine del silenzio noi sentiremo l’ospite interiore, il Maestro che risiede nel nostro interno, come dice sant’Agostino nel “de magistro”, - e una luce celeste che ci rischiara e le gioie e le bellezze della vita interiore e le emozioni di una più intima e più alta vita spirituale.

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Cari figliuoli miei, vivere solo con Dio ! Queste parole sono poco comprese nella gioventù..., ma, quando si è fatta la triste esperienza della vita, oh come si sente bisogno di rinvigorire il cuore estenuato ! La solitudine senza Dio farà riposare lo spirito, ma inasprisce il cuore: è una pianura fiorita ed odorosa, ma che non ha se non un sole pallido e mortuario.

La solitudine invece con Dio è atmosfera tepida e dolce, che sola sa guarire gli strazi del cuore! - Dio solo! - Oh com'e utile e consolante il voler Dio solo per testimonio!

       Dio solo! è la santità nel suo grado più elevato. - Dio solo! è la felicità in tutto ciò che vi ha di più squisito. - Dio solo! è la sicurezza meglio fondata di entrare un giorno nel cielo. - Dio solo, figli miei, Dio solo!

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E mi pareva sentire come un'atmosfera benefica e calma attorno alla mia anima!... E allora vidi dietro di me la ragione delle pene presenti: vidi che invece di cercare nel mio lavoro di piacere a Dio solo era da anni che andavo mendicando la lode degli uomini, ed ero in una continua ricerca, in un continuo affanno di qualcuno che mi potesse vedere, apprezzare, applaudire, e conclusi tra me: bisogna cominciare vita nuova anche qui: lavorare cercando Dio solo!

Lavorare sotto lo sguardo di Dio, di Dio solo! oh! sì c'è in queste parole tutta a regola nuova di vita, v'è tutto ciò che basta per l'Opera della Divina Provvidenza: lo sguardo di Dio!

Bisogna incominciare vita nuova, e bisogna incominciare da qui: lavorare cercando Dio solo! Lavorare sotto lo sguardo di Dio! di Dio solo!

Lo sguardo di Dio è come una rugiada che fortifica, è come un raggio luminoso che feconda e dilata: lavoriamo dunque senza chiasso e senza tregua, lavoriamo allo sguardo di Dio, di Dio solo!

Lo sguardo umano è raggio cocente che fa impallidire i colori anche i più resistenti: sarebbe pel nostro caso come il soffio gelato del vento che piega, curva, guasta il gambo ancor tenero di questa povera pianticella.

Ogni azione fatta per far chiasso e per essere visti, perde la sua freschezza agli occhi del Signore: è come un fiore passato per più mani e che è appena presentabile.

O povera Opera della Divina Provvidenza, sii il fiore del deserto che cresce, si apre, fiorisce, perché Dio glielo ha detto, e che non si altera, se l'uccello che passa lo scorge, o se il vento che soffia disperde le sue foglie appena formate.

Per l'anima nostra e per tutta la nostra vita: Dio solo! Dio solo!


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