Esercizi 5, la preghiera

La Preghiera

 Per seguire il Maestro bisogna conoscerlo, per fare la sua volontà bisogna parlargli, confrontarci a Lui.

Preghiera, meditazione sono lo strumento indispensabile e insostituibile per essere sicuri di perseverare nel cammino giusto.

Ma cosa sono esattamente?

Noi conosciamo due tipi di preghiera: Quella comandata dalle regole e quella dettata da una necessità. I precetti ci dicono di andare a Messa, di confessarci e fare la comunione; la tradizione ci parla del Rosario, della Liturgia delle Ore, delle novene. Tutto facciamo e seguiamo, ma cosa ne ricaviamo? Perché le facciamo? Perché ce lo comanda qualcosa o qualcuno qui in terra? Quanto cresce la nostra familiarità col Maestro grazie a questi esercizi?

Poi ci sono dei momenti di prova, di difficoltà. Non sappiamo dove sbattere la testa e ci ricordiamo che esiste Dio, che è buono, che è potente, e allora ci rivolgiamo a Lui. E poi? Abbiamo ottenuto quello che volevamo e ora torniamo alla freddezza di prima, oppure non lo abbiamo ottenuto e allora ci rimaniamo pure male. 

Non è di questa preghiera che voglio parlare, perché essa non produce cambi nella nostra vita, non riempie il nostro animo di serenità e di amore.

Abbiamo detto che vogliamo seguire il Maestro, che per Lui siamo disposti ad andare nel deserto, perché per conoscerlo, per ascoltarlo, per innamorarci di Lui, per conoscere e fare nostro il suo piano. Questa è la preghiera.

Quale modo migliore c’è di conoscere una persona se non di ascoltare quello che ci dice? Allora per imparare a pregare dobbiamo partire da quello che lui ci ha insegnato sulla preghiera, specialmente dal Padre nostro. Matteo, prima di riportarci le parole di questa stupenda preghiera vi pone una presentazione forte che spesso noi dimentichiamo, specialmente quando recitiamo a memoria il Padre Nostro: “Quando pregate, non siate come i Farisei che credono di essere esauditi solo perché pronunciano parole. Voi non siate così. Quando pregare voi dite …”. Gesù, in quel momento, non stava insegnando una formula in più da recitare, ma stava insegnando un atteggiamento da avere quando si entra in rapporto con Dio. L’insegnamento di Gesù è dato come risposta ad una richiesta precisa dei suoi discepoli: “Maestro, insegnaci a pregare”. E notare che i discepoli, da buoni Israeliti, erano abituati alla preghiera, conoscevano i Salmi che recitavano nelle sinagoghe. Fin dall’infanzia avevano imparato i Salmi, le berakhot, le preghiere di lode e benedizione, le usavano continuamente tutta la giornata fino a oltre 600 benedizioni dal canto del gallo fino al tramonto del sole. Forse aspettavano da Gesù una formula nuova che li distinguesse dagli altri, o una formula che garantisse che Dio li avrebbe ascoltati.

La ricerca di una formula parte dal loro pensiero debole, non dal desiderio di entrare in intimità con Dio, ma dal senso di distanza, inadeguatezza, fatalismo.

Gesù fornisce una breve ma profondissima “forma”, non formula, da applicare a tempi lunghi di preghiera. Di spiegazioni sul Padre nostro e tutte le sue parti ne abbiamo a migliaia, non ultima quella fatta da Papa Francesco qualche tempo fa nelle sue catechesi del mercoledì. Io mi limito a sottolineare alcuni insegnamenti.

La prima norma per la preghiera: La preghiera non deve cominciare dai nostri problemi ma dall’attenzione a Dio, guardarLo negli occhi e chiamarLo Padre; entrare in rapporto diretto con Dio, alla Sua presenza di Padre, Papà, del cuore di Dio e lasciarsi guardare negli occhi da Lui. Ecco, la grande verità sulla nostra preghiera: deve essere un rapporta da persona a Persona.

Troppe volte questo non si verifica. Chiediamo tante cose, ma se non chiediamo il rapporto di persona a persona, non si entra in preghiera. Poi la preghiera è un rapporto di confidenza affettuosa con Dio, è preghiera di amore e tenerezza.

Ecco allora una seconda regola importantissima per la preghiera: La tua preghiera non parta dai tuoi interessi ma dagli interessi di Dio, sia come un rapporto di amore. Gesù ci sta di nuovo dicendo: sei davanti a Dio che è Padre e papà, apriti all’amore.

Cosa posso fare allora?

Che sia santificato il Tuo nome. Che sia santificata la Sua Persona, che Dio sia conosciuto, che la Persona di Dio sia conosciuta, prima di tutto da te e da tutti. Poi Gesù ti dice:

Venga il Tuo Regno cioè il Tuo Regno arrivi sulla terra, prima di tutto nel tuo cuore, tu devi aprirgli il cuore e lasciarlo entrare.

Gesù poi aggiunge:

Sia fatta la Tua volontà. Forse è la spiegazione del “sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo regno”. Come faccio a santificare il nome di Dio, la persona di Dio, come faccio a favorire il Regno nel mio cuore, nel cuore di tutti? Faccio così: sia fatta la Tua volontà.

Voi capite che finora non c’è stata alcuna richiesta personale ma un abbandono a Lui.

Ma perché Dio si comporta così? Perché vuole che pensiamo solo a Lui? Perché se gli chiediamo qualcosa Lui resiste? Perché rimane in silenzio? La nostra preghiera di richiesta, se fatta nel momento giusto, cioè dopo aver riconosciuto il nostro atteggiamento di intimità e dipendenza dal Padre, non è sbagliata. Il chiedere con insistenza è esercizio di fede ed è anche esercizio di umiltà, cresce la Fede e cresce l’umiltà, e cresce anche il nostro senso di responsabilità.

Il silenzio di Dio è prezioso, è amore, ci dà il tempo di stabilire le nostre responsabilità, fa nascere la collaborazione, aiuta a chiarire il nostro spazio e a creare lo spazio di Dio.

La preghiera non è un’azione magica su Dio, è piuttosto un’azione formativa su me stesso, mi converte e allora Gesù rincara ancora l’insegnamento, come se non bastasse, insistendo ancora sull’importanza del chiedere e presenta la seconda parabola. Dice: “Qual padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra?”. Un padre non ha il cuore duro, ascolta tutti i bisogni dei figli. Dobbiamo imparare a riconoscere le risposte di Dio.

Allora la preghiera più importante di chi vuole mettersi sul serio in cammino dietro a Gesù è la Meditazione. Meditazione non è parlare, e tanto meno chiedere; è ascoltare, è credere che Lui è lì di fronte a me e parla, e parla a me, e ha un messaggio importante per me. Qualche Santo diceva che la Meditazione quotidiana, per i religiosi, è più importante della Santa Messa. Non si mette in discussione l’aspetto sacramentale e l’aspetto della presenza vera di Cristo nell’Eucarestia, ma la meditazione ha lo scopo e la capacità di provocarci alla conversione personale. Spesso dopo la Santa Messa ci sentiamo contenti di aver celebrato, la meditazione, invece, ci deve lasciare l’inquietudine di un qualche cosa che abbiamo scoperto e che deve tradursi in vita. Non voglio togliere niente al valore della preghiera liturgica e ancor meno ai Sacramenti, ma i santi come Don Orione vivevano in pienezza quelle forme di preghiera, non perché si sforzavano di farlo con Fede, ma perché erano coscienti della presenza di Dio, desiderosi di ascoltarlo, di entrare in comunione con Lui, di riceverne la sua grazia, e perché sapevano che subito dopo avevano tanta forza in più per continuare con fedeltà e coraggio nella loro missione di “Strumenti” nelle mani di Dio.

Pregare è riempirci di verità per tracimare verità. Non siamo noi che diciamo a Dio cosa deve fare, ma Lui che lo dice a noi. È Lui che parla, e noi ascoltiamo. Lui rimane quello che è, noi cambiamo.

Pregare e meditare è un rendersi conto del posto che Cristo occupa nella Creazione. Tutto è orientato a Lui ha un senso in Lui. Spesso qualcuno si scosta, perde la sua posizione, si rovina, crea danni, sofferenze. Noi non chiediamo a Cristo di risolvere quel particolare problema, di guarire quella particolare malattia, di far cambiare testa a quella particolare persona; noi riflettiamo sull’armonia che esiste quando si è legati a Lui, soffriamo con Lui per quello che si distacca e si oppone al suo amore, e poi gli chiediamo di farci comprendere che cosa possiamo fare per aiutarlo a ristabilire l’armonia, che cambiamento dobbiamo operare in noi per essere strumenti più efficaci in quella particolare situazione storica. Dio cura tutto con il suo amore, ma questo amore non è qualcosa di empirico che cade dal cielo, né di magico che appare dal nulla, è una forza che agisce nel mondo attraverso le nostra braccia, le nostre parole, la nostra vita, se la nostra mente, il nostro cuore e le nostre forze sono al suo servizio.

Allora la preghiera è legata alla realtà, alla quotidianità, alla vita, non tanto per cambiare gli eventi, ma per cambiare la nostra attitudine verso di essi, il nostro modo di vederli che deve diventare sempre più “divino”, vedere le cose con gli occhi di Dio. Ecco la meditazione.

Don Orione ci ha insegnato a vedere in tutti Cristo e a lavorare per riportare tutti a Cristo. L’Instaurare Omnia in Christo deve essere lo stile e il modo di essere della nostra preghiera.

Il nostro modello da seguire è Gesù stesso, nella sua costante unione con il Padre, nelle sue notti trascorse in preghiera, nel suo insegnamento sul cosa dire quando si prega, ma soprattutto nel giardino del Getsemani quando dopo una lotta interiore trasformata in preghiera, arriva a dire: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.

 

Alcune domande per la riflessione

1) Al di fuori dei momenti di preghiera comunitaria, quanto tempo dedico alla preghiera personale?

2) Durante la preghiera personale, cosa faccio? Che tipo di preghiera mi è più confacente?

3) Quanto  collegamento c’è tra la mia meditazione e la mia vita quotidiana e di apostolato?

4) Quando ascolto o leggo la Parola di Dio, mi sento provocato direttamente? Ho la coscienza che Dio sta parlando a me e sta chiedendomi di fare qualcosa? 

TESTI ORIONINI

E Gesù nel Santo Vangelo ha sempre inculcato, ha sempre consigliato, ha sempre comandato la preghiera. Gesù pregava sempre. Vediamo quanta preghiera nella vita di Gesù. Gesù pregava, Gesù pregava e pregava tanto. Oh, come pregava il Signore! Pregava di giorno, pregava di notte; si ritirava nel deserto a pregare; si ritirava nell’orto degli ulivi e pregava; entrava nel tempio e pregava; pregava mentalmente, pregava vocalmente, con la bocca, in modo vitale. Pregava vitalmente perché la sua vita, le sue azioni erano tutte una consacrazione all’amore divino, all’amore del Padre. Gesù pregava anche in croce.

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La meditazione bisogna farla bene, con metodo, come in noviziato. Con essa si riattiva un vero lavoro delle potenze dell'anima, si eccitano gli affetti soprannaturali. Se saremo uomini di meditazione staremo in piedi, sopporteremo con pazienza le avversità della vita, troveremo forza e coraggio per vincere le tentazioni del nemico.

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La prima dote della pietà è questa, di essere interiore, interna; deve toccarci lo spirito; deve uscire dal cuore; deve toccare il cuore nostro. Non dobbiamo accontentarci di cantare, di innalzare lodi, o di forme esterne di culto. Dobbiamo si sa, stare anche molto attenti anche nelle pratiche nostre di pietà: che non ci sia formalismo. Dobbiamo guardare di trovare in essa l’aroma, l’anima, il profumo della pietà che deve venire dal cuore.

Quindi, anche nelle pratiche nostre di pietà, dobbiamo guardarci dal formalismo, dalla materialità, dalle pratiche esterne della pietà. Non sta lì la pietà; la pietà deve essere interna, uscire in forma palpitante di vita; dobbiamo dare alle pratiche di pietà la piena adesione della volontà, e, come quando uno fa un inchino, per esempio china il capo al suo superiore, quell’inchino per aver valore, per contare qualche cosa, deve esprimere l’atto intimo, l’adesione interna, il rispetto interno al superiore, se quell’atto esterno mancasse di questo, sarebbe un atto, non dico di ipocrisia, ma, certo, non completo.

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Abbiamo noi lo spirito di orazione? Questo spirito è sommamente necessario a noi sacerdoti e per di più religiosi. San Paolo dice che lo Spirito Santo prega nel cuore dei santi gemìtibus inenarrabìlibus (con gemiti che non si possono esprimere a parole) (cfr Rom 8,26). Tale è lo spirito di orazione. Esso prega sempre nel fondo dell'anima.

Segno d'avere lo spirito d'orazione è avere il petto e il cuore affocato e infiammato d'amore di Dio e del prossimo. Avere i pensieri sempre e generalmente rivolti e tendenti alle cose buone e celesti e zelare la gloria di Dio. Mantenere un raccoglimento abituale dello spirito. Non trovare gusto, ma disgusto, delle cose terrene. Trovar pace e diletto nelle cose sante e divine, nella Chiesa, nelle opere del proprio ministero sacerdotale.

Finalmente, fare le preghiere, la meditazione, l'ufficio divino, la messa, l'orazione con gusto.

Il primo mezzo per ottenere lo spirito d'orazione è certamente quello di fare orazione, è di domandarne a Dio la grazia. Gioverà anche molto che ciascuno diligentemente e spesso esamini se stesso sulla purità d'intenzione in tutto quello che fa: se ciò che cerca è sempre la gloria di Dio o no, se cerca ciò che è di  Dio o se cerca se stesso, le cose proprie e l'amor proprio e non l'amore del Signore.

Fino a tanto che noi cercheremo noi stessi, non avremo mai spirito d'orazione. Fino a tanto che cerchiamo la nostra soddisfazione, il nostro benessere, il vantaggio nostro personale, la stima, l'onore, i posti distinti, il cuore nostro è già occupato, non c'è più luogo, non c'è più posto da ricevervi lo spirito di Dio, che è spirito d'orazione. Lo spirito d'orazione è tale spirito che ci porta fuori di noi stessi distrugge tutte le cose terrene e finite, e non lascia regnare che Dio solo.

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   Le ore del mattino ci portano il dono di saper pregare, ed è nella meditazione, cioè nella riflessione sopra le grandi verità morali e dogmatiche, che ci si schiudono le sorgenti dell'anima. Anzi la preghiera mattutina e principalmente la meditazione è il gran mezzo di dare alla nostra giornata e alla vita tutta la loro spirituale fecondità.

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Negli Esercizi spirituali noi possiamo, anzi noi dobbiamo, rinforzarci nella volontà di servire Dio con cuore generoso: dobbiamo riconoscere le nostre miserie e piangere di cuore i nostri peccati.

E poi si deve, con la divina grazia, gettare il fondamento della nostra santificazione, cominciando col riparare le negligenze della vita passata e ravvivare, risuscitare in noi la grazia della celeste vocazione religiosa.

Gli Esercizi spirituali, un quarto si fanno con la mente, e tre quarti, anzi più ancora, quattro quarti si fanno col cuore, riscaldato al fuoco dell'amore di Gesù Crocifisso. Così, e solo così, si fanno bene: si fanno col cuore.

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Fa, o mio Dio, che tutta la mia vita sia un olocausto, sia un inno, un cantico sublime di divina carità e di consumazione totale nell'amore a te, o Signore, ed alla Santa tua Chiesa, e al tuo Vicario in terra, e ai vescovi tuoi e a tutti i miei fratelli.

Che tutta questa povera mia vita sia un solo cantico di divina carità in terra, perché voglio che sia,

per tua grazia, o Signore, un solo cantico di divina carità in cielo!

Fa, o Gesù, che una scintilla almeno di questo divino foco che ardeva nel petto dei tuoi santi,

che struggeva in amore di carità Francesco d’Assisi il quale fu "tutto serafico in ardore", discenda a me e a tutti i fratelli miei, o Amore Gesù, e perpetuamente e dolcissimamente in te solo ci unisca e ci dia vita e benedizione!

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