Il difficile prologo di Giovanni


Il verbo si fece carne.  Gv 1,1-18
Siamo a Natale e ci aspetteremmo di sentire il racconto dei fatti riguardanti la nascita di Gesù, e invece questa mattina la liturgia ci presenta la riflessione teologica dell’evangelista Giovanni.
Giovanni non si sofferma a narrare i fatti. Quando lui scrive esistono già sia il vangelo di Luca che quello di Matteo e quindi chi vuol conoscere la storia può leggere lì.  Ma lui si rende conto che quello che è avvenuto a Betlemme è qualcosa di inconcepibile, incomprensibile alla mente umana e che una persona, confrontata con una realtà tanto grande o si lascia sopraffare o si rifugia nella poesia riducendone la forza. Qual è questo messaggio tanto difficile da accettare per i cristiani di Giovanni? La storia del Dio onnipotente si intreccia con quella di un’umanità destinata alla morte, e Dio con il suo amore decide di far sua la fragilità umana per riscattarla.
Veniamo al testo. Il primo aspetto che colpisce il lettore è che Giovanni si riferisce a Gesù usando il termine “Logos” cioè la parola. Il riferirsi a Gesù come “Verbo” lo si trova solo qui, poi un piccolo accenno nella 1 lettera di Giovanni e poi nell’Apocalisse. Quindi è una prerogativa di Giovanni. La parola è ciò che comunemente utilizziamo per comunicare con gli altri. Dio vuole entrare in comunicazione con noi e lo fa presentandosi sotto forma di un bambino, un “infante” cioè di una parola che non sa parlare. Dio ci sta dando un messaggio incredibile: è facile credere che esiste un Dio che è all’origine di tutto, il creatore e il governatore di tutto, ma credere che questo Dio vuole abbassarsi al nostro livello, farsi uno di noi, accettare la nostra debolezza, è inconcepibile. Questo bambino debole, quando crescerà ci parlerà di Dio, ma ci sta già parlando ora, da quella mangiatoia, con l’ambiente che ha scelto per incarnarsi, con le persone che ha scelto per rendere possibile tale mistero, con le priorità che ha posto nella sua vita. Noi comunichiamo in tanti modi, con le parole, ma anche con lo sguardo, col modo di presentarci, con lo stile di vita. Ebbene Dio ha scelto lo stile del debole. Quante persone, al giorno d'oggi si presentano a parole e parole e parole, promettendo tutto rassicurando su tutto, senza mai concludere niente.
Una seconda immagine è quella della lotta tra le tenebre e la luce. Le tenebre offuscano le cose, le rendono irriconoscibili. La bellezza delle cose, nelle tenebre perde il suo valore. Questo mondo crea tenebre, oscura il vero volto delle cose e le ricopre con le sue false verità. Non si capisce più cosa sia vero o falso. Anche il volto di Dio è spesso offuscato dalle nostre tenebre e non sappiamo più riconoscerlo, ci siamo creati delle false idee su di Lui. Ma ora la luce è entrata nel mondo ed ha squarciato le tenebre, ha fatto chiarezza sulla verità. Ora guardando a quel povero bambino indifeso e fragile possiamo capire chi è Dio.
Quando una cosa viene colpita dalla luce, risplende. Noi non vediamo la luce ma vediamo le cose che risplendono a causa di essa. Ci guardiamo attorno e non vediamo Dio ma cose e persone, eppure le vediamo perché la luce le fa risplendere. Se togliamo la luce o allontaniamo le cose dalla luce allora non le possiamo più riconoscere. In Dio diveniamo splendenti e con dio possiamo conoscere la verità, senza di lui tutto diviene tenebre e menzogna.
C’è tanta gente oggi che si crede luce, che vuol farsi vedere e spesso quello che vuol far vedere non è verità ma un’immagine creata ad hoc per ingannarci. Noi non siamo luce ma dobbiamo presentarci nella luce di Dio. Persino Giovanni il Battista non era luce, ma è venuto a dare testimonianza alla luce. Se lui risplende è perché la luce vera è arrivata.
Le parole degli uomini possono essere luce o tenebra, possono essere amore o odio, verità o menzogna. La parola vera è quel bambino, luce che non ci inganna; le altre sono solo inganno.
Siamo in grado di conoscere questa verità? Il mondo è stato fatto con sapienza e quindi è in grado di accogliere la verità, ma nel mondo ci sono molti che non la accettano. Giovanni usa spesso la parola “mondo” in modo assoluto per descrivere coloro che si mettono in posizione opposta a Dio, di rifiuto. Anche in Italiano, “mondano” è l’opposto di “spirituale”. Ma il mondo in sé ha la capacità di accogliere Dio perché da Dio è stato creato.
A quanti lo accolgono egli concede la grazia di diventare “Figli”, perché non siamo stati generati dal sangue o dalla carne ma da Dio. Ecco perché il Verbo si è fatto carne, cioè fragilità, perché tutti noi possiamo condividere la gloria del Padre. Se non riusciamo ad accettare che Dio si rende debole, mortale, bisognoso di protezione, di carezze, ecc. rimaniamo “mondani” cioè tenebra. È giusto avere dei dubbi perché il mistero è ben al di sopra della nostra capacità di comprensione, ma Gesù è venuto proprio per abbattere questo muro che ci separa da Lui.
Quindi Dio ha posto la sua tenda in mezzo a noi. Ha colmato la distanza abissale che ci separava da Lui e che lo rendeva irraggiungibile. Ora ce l’abbiamo tra noi e possiamo accoglierlo, incontrarlo, accettarlo in ogni momento.
Mi chiedo: noi, dopo tanta preparazione, lo accogliamo davvero questo bambino? Lui ci dà il potere di diventare figli di Dio, ma noi ci teniamo davvero a diventare figli di Dio? Lui ci ha mostrato grazia e verità, ma noi cerchiamo davvero la verità delle cose?
Io credo che forse per tanti anni abbiamo vissuto il Natale in maniera molto passiva, cioè, lasciando che venisse, rallegrandoci per la festa, preparando un bel presepio, dei bei regali, un buon pasto, naturalmente andando a Messa e magari anche a confessarsi; ma il Natale ha portato dei cambiamenti nella nostra vita? Questo bambino che è venuto ha avuto occasione di “prendere dimora in noi” o è stato solo di passaggio per un periodo durato quanto le feste e poi tutto è tornato come prima? Allora che è venuto a fare? Gesù è stato accolto dalle persone attive, dai pastori che andarono di fretta, dai Magi che partirono da lontano, mentre non riuscirono a vederlo i pigri chiusi nella loro casa, né gli abitanti di Betlemme né quelli del castello di Erode, anzi per loro la “buona notizia” ha segnato un disturbo alla loro pace e hanno reagito in modo violento chiudendo le porte o addirittura mandando i soldati.
Un bambino, un indifeso, uno incapace di parlare o di agire, uno che ha bisogno di tutto e di tutti ha sconvolto il mondo: e noi siamo disposti a lasciare che sconvolga anche la nostra vita?
Buon Natale cari fratelli vi auguro che Cristo prenda veramente stabile dimora nel vostro cuore e nella vostra mente.

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