L'asino e il bue


L’asino e il bue.
Nella nostra immaginazione, da bambini cresciutelli, non può esistere un presepio senza che ci siano l’asino e il bue.
A dire il vero nel vangelo non si parla di loro, ma si dice semplicemente che Maria depose il neonato in una mangiatoia. Da qui si deduce che ci fossero degli animali. Nelle descrizioni di alcuni dei padri della Chiesa si accenna già a loro, non come dato storico o scientifico, ma semplicemente come dato descrittivo. Un po’ alla volta la storia ha fatto presa fino a quando nel 1223 San Francesco, inventando il presepio, ne ha consacrato la presenza e il ruolo di protettori del bambinello.
Ma vediamo prima di tutto: dov’è nato Gesù? Da sempre ci siamo portati dietro l’idea di Giuseppe e Maria che arrivano stanchi a Betlemme dopo tanti giorni di cammino e bussano a vari alberghi ma vengono rifiutati da tutti perché sono troppo affollati, allora devono rifugiarsi in una grotta in campagna dove poi avviene il parto. Questa è senza dubbio un’immagina suggestiva e poetica ma penso che sia lontana dalla realtà e non renda giustizia alla cultura di quel tempo.
Prima di tutto Betlemme era un piccolo villaggio e quindi non aveva di certo degli alberghi, ma ogni casa, essendo la gente principalmente dedita al lavoro dei campi o alla pastorizia, aveva una parte affiancata alla casa, o spesso anche comunicante con essa, per gli animali. Questa poteva essere una grotta naturale o più semplicemente un prolungamento della costruzione.
Seconda cosa l’idea che il paese fosse affollato a causa del censimento. Il censimento era qualcosa che si distribuiva su un periodo di mesi per cui non è pensabile ad una folla di persone venute da fuori. Tra parentesi, non ci sono notizie di un censimento indetto da Augusto per tutto l’impero, ma ci sono notizie di vari censimenti locali.
Infine, la cultura orientale ha sempre avuto, e tuttora ha, un forte senso dell’accoglienza. L’ospite è sacro e mai un semita si permetterebbe di scacciare qualcuno che bussa alla sua porta, specialmente se si tratta di una persona in necessità.
Probabilmente Giuseppe e Maria erano ospiti in qualche famiglia, le case erano semplici e normalmente formate da una sola stanza dove tutti dormivano assieme. Allora, venuto il momento del parto questo luogo non avrebbe avuto la “privacy” conveniente e come spesso accadeva, la partoriente sceglieva un luogo più appartato e accogliente, esattamente la stalla annessa, dove tutto il processo avrebbe potuto svolgersi senza creare disturbo o imbarazzo da alcuna parte. L’evangelista, con il suo racconto, non sta parlando di rifiuto ma di ambiente di semplicità e povertà. Forse i nostri vecchi si ricordano che nelle culture agricole di cento anni fa, le famiglie si riunivano assieme alla sera in una stalla. Gli animali garantivano un clima più tiepido, si poteva passare tempo chiacchierando, anche pregando, mentre si faceva qualche lavoro come rammendare, per le donne, o spannocchiare, o anche giocarsi una bella partita a carte.
Logico, allora pensare ad un asino e a un bue. Ma perché proprio a loro?
Il bue è sempre stato un modello di mansuetudine, pazienza, duro lavoro. Era un animale indispensabile per coloro che avevano dei campi da coltivare, un aratro o un carro da tirare. Non ha la veemenza del toro ma ne ha altrettanta forza, forza che sa usare per scopi benefici anziché per combattere. È un animale che benefica tutti e non fa mai del male.
L’asino, invece, rappresenta la semplicità. Nella nostra cultura dire ad una persona “sei un asino” vuol dire sei un ignorante, perché si presuppone che gli ignoranti sono quelli che non sanno difendere i loro diritti e si lasciano sfruttare da tutti, proprio come accade all’asino. L’asino era la cavalcatura dei poveri che non potevano permettersi la maestà del cavallo, con esso si trasportavano merci, si trascinava il carretto. L’asino non ha bisogno di tutte le cure del cavallo ma sa adattarsi a qualsiasi ambiente, a qualsiasi fatica, sa camminare su qualsiasi strada. Non corre veloce ma è forte e costante, non è grande ma piccolo e quindi facile da montare. Immaginiamo che nel percorso da Nazareth a Betlemme Giuseppe e Maria abbiano viaggiato con una carovana e quindi alternandosi tra tratti fatti camminando e tratti su un carro, ma non ci sarebbe da stupirsi se Giuseppe possedendo un asino col quale trasportava gli attrezzi del suo lavoro da falegname, lo abbia portato con sé nel viaggio.
Gesù, nascendo in una stalla ha la sicura protezione del calore di questi animali, protezione che viene sottolineata dalla loro semplicità, umiltà, tenacia, abitudine al lavoro duro. Altro che gli agi della reggia di Erode.

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