La pazienza di attendere i tempi di Dio
È giunta l'ora, di fare cosa? (Gv. 2,1-11)
Il Vangelo di oggi è molto difficile da interpretare perché è uno dei testi più completi del Nuovo Testamento. In un semplice racconto, Giovanni racchiude molti dei grandi argomenti della nostra fede, dall' Alleanza tra Dio e il suo popolo, l'Incarnazione di Gesù e la sua missione, la redenzione, il rapporto tra i miracoli e la passione, il ruolo di Maria nella Redenzione dell'umanità, eccetera.
Io mi soffermerò oggi ad analizzare una semplice frase del brano: "Donna non è ancora giunta la mia ora."
Chi volesse un trattato più completo dei vari aspetti presenti nell'intero brano, può fare riferimento all'omelia che io ho fatto, sempre in questo blog, 3 anni fa e che trovate a questo link.
https://orestereligiouslife.blogspot.com/2019/01/le-nozze-tra-dio-e-luomo.html
"Donna non è ancora giunta la mia ora". Maria sta chiedendo un semplice miracolo; a prima vista sembra che Gesù non voglia farlo, come se avesse un programma ben definito di dove e come cominciare, come proseguire la sua missione. Tutto questo avrebbe senso se lo scopo principale della venuta di Gesù fosse stato quello di venire a fare miracoli ad aiutare le povere persone, i bisognosi, i sofferenti. Ma questo non è lo scopo principale di Gesù.
Lo scopo principale è quello della salvezza dell'umanità ed è a questa ora, cioè a quando questa salvezza si realizza, che noi dobbiamo riferirci. Qui Gesù ci sta dicendo: quello che faccio adesso (il trasformare l’acqua in vino), è solo un'anticipazione di quello che farò nel momento giusto. I miracoli, la predicazione, hanno senso solo se sono riferiti a quello che farà nel momento giusto, cioè nel momento in cui muore sulla croce per salvarci; questa è l'ora voluta dal Padre. Questa è l'ora per cui Gesù è venuto.
Quindi il piccolo miracolo che Gesù compie, e con il quale aiuta la famiglia dei giovani sposi ad evitare un imbarazzante problema con gli ospiti, come pure qualsiasi altro miracolo che Gesù fa, va letto sempre e solo in funzione della redenzione finale che Gesù ci ottiene sulla croce.
Questo è una riflessione importante per noi. Molto spesso, nella nostra preghiera, noi chiediamo delle grazie e queste grazie sono sempre riferite ad un bisogno che normalmente è ben specifico e limitato; una situazione ben specifica con un tempo ben specifico. Ho una malattia, chiedo di essere guarito; devo fare un'importante operazione, chiedo che tutto vada bene; ho un problema finanziario e chiedo una soluzione; ci sono problemi di relazioni o di rapporti, chiedo che si trovi armonia; eccetera.
Tutto questo va bene perché noi viviamo la nostra relazione con Dio nelle vicende umane concrete. Però non si può analizzare la vita solo basandosi su fatti concreti presi ognuno in sé, staccandoli l'uno dall'altro. Tutto quello che facciamo e tutto quello che siamo deve entrare in modo armonioso nel piano della nostra salvezza che Dio ha preparato per noi e che ci ha ottenuto attraverso la croce di Cristo. Dobbiamo analizzare tutto alla luce della croce di Cristo; quindi anche le malattie, le difficoltà, i problemi di cui cerchiamo soluzione, vanno visti alla luce della sofferenza di Cristo in croce. Essi sono lo strumento che ci permette di unirci a lui, per contribuire attraverso la nostra accettazione, se offerta, non solo alla soluzione del nostro problema, ma alla salvezza del mondo intero, in virtù della grazia che Cristo ci ha ottenuto attraverso la Sua sofferenza. Ecco perché spesso non otteniamo quello che chiediamo: forse perché nel piano di Dio c'è qualcosa di meglio; forse perché la sofferenza o la mancanza di essa, non è la cosa più importante della vita.
Dobbiamo accrescere la nostra unione con Dio per la nostra conformazione ai sentimenti di Cristo, solo così potremo trovare quella serenità che ci permetterà di vivere qualsiasi momento della vita, qualsiasi situazione bella o brutta, gioiosa o dolorosa come parte del piano più grande dell'amore di Dio per noi.