L'amore, chiave del cammino dal vedere, al credere


L’amore è la via per passare dal “vedere” al “credere” (Gv. 20,1-10)

Ci troviamo di fronte a una tomba vuota per celebrare il mistero più grande della nostra fede: la risurrezione di Cristo. È l’unico miracolo di Gesù che non è descritto, si dice solo che Gesù era stato deposto morto in un sepolcro ma ora il sepolcro è vuoto e Gesù appare vivo. Come si potrebbe descrivere a parole un qualcosa che va molto aldilà di quello che le parole possono descrivere e persino le menti capire? Allora non c’è da stupirsi se i racconti delle apparizioni dopo la Pasqua sono completamente diversi da un vangelo all’altro e a volte difficilmente riconciliabili tra loro, perché essi non sono altro che percorsi di conversione che le persone hanno fatto.
Questo percorso è sempre dettato da due verbi: il vedere e l’amare. Dico due perché in Italiano il verbo “vedere” è uno, ma gli evangelisti in greco giocano mirabilmente con tre verbi che indicano gradini diversi del vedere, che portano a livelli diversi di comprensione, e ciò che ne fa la differenza è appunto l’amore che ognuno ha per il Signore.
Di fronte alla morte, o meglio “a un morto” ci potrebbero essere due atteggiamenti: il primo è quello dei due discepoli di Emmaus che se ne andavano tristi per tornare a casa. Con Cristo era morto il loro ideale, e ora delusi sfuggono per tornare a chiudersi in sé, nella routine di una vita senza Lui. Il secondo invece è l’atteggiamento della Maddalena che non appena può torna al sepolcro; non si rassegna alla perdita della persona amata. A metà strada stanno gli altri apostoli, chiusi in casa, attendendo con timore lo svilupparsi degli avvenimenti.
Queste sono categorie di persone diverse tra loro, anche se tutte hanno investito la loro vita su Cristo. I primi (i discepoli di Emmaus), per motivi forse emozionali, erano rimasti infatuati da Gesù, avevano capito che lui poteva fare la differenza e si erano lasciati coinvolgere. La seconda categoria (la Maddalena), rappresenta coloro che veramente si sono innamorati di Gesù, che non si rassegnano davanti alla morte, non possono fare a meno di Lui. Se non abbiamo in noi questo sentimento del “non poter fare a meno”, vuol dire che ci sono altre cose che ci distraggono, occupano il nostro cuore e l’amore non è forte. Cosa fa Maria? Scappa? Torna a casa? No! Va al sepolcro appena possibile.
Gesù non li lascia soli. Si presenta loro; ai primi per farli rimettere in cammino, alla seconda per fare di lei la prima discepola, l’evangelizzatrice degli apostoli.
Veniamo al vangelo di questa mattina.
Quando la Maddalena si avvia al sepolcro è ancora buio, nonostante che sia già l’alba. È il buio dell’incertezza e della tristezza umana. L’amore non porta subito la luce, ha bisogno della fede, ma è l’energia più importante di cui ha bisogno colui che cammina sul sentiero della fede. La luce gli verrà data quando si troverà davanti alla tomba vuota, dove manca colui del quale non può fare a meno. È ancora l’amore che la fa correre alla casa di Pietro e dell’altro discepolo per cercare aiuto. La fede è data a ciascuno ma poi si mette in movimento all’interno della comunità.
Entrano quindi di scena altri due personaggi. Il primo è il discepolo “amato”. Non ci sono dubbi che si tratti di Giovanni, ma nel vangelo è sempre presentato come un discepolo senza nome. Conviene che rimanga senza nome perché ognuno possa mettere il suo nome a quel posto e così confrontare il suo modo di amare Gesù. Questo discepolo è sempre presentato in relazione a Pietro. Già al Giordano era arrivato prima di Pietro e aveva passato la giornata con Gesù, ma poi era andato ad invitare Pietro perché anche lui incontrasse il Maestro: l’amore sente la necessità di coinvolgere gli altri. Poi lo ritroviamo all’Ultima Cena quando lui è vicino al Maestro e Pietro gli indica di chiedere a Gesù chi è il traditore: l’amore che si fa “ponte” per la relazione degli altri. Li ritroviamo poi quando, assieme, hanno il coraggio di entrare nella casa del sommo sacerdote, proprio grazie alle conoscenze che lui aveva, ma poi a Pietro verrà a mancare il coraggio e tradirà Gesù, lui resta: chi ama sa superare le difficoltà e restare fedele. Poi lo ritroviamo al Calvario, ai piedi di Gesù; qui Pietro non c’è e tocca a lui rappresentare la Chiesa: alla croce arriva soltanto il discepolo che sa amare
Gesù perdutamente. Poi c’è il vangelo di oggi, arriva di nuovo prima di Pietro, ma non entra nel sepolcro, aspetta il suo compagno: l’amore rispetta le categorie e valorizza la presenza degli altri. Poi sul lago di Tiberiade è il primo a riconoscere Gesù sulla riva, lo dice a Pietro e questi si butta in mare per raggiungerlo: l’amore sa incoraggiare gli altri a lanciarsi. Infine quando il risorto dice a Pietro “seguimi” e lui è indeciso, guarda al giovane amico perché capisce che è su questo esempio di amore (che non morirà) che deve modellare il suo atteggiamento.
Chiusa la parentesi su chi sia questo discepolo misterioso, ci chiediamo cosa vede questo discepolo al sepolcro? Lo stesso che ha visto la Maddalena, il sepolcro vuoto e il lenzuolo funebre. Il verbo è “βλέπει”, l’osservare materiale.
Non entra ma aspetta che arrivi Pietro. Nella Chiesa si viaggia a velocità diverse, ma poi i passi importanti si fanno assieme. Pietro è la seconda persona, arriva seguendo quello che amava. Ora anche lui guarda, ma qui c’è un vedere al secondo livello “θεωρεῖ”, cioè un contemplare. Quello che vede comincia a richiamare alla sua memoria tante frasi di Gesù che ora cominciano ad avere senso, (da questo verbo deriva la nostra parola “teoria”. Ha cominciato a “riconoscere” a lasciarsi invadere dai ricordi, a lasciare posto all’amore. Vede anche il sudario che non è afflosciato come il telo di lino ma ripiegato, come se avesse la forma del capo di Gesù. San Giovanni Crisostomo, commentando questo particolare dice che è un segno della risurrezione, perché, afferma lui, se fossero venuti dei ladri a rubare il corpo di Gesù non si sarebbero presi il disturbo di ripiegare bene il sudario.
Ora entra anche il primo discepolo e di lui si dice vide e cominciò a credere. Questo verbo vedere è un terzo verbo “εἶδεν”, uno sguardo molto più profondo che va aldilà di quello che gli occhi osservano e la mente ricorda e a cui è legato come conseguenza il “credere”.
Il cammino della fede deve passare attraverso il cammino di questi tre modi di vedere: 1) il verificare,2) il riflettere su ciò che si è visto, 3) l’ultimo passo non è guidato dalla razionalità ma dalla ragionevolezza e dall’amore. L’amore non si limita al razionale, è sempre un passo avanti. La fede non può essere imposta perché può essere spinta solo dall’amore.
Il discepolo legge le cose con gli occhi dell’amore. Ci sono diversi modi di amare a seconda del nostro cammino.
Pietro rappresenta colui che ama ed è disposto a mettersi in gioco per Gesù, ma è lento perché ancora molto legato alla tradizione, alle cose che non capisce.
Il “discepolo amato” è colui che ha un amore più passionale, più emotivo, ha il coraggio di buttarsi per primo, sa passare dai segni alla realtà, ma ha ancora bisogno di uno come Pietro che lo fa ragionare e lo guida.
La terza, Maria, è colei che ha amato di più, si ferma al sepolcro anche quando gli altri tornano a casa ed è la prima ad avere la visione del Risorto. È lei che potrà correre ad annunciare agli altri: “Ho visto il Signore”. Questo “visto” non è razionalità, è oltre, ciò che l’amore le fa comprendere. Non ha visto “Gesù”, ha visto il Signore Risorto.
Anche nella nostra vita, ora, la tomba di Cristo è vuota. Dentro non c’era solo il suo corpo trafitto dai chiodi e dalla lancia, c’era anche gran parte della nostra vita. C’erano le nostre paure, i nostri sensi di inadeguatezza, di colpa, il nostro egoismo, la nostra ricerca sfrenata della comodità, della sicurezza, della soddisfazione, la nostra freddezza e incapacità di amore, tutte cose che ci impediscono di vivere a pieno la vita, che ci svuotano il cuore. Spesso sembriamo vivi, ma in realtà siamo morti. Cristo si è portato con lui nel sepolcro tutte le nostre debolezze e ora vuole che noi risorgiamo con Lui perché Lui è risorto anche per noi. Si mette al nostro fianco e ci dice: “stolti ancora non capite? il vostro cuore è chiuso? I vostri occhi sono ciechi?”
Forse viviamo la nostra religione, il nostro rapporto con Dio, in maniera troppo formale, troppo superficiale. Ci hanno sempre insegnato che l’importante era evitare i peccati, seguire i comandamenti, dire le preghiere; andava bene così! Ora questo non basta più. Gesù vuole il nostro cuore non le nostre preghiere, vuole la nostra vita non la nostra osservanza. Si è portato nella tomba tutte le nostre debolezze e ora ci dice: “Alzati! risorgi, cambia vita, ti do io la forza di farlo”. Mi direte: “Ma ci abbiamo provato tante volte e non ci siamo riusciti!” Forse abbiamo sempre tentato in modo sbagliato? Forse abbiamo creduto di poter comprare Dio con le nostre pratiche e ci siamo dimenticati che aveva già pagato tutto Lui.
La Maddalena lo riconosce quando smette di pensare al suo dolore e sente chiamare il suo nome. I due di Emmaus lo riconoscono quando lo invitano a condividere la cena con lui.
Noi lo abbiamo studiato tanto, ma lo abbiamo amato? Gli diamo del tempo per andare in chiesa, ma gli diamo anche tempo per stare con Lui da soli, per leggere la sua parola? Seguiamo i dieci comandamenti e i 5 precetti, ma ci lasciamo provocare anche dal Vangelo? Ci riflettiamo? Cerchiamo di metterlo in pratica? Siamo battezzati per cui siamo cristiani; ma è solo questo che ci rende Cristiani? Ci sforziamo di vivere per Cristo, con Cristo, come Cristo,?
La resurrezione di Cristo ci invita ad una vita nuova. Se oggi non sentiamo il desiderio di convertirci, di vivere in modo diverso il nostro rapporto con Cristo, allora domani sarà un giorno come gli altri, fra una settimana ci saremo dimenticati che c’è stata la Pasqua e Cristo ha sofferto ed è morto per noi, ma per nulla. Se avremo il coraggio di provare, almeno un po’, a mettere in pratica nella vita quotidiana quello che alla domenica sentiamo nel Vangelo, scopriremo un mondo tutto diverso, una gioia tutta diversa, perché avremo aperto la porta a Cristo e Lui verrà a cenare con noi e a rivelarci il suo amore.
Lasciamoci provocare da Cristo e dal suo amore.

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