Caratteristiche della Passione in Giovanni
Passione di Gesù secondo
Giovanni
Giovanni, come per il resto del
vangelo, anche nei racconti della Passione di Gesù è quello che più si scosta
dalla narrazione degli altri evangelisti. Vari sono gli episodi introdotti o
omessi da Giovanni. Va ricordato che il suo è il vangelo che è stato scritto
per ultimo, quando esso è stato redatto, gli altri tre vangeli erano già
diffusi e conosciuti tra i cristiani quindi non c’era bisogno di ripetere le stesse
narrazioni. Giovanni, più di tutti pone l’accento su tematiche prettamente
teologiche che gli permettono di catechizzare i suoi discepoli su quelli che
sono i temi che al suo tempo cominciavano a diventare importanti. Chi è Gesù?
Come è possibile che sia Dio e uomo allo stesso tempo? Quale è la novità
introdotta da Gesù nella storia? Questo Giovanni lo fa riportando molti meno
miracoli degli altri, che addirittura lui non chiama mai “miracoli”, ma
“segni”. Inoltre concentra la narrazione su delle grandi dispute o discorsi
lungo i quali affronta ogni volta un tema particolare: la vera religiosità,
l’alleanza nuova, l’acqua della vita, il
pane di vita, la luce del mondo, la vera vita, la verità, il comandamento dell’amore
e del servizio, la vera regalità.
Un primo particolare che
potrebbe sfuggire è che mentre i tre evangelisti sinottici, quando parlano
dell’Ultima Cena, la descrivono come una cena pasquale, e durante essa c’è
l’istituzione dell’Eucarestia, per Giovanni questa non è una cena pasquale e
non c’è l’Eucarestia. Dal racconto si comprende che Gesù muore in croce proprio
all’ora in cui nel tempio venivano uccisi gli agnelli che dovevano essere usati,
il giorno dopo, per la celebrazione pasquale. Gesù è il vero agnello che
immolato sull’altare della croce offre al popolo la vera salvezza. Inoltre
lungo l’Ultima Cena c’è un segno importante e un discorso lunghissimo che lo
spiega: la lavanda dei piedi. Tutto il discorso che comprende i capitoli
14,15,16 e la lunga preghiera del capitolo 17 sono il Testamento di Gesù,
l’ultimo messaggio, incentrato sul Comandamento dell’Amore come unica legge del
cristiano e sulla venuta dello Spirito Santo come colui che continuerà la
missione di Gesù di guidare i cristiani sulla vera via, la via del servizio e
dell’amore.
I racconti seguenti, quelli
riguardanti la passione, sono ben organizzati, tralasciano molti dei dettagli
degli altri evangelisti, e mostrano un Gesù forte che nonostante l’avversità
dei suoi nemici, porta avanti con coraggio e determinazione il suo piano di
redenzione.
Nell’orto del Getsemani non c’è
alcun riferimento all’agonia e alla preghiera di Gesù né alla sua tentazione di
rinunciare, si parla subito dell’arresto. Al momento dell’arrivo dei soldati è Lui
che si fa avanti senza aspettare che sia Giuda a indicarlo con il bacio. Di
fronte alla sua determinazione nel parlare, i soldati cadono davanti a Lui e Lui
ne approfitta per richiedere che prendano Lui ma lascino liberi i suoi
discepoli.
Alla casa dei sommi sacerdoti,
c’è l’episodio del tradimento di Pietro. Qui si dice che Piero era riuscito ad
entrare perché era con un altro discepolo che era conosciuto dal sommo
sacerdote. Gesù ha tra i suoi discepoli anche persone conosciute negli ambienti
alti della capitale.
Durante l’interrogatorio con i
sommi sacerdoti Gesù risponde con coraggio facendo presente tutte le debolezze
e contraddizioni delle argomentazioni che portano, e anche a chi gli dà uno
schiaffo lui risponde mostrando l’errore da esso commesso. Gesù è il difensore
della verità e della giustizia.
Visto che non potevano trovare
ragioni per condannarlo, lo mandano da Pilato. Qui abbiamo un lungo dialogo formato
da ben sette scene durante le quali Pilato fa la spola tra dentro la casa con
Gesù e fuori per incontrare la gente. Il tema principale di tale dialogo è la
regalità di Gesù. Gesù non ha paura ad indicare il vero senso di tale parola quando
si riferisce a Lui. Il potere di Pilato non è vero potere ed ha ragione di
essere solo perché gli viene dato dall’alto. Il vero potere è quello di chi
accetta di dare la sua vita per salvare la sua gente, non chi invoca l’esercito
a salvarlo. Alla fine anche Pilato dovrà arrendersi e chiedere: “Cos’è la verità?” Lui è cosciente che
Gesù è innocente, lo presenta alla folla, rivestito di un mantello di porpora e
con la corona di spine in testa, dicendo: “Questo
è l’uomo”, il vero re è colui che soffre per voi, si lascia mettere a
morte, ma loro, andando contro tutti i loro principi e tradendo tutto il loro
orgoglio di popolo libero, affermano: “il
nostro re è Cesare”, e gli impongono di crocifiggerlo. La lunghezza e la
complessità di questo episodio, molto scarno e ridotto negli altri vangeli,
serve a sviluppare il tema centrale della persona di Gesù, re di giustizia e di
amore.
Il viaggio al Calvario è molto
veloce e senza episodi particolari. Poi viene ancora sottolineata la regalità
di Cristo attraverso il cartello fatto apporre da Pilato “Gesù Nazareno re dei
Giudei”. Anche gli altri evangelisti parlano del cartello ma si limitano a dire
che c’era e che i passanti, a partire da quello, deridevano Gesù. In Giovanni non
si parla della derisione da parte della gente ma si dice che i capi del popolo
si recarono da Pilato per chiedere di togliere il cartello, ma questi, con la
sua autorità rifiuta.
Mentre nel vangelo di Matteo e
Marco Gesù si limita a dire “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” e in
Luca abbiamo l’episodio del buon ladrone e del perdono concesso da Gesù ai suoi
crocifissori, in Giovanni abbiamo tre altre frasi molto significative. Prima di
tutto c’è il passaggio di consegne della sua missione nelle mani di Maria e del
discepolo che rappresenta la Chiesa: “Donna
ecco tuo figlio … Ecco tua madre”. Poi c’è la richiesta: “Ho sete” che per i commentatori di tutti
i tempi è sempre stata interpretata, non come la necessità fisica di bere, ma come
il desiderio ardente di compiere fino in fondo la volontà del Padre. L’umanità
gli sa offrire solo aceto e lui l’assume, come ultimo gesto di comunione, e poi
esclama: “Tutto è compiuto” e muore.
Nel morire uno dei soldati gli trafigge il fianco e da esso escono acqua e
sangue. La cosa, anche se spiegata fisicamente come sangue con molto liquido e
pochi globuli rossi, cosa dovuta all’enorme perdita di sangue durante l’intero
processo della flagellazione e della passione, ha però il significato simbolico
della Chiesa che esce dal suo costato; acqua e sangue sono i simboli del
battesimo e dell’eucarestia.
La morte di Gesù è descritta
dal verbo: “consegnò lo spirito”,
anche questo è un gesto di Gesù e non qualcosa che capita da solo, il verbo
“consegnò” è attivo e indica chiaramente un atto volontario. È Gesù che manda
quello “Spirito” che aveva promesso durante la cena per proteggere e guidare i
suoi discepoli.
La regalità di Gesù è
testimoniata, alla fine, anche dalla citazione biblica: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”. Gesù stesso,
quando aveva incontrato Nicodemo aveva esclamato: “Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me” e lo stesso Nicodemo,
che era sempre rimasto un discepolo nascosto, assieme a Giuseppe di Arimatea
ora esce allo scoperto e va a prendere il corpo di Gesù per garantirgli una
sepoltura dignitosa.
Nel giardino vi era un sepolcro
nuovo in cui nessuno era ancora stato deposto. Una morte come quella di Gesù e
soprattutto quello che deve avvenire, cioè la risurrezione, sono qualcosa che
non era mai capitata finora, e aprono un capitolo nuovo nella storia
dell’umanità. Da quel momento il sepolcro non è più il luogo dei morti ma
quello dei vivi, quello del “re della vita” che con la sua morte ha portato a
compimento il piano di Salvezza che Dio aveva preparato fin dall’inizio del
mondo.