Ecco l'agnello di Dio
Ecco l’Agnello di Dio. Gv 1,29-34
Matteo, Marco e Luca iniziano i
racconti della vita pubblica di Gesù raccontandone il Battesimo al Giordano. L’evangelista
Giovanni non ci racconta l’episodio del Battesimo di Gesù, ma lo dà per
scontato, dedica invece ampio spazio a parlare del Battista.
Per lui Giovanni il Battista non
è il “precursore” ma il “testimone”, cioè uno che ha visto qualcosa e può dire
a tutti quello che ha visto: Lui in Gesù ha saputo riconoscere “la luce” e di
questa luce lui diventa il testimone. Il prologo del vangelo diceva: “Non era lui la luce ma veniva a dare
testimonianza alla luce”.
Tante persone erano venute al
Giordano e avevano assistito al Battesimo, ma solo il Battista ha visto quella
luce che brillava nel giovane Gesù.
Il brano di oggi inizia dicendo:
“Il giorno dopo …” cos’era capitato
il giorno prima? Da Gerusalemme erano venuti alcuni messaggeri mandati dai
Farisei per interrogare il Battista su quel che faceva. La sua vita suscitava molte
domande e molti credevano che fosse lui il Messia. Lui risponde a questi
messaggeri: “Non sono io il Cristo”.
Ora vede Gesù venire verso di lui, allora dice: “Ecco l’agnello di Dio”. Qui va subito sottolineata l’umiltà e la
fedeltà di Giovanni. Egli era di una famiglia di rango superiore a quella di
Gesù (Lui figlio di un sacerdote del tempio), e per di più era ormai una
persona affermata, conosciuta, con molti seguaci, mentre Gesù, è ancora
sconosciuto e figlio di un falegname di un piccolo villaggio della Galilea.
Eppure appena lo riconosce, lo indica subito ai suoi discepoli e si mette
subito da parte, senza alcun protagonismo o sete di gloria, come richiesto dal
compito che Dio stesso gli aveva assegnato. Non vuole che guardino a lui ma
alla “luce vera”, quella che ora lui indica.
Questa luce la chiama “agnello”.
In Israele la gente aspettava che venisse il “Leone della tribù di Giuda”, la
belva che avrebbe sbaragliato tutte le altre, il re pastore del suo popolo,
invece il Battista testimonia di aver visto l’Agnello. Egli è il figlio di un
sacerdote del tempio quindi un esperto nelle sacre scritture e dei riti
religiosi; lui sa bene che ogni patto fatto con Dio, ogni richiesta, ogni
promessa era sugellata dall’offerta di un agnello che veniva immolato
sull’altare. Da una parte, indicando Gesù, sta affermando che il lavoro che lui
sta facendo ora lo farà Gesù; è un passaggio di consegne ufficiale. Dall’altra
riconosce però che Gesù compirà la sua missione non continuando a battezzare
come Giovanni, ma offrendo se stesso per essere immolato come agnello. Egli
riconosce in Gesù il Messia, ma un Messia che deve morire. Da esperto
dell’antico testamento conosce il rito di Pasqua dove l’agnello che viene
immolato ricorda che proprio il suo sangue, messo sugli stipiti delle porte,
salvò i primogeniti Ebrei in Egitto, inoltre conosce il passaggio del profeta
Isaia (cap. 53,7) dove parlando del Messia, che lui chiama “Servo di Yahvè”, lo
descrive come mite che verrà disprezzato e umiliato e trattato come agnello che
deve essere condotto al macello. Quindi preannunzia già anche la passione di
Cristo.
Di lui poi dice che è “Colui che toglie il peccato dal mondo”.
Togliere, letteralmente significa “far sparire”. Attenzione che dice: toglie
“il peccato”, non “i peccati”. Non si parla solo delle singole colpe che ognuno
di noi continuamente commette. Qui si parla del “peccato” come entità in se
stessa, nella sua essenza. Peccato è la perdita della dignità e identità umana.
Egli è venuto a eliminare, non espiare; non è venuto a “pagare” per tutti, no!
ma per spazzar via cioè porre fine alla mentalità malvagia che ci induce a
comportarci come non figli di Dio. Quindi non cancella una trasgressione ma
rimuove la tenebra che ci impedisce di fare bene.
Come ha fatto il Battista a
cogliere questa identità di Gesù? Ci risponde lui dicendo: “Ho contemplato lo Spirito discendere dal
cielo e rimanere su di Lui”. Si riferisce al battesimo. Lo Spirito dimora,
rimane. Domenica scorsa vi ho accennato al significato della colomba, qui
richiamo solo il fatto che la colomba ritorna sempre al proprio nido. Gesù è il
luogo dove lo Spirito di Dio abita stabilmente. Il fatto poi che Lui battezzi
nello spirito vuol dire che ci immerge in questo spirito, fa sì che ci
impregniamo di quella forza divina che porta ad amare.
Noi tutti abbiamo ricevuto un
incarico da Dio, quello di essere profeti cioè annunziatori e testimoni della
sua parola e della sua presenza, ma riusciremo ad essere tali solo se questa
parola la sappiamo ascoltare con fede cioè con la certezza che essa è vera
anche oggi come lo era 2000 anni fa ed è valida anche e soprattutto per me, e
se questa presenza la sapremo riconoscere anche in mezzo alla confusione della
gente o al trambusto della vita. Inoltre riusciremo nella nostra missione di
testimoni se lo sapremo fare con umiltà e verità, cioè senza protagonismo,
senza ricercarne un interesse personale, neanche emotivo, ricordandoci di
mettere sempre Cristo al centro, di lavorare perché Lui sia conosciuto e
lodato.