Il passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento
Il Battesimo del Signore Mt 3,13-17
Permettetemi una piccola introduzione per spiegare il luogo in cui la scena
di oggi si svolge. Siamo a Betania al di là del Giordano, cioè nel territorio
che ora è lo stato di Giordania. Il Giordano è un fiume importante per gli
Ebrei, è citato ben 179 volte nella Bibbia, ma non ha un’importanza economica
come avevano il Nilo per gli Egizi o il Tigri e l’Eufrate per i Babilonesi. Attorno
a questi due erano sorte le città e si erano sviluppate le loro grandi società.
Il Giordano è piccolo, non si può navigare, per di più è in una depressione
dove fa molto caldo. Per gli Ebrei il Giordano ha un valore geografico perché
rappresenta il confine fra la Terra Promessa e la terra dei pagani. Inoltre ha
un significato storico importante perché proprio a Betania c’è il guado dove
chiunque volesse attraversare il fiume deve passare. Aa qui il popolo di
Israele, dopo essere uscito dalla schiavitù dell’Egitto e aver vagato per 40
anni nel deserto era entrato nella Terra Promessa, così pure dopo la schiavitù
di Babilonia il popolo era passato di qua Quindi rappresentava il luogo
dell’ingresso a una nuova vita nella terra promessa da Dio al suo popolo.
Questo era anche il luogo in cui il profeta Elia era stato rapito dal carro di
fuoco e portato in cielo al termine della sua missione. Questo è il luogo
scelto da Giovanni per battezzare.
Due parole anche sul rito del battesimo. In Greco “Baptizo” vuol dire
immergere, un’immersione di morte a cui segue la rinascita a una vita nuova. Era
un rito presente in molte religioni e rappresentava la vita nuova che si
otteneva quando una persona entrava in una nuova religione. Aveva il
significato simbolico di far scomparire la persona vecchia e far nascere una
persona nuova. Il pagano era come se non fosse mai esistito e nasceva un uomo
nuovo, il credente. La cosa strana è che Giovanni chiamava a farsi battezzare
quelli che erano già Ebrei, persone che credevano di essere già a posto. Lui si
era posto proprio in terra pagana per far fare a questi “presunti credenti”, il
gesto simbolico di tornare tra i pagani per fare un nuovo ingresso nella terra della
vera religione dopo essersi purificati dai propri peccati. Voleva dire, cioè,
iniziare una nuova vita religiosa, un nuovo contatto con Dio. Giovanni voleva che
i suoi seguaci prendessero coscienza che avevano bisogno di pensare a un’altra realtà,
quella in cui il Messia avrebbe incontrato il suo popolo. Infatti i Farisei, i
capi religiosi del popolo, pur essendo curiosi di vedere chi è questo
battezzatore, si ritenevano a posto e non volevano farsi battezzare. Giovanni attacca
la loro arroganza e li chiama “razza di vipere”. Erano schiavi del proprio
orgoglio, della propria cattiveria, e quindi infedeli alla vera legge di Dio.
Veniamo ora al vangelo di oggi. Gesù lascia Nazareth in questo contesto
culturale e religioso per recarsi al luogo del battesimo. È l’inizio della vita
pubblica di Gesù e lui si reca da Giovanni, ma questi vuole impedirgli di farsi
battezzare. Il Battista non può capire quale è il significato di tale gesto
perché lui ha in mente un’idea diversa di Messia (e di Dio). Per lui il Messia deve
essere uno che si tiene lontano dai peccatori e dai pubblicani, un vero
osservante della legge. Non ha capito che Dio sta con il suo popolo sempre.
Ma perché Gesù vuol farsi battezzare? Di certo lui non ha bisogno di
chiedere perdono, peccati non ne ha, e tanto meno ha bisogno di fare un cambio
di vita. Giovanni il Battista questo lo sa bene e vuole impedirglielo ma Gesù
dice: “Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia”. Qual
è l’intenzione di Gesù? Cos’è questa giustizia di cui parla? Giustizia, nella
Bibbia, ha sempre a che fare con la volontà di Dio.
Qui troviamo l’incontro tra due persone legate fra loro, ma che
rappresentano due realtà che in questo momento si mettono a confronto.
Giovanni, è figlio di un sacerdote e Gesù, è figlio di un operaio; Giovanni è annunciato
a Gerusalemme, capitale della nazione e della religione, Gesù è annunciato in
una casetta del piccolo villaggio di Nazareth in Galilea; Giovanni è concepito
in modo miracoloso dall’unione tra due persone anziane, Gesù è concepito per
opera dello Spirito Santo da una giovane ragazza, vergine; Giovanni rappresenta
l’Antico Testamento, Gesù rappresenta il Nuovo Testamento. Proprio questa è la
giustizia di cui parla Gesù: qui abbiamo il passaggio di consegne tra il
vecchio e il nuovo Testamento, tra il vecchio e il nuovo modo di pensare la
Salvezza e il nostro rapporto con Dio. Qui non abbiamo un uomo che entra
nell’acqua, per implorare il perdono di Dio, ma abbiamo Dio stesso che entra
nel segno e lo rende efficace, cioè lo riempie della sua grazia. Gesù si
immerge nell’acqua, segno di morte, ma ne esce, segno di risurrezione; si
aprono i cieli, segno dell’ascensione, e scende lo Spirito Santo, segno della
Pentecoste. Qui è racchiuso tutto il mistero della Salvezza e il “segno”
diventa “sacramento”. Qui si inaugura la nuova alleanza tra noi e Dio, alleanza
in cui i nostri segni sono assunti da Dio stesso e trasformati in sacramenti,
cioè riempiti della sua grazia. Non siamo noi ad andare da Dio ma è Lui che
viene da noi, anche se peccatori e specialmente se peccatori, per darci il suo amore.
Dopo il battesimo Gesù esce dall’acqua. Qui troviamo 3 immagini bibliche:
1) “Si squarciarono i cieli”.
Nella concezione ebraica i cieli erano sette e sopra di essi vi era il trono di
Dio. Il popolo di Israele aveva l’impressione che Dio si era stancato delle infedeltà
e aveva chiuso tutti i cieli, non voleva più saperne di questo popolo ed essi
non sapevano quanto questo sarebbe durato. Il profeta Isaia (cap. 63, 15-19)
dice: “Guarda dal cielo e osserva dalla
tua dimora santa e gloriosa. Dove sono il tuo zelo e la tua potenza, il fremito
delle tue viscere e la tua misericordia? Non forzarti all’insensibilità, perché
tu sei nostro padre, poiché Abramo non ci riconosce e Israele non si ricorda di
noi. Tu, Signore, sei nostro padre, da
sempre ti chiami nostro redentore . …. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti
a te sussulterebbero i monti,”. Quindi ora i cieli, non solo si sono aperti,
ma si sono squarciati, non si possono più chiudere.
2) “Vide lo Spirito di Dio scendere
come colomba e venire su di Lui”. La colomba è quella del diluvio, quindi è
ristabilita la pace fra cielo e terra. Poi la colomba è tenera. Spesso nell’At
si descrive Dio che scaglia saette per scacciare i nemici, che li distrugge,
invece ora Dio viene con tenerezza perché ama i peccatori. Infine la colomba è
simbolo dell’attaccamento al proprio nido perché dovunque la portiate essa
ritorna lì. Qui tra i peccatori è il nido di Dio e Dio torna sempre qui.
3) “Ed ecco una voce dal cielo”.
Non è una voce materiale ma un modo di attribuire a Dio una certa frase. È Dio
stesso che dà testimonianza del significato di quanto compiuto da Gesù: “e diceva: Questi è il Figlio mio, l’amato,
in lui ho posto il mio compiacimento”. Nella bibbia parlare di “Figlio”
vuol dire parlare di uno che assomiglia, uno che incarna tutta la natura
dell’altro, l’unico capace di portarne avanti l’eredità. Quindi, dire: “è il
mio figlio” vuol dire guardate a lui perché quando vedete lui vedete me. Quando
noi guardiamo a Gesù sappiamo di vedere il Padre del cielo a cui lui assomiglia
esattamente. La frase “in te mi sono
compiaciuto” fa riferimento al servo di YHWH del cap 42 di Isaia. Era uno dei
testi messianici dell’Antico Testamento. È l’invito ad accoglierlo, imitarlo,
ad assomigliare a lui.
Noi qui presenti oggi dobbiamo essere persone del Nuovo testamento, non
dell’Antico, persone che non vivono riti, ma che vivono segni di grazia;
persone che si accostano ai sacramenti non per fare piacere a Dio o per
compiere un dovere, ma persone che vengono ad incontrare la sua grazia, a
lasciarsi visitare da Lui; persone che vivono in continuo atteggiamento di
conversione cioè in continua tensione di impegno per far sì che tutto quello
che facciamo sia un incontro con Dio, un riempirci della sua grazia.
Cari fratelli e sorelle quest’anno, proprio in virtù del battesimo che
abbiamo ricevuto, dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare. Dio c’è, è
presente nella nostra vita, viviamo di questa presenza. Quando incontrate delle
persone è Dio presente in loro che salutate; quando andate a bere un caffè al
bar o mangiate una bella fetta di panettone con gli amici, è Dio che vi fa un
buon regalo; quando andate al lavoro, è Dio che andate ad aiutare, è Dio che vi
sta aiutando. Non è un’esagerazione, è fede.
Non rendete Dio un affare da sabato sera o domenica mattina, Lui è venuto
per stare con noi 24/7. Buon anno nuovo.