Maria Corredentrice: fino a che punto?
Per la riflessione di oggi voglio soffermarmi su Maria e il suo ruolo di “Corredentrice”.
Questo titolo indica il contributo dato da Maria al piano della
redenzione. Naturalmente la redenzione è dono di Dio ed opera
esclusiva di Cristo con la sua morte e resurrezione, ma come in tutte
le cose si serve il più possibile di noi uomini, ci vuole rendere
partecipi del suo piano perché è un piano d'amore e l'amore non può
mai essere a senso unico, anche se è amore totale, anzi, proprio
perché è amore totale coinvolge in tutto l'amato.
Tutti
siamo chiamati a partecipare a questo piano attraverso i nostri
sacrifici, il nostro amore, le nostre opere buone. Esse hanno valore
redentivo non in se stesse ma in virtù dell'unione con Cristo a cui
ci portano. È quello che normalmente viene chiamato il tesoro della
Chiesa su cui si basano le indulgenze, le preghiere per le anime del
purgatorio ecc. Ricordate la frase di S. Paolo: “Completo con le
mie sofferenze, quello che in me ancora manca delle sofferenze di
Cristo”.
La
nostra salvezza non è mai solo un problema individuale, siamo tutti
parte del corpo mistico di Cristo. Allora se l'amore è importante
chi ha amato di più avrà avuto un ruolo più importante.
Il
definire Maria “Corredentrice” è la conseguenza di tutto quello
che abbiamo detto nei mesi scorsi. Il ruolo di Maria nel piano della
Redenzione inizia prima di tutto nel momento del suo sì all'angelo
perché quello ha reso possibile la venuta del Redentore. Tutto il
periodo dei trent'anni passati assieme, l'educazione, le cure, il
lavoro, la vicinanza, l'unione dei cuori, specialmente in occasione
della morte di Giuseppe. Questo è stato un cammino di crescita nella
fede. Ma forse il momento più alto è stato accettare che Gesù
prendesse la sua strada anche se in un certo senso questo significava
una separazione, e un incamminarsi verso quel destino che
avrebbe provocato che la spada le trafiggesse il cuore.
Avrà
avuto paura, Maria? Certo, come donna e anche come madre e avrà
insegnato a Gesù ad avere paura. È un sentimento umano importante,
paura del pericolo, paura della sofferenza, sua e di suo figlio. Se
non c'è paura non c'è fede, non c'è amore. La fede non cancella le
debolezze umane ma dà la forza per superarle. La paura potrebbe
bloccarci, impedirci di agire, allora rimane umana ed è negativa,
oppure può diventare fonte di fede e di abbandono in Dio. Se vi ricordate
il mese scorso abbiamo detto che proprio a Cana Maria invita Gesù ad
intraprendere la sua strada e lui con la frase “donna che c'è tra
me e te” le ricorda che in questo viaggio saranno profondamente
uniti, un piano che è iniziato alle porte del paradiso terrestre.
Maria ha vissuto quel momento con una certa paura e questo dà
ancora più valore al suo gesto.
Il
vangelo che abbiamo letto oggi è la continuazione di quello di Cana.
È sempre Giovanni che scrive, sono le due sole volte che accenna a
Maria e di nuovo la chiama “donna”. Pensate, Giovanni non parla
né dell'annunciazione, né degli episodi legati alla nascita o
all'infanzia di Gesù ma solo di Cana e della croce nonostante che
lui sia quello che ha vissuto con Maria dopo la Resurrezione (“e il
discepolo la prese con sé nella casa”.
Questa
è l'ora di cui si parlava a Cana e Maria, la Donna, la madre è lì
con il Figlio per schiacciare la testa al serpente.
E
come vi partecipa? Qual'è la sua parte? Giovanni Paolo II
nell'Enciclica Redentoris Mater ha questa espressione: “"Soffrendo
profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al
sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della
vittima da lei generata", in questo modo Maria "serbò
fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce"”.
Soffrire
con il Cristo che soffre, accettare con amore questa sofferenza.
Sofferenza perché dettata dall'unione di amore, ma accettazione
perché la fede gli dice che questa è la strada scelta da Dio per la
salvezza di tanti, compresi quelli che sono in quel momento la causa
prima di questa sofferenza. Qui si sviluppa il mistero della
sofferenza. Cristo in croce soffre da una parte perché il suo corpo
soffre: le ferite, il corpo che perde in capacità di sopportazione
ecc. ma soffre anche e soprattutto perché vede che in quel momento
in cui sta offrendo tutto per salvare tutti, c'è gente che forse
questa salvezza non l'avrà perché si ostina a rigettare la sua
offerta d'amore.
Maria
è corredentrice solo se entra nel mistero di questa seconda
sofferenza di Cristo, la più intima, la più profonda che solo lei
che ha condiviso in tutto il piano del figlio in tanti anni di
vicinanza e condivisione riesce a capire. Non è un soffrire per se stessi ma per il piano di salvezza. Ecco allora che quando il
figlio le affida l'umanità “Donna (collaboratrice del piano) ecco
tuo figlio”, lei prende su di sé la premura che nulla vada perso
di quel dono che suo figlio sta facendo in quel momento, che tutti,
il più possibile, arrivino ad accettare la passione redentrice di
Gesù. Io mi immagino Maria che cammina per le strade di Gerusalemme,
o del mondo intero, guardando la gente e dicendo tra sé: “anche
questa persona mio figlio la vuole salvare, anche per essa è morto”. Il povero, l'ammalato,
il rifiutato, ma anche e soprattutto il peccatore, il blasfemo, il
ribelle, diventano oggetto del suo interesse, della sua premura, del
suo amore per trovare un modo per far breccia nel loro cuore perché
accettino il Cristo. Non so se avete visto il film “La Passione di
Cristo”. Dopo la flagellazione portano via Gesù, Maria riesce ad
entrare sul luogo e vede il sangue di suo Figlio per terra. Corre,
prende uno straccio e comincia a raccogliere quel sangue. Nulla deve
essere perso del sangue sparso da suo figlio. Immagine bellissima del
posto di Maria in quel mistero grande.
Elisabetta
aveva detto: “Beata colei che ha creduto” e questa beatitudine si
realizza in pienezza proprio lì dove il dolore la strugge ma non la
schiaccia. È un "beata" in piena consonanza con le Beatitudini di Mt 5.
Maria
avrà ripensato a quelle parole come pure alle parole dell'angelo che
parlando di Gesù aveva detto “sarà grande e Dio gli darà il
trono di Davide suo padre e regnerà per sempre”. Contraddizione?
Noi uomini diremmo di sì. No, invece, se accettate con la fede. La
natura umana le ricordava allora le parole di Isaia quando parlava
del servo innocente condannato per i peccati di molti. Quanto sono
imperscrutabili le parole di Dio, inaccessibile la sua volontà. In
quel momento Maria partecipa alla spoliazione del figlio, lui
spogliato dei vestiti e un po' alla volta della vita, lei spogliata
dell'onore di essere madre, dell'attaccamento a tutto quello che di
umano era rimasto della loro relazione.
Il
culmine della scena, non raccontata dai vangeli ma rappresentata da
tanti grandi artisti, è quando depongono Gesù dalla croce e lei,
madre, lo prende tra le sue braccia. Qui c'è il tutto della passione
umana, ma anche la morte di essa. Maria racchiude tra le braccia
l'uomo e il Dio, e consegna a Dio l'uomo a cui lei è stata talmente
attaccata in un atto supremo di rinuncia per rimanere identificata
con lui solo nella missione, nella divinità. Risuonano le parole di
Giobbe: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il
nome del Signore”. Non so se avete mai avuto occasione di vedere le
"Pietà" scolpite da Michelangelo. Senza dubbio conoscete quella in Vaticano, considerata la scultura più perfetta di sempre. Ebbene
essa è stata scolpita all'età di 24 anni, all'inizio della
carriera, ma molti anni dopo ne scolpì altre tre. I critici le
definiscono opere incompiute, ma Michelangelo non le ha lasciate
incompiute perché non aveva la capacità di finirle o perché non
gli piacessero, ma perché aveva capito che non poteva dare forme
perfette umane dove si celebrava la distruzione dell'umanità. Maria
perde la perfezione della bellezza umana femminile e attraverso il
dolore che la deforma diventa simile, unita, quasi un tutt'uno col
figlio che sorregge. Addirittura in una di queste c'è Dio padre che
sorregge entrambi, Maria e Gesù, e lì a fianco c'è il giovane
Giovanni che rappresenta l'umanità testimone di questa fusione.
Sempre
Giovanni Paolo II dice: “È questa forse la più profonda "kenosi"
della fede nella storia dell’umanità. Mediante la fede la madre
partecipa alla morte del Figlio, alla sua morte redentrice; ma, a
differenza di quella dei discepoli che fuggivano, era una fede ben
più illuminata. Sul Golgota Gesù mediante la croce ha confermato
definitivamente di essere il "segno di contraddizione",
predetto da Simeone. Nello stesso tempo, là si sono adempiute le
parole da lui rivolte a Maria: "E anche a te una spada
trafiggerà l’anima"”.
Lumen
Gentium dice: “"Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la
sua soluzione con l’obbedienza di Maria;”
Anche
noi, con la nostra fede ci salviamo, ma con l'unione al sacrificio di
Cristo possiamo salvare gli altri. Dobbiamo fare nostro questo
sguardo mistico di Maria che vede in ogni suo figlio colui che suo
“Figlio” ha voluto salvare.
Capite
adesso il senso di quello che dicevamo il mese scorso parlando delle
nozze di Cana? GPII dice: “Quale intesa profonda c’è stata tra
Gesù e sua madre? Come esplorare il mistero della loro intima unione
spirituale? Ma il fatto è eloquente. È certo che in quell’evento
si delinea già abbastanza chiaramente la nuova dimensione, il
nuovo senso della maternità di Maria. … Nel testo giovanneo,
invece, dalla descrizione dell’evento di Cana si delinea ciò che
concretamente si manifesta come nuova maternità secondo lo spirito e
non solo secondo la carne, ossia la sollecitudine di Maria per gli
uomini, il suo andare incontro ad essi nella vasta gamma dei loro
bisogni e necessità. … Maria si pone tra suo Figlio e gli uomini
nella realtà delle loro privazioni, indigenze e sofferenze. Si
pone "in mezzo", cioè fa da mediatrice non come
un’estranea, ma nella sua posizione di madre, consapevole che
come tale può – anzi "ha il diritto" – di far presente
al Figlio i bisogni degli uomini.”. È come se dopo ogni nostra
preghiera Maria dicesse a Gesù: ti ricordi quanto abbiamo sofferto
sul Calvario per questo povero nostro figlio? Vogliamo mica sprecare
quello che abbiamo fatto là?
Ricapitolando,
qual'è l'insegnamento di Maria per noi?
1)
Salire il Calvario con lei, accettando le prove, i momenti difficili.
Non lasciarsi bloccare dalla paura ma guidare dalla Fede.
2)
Lasciarsi bagnare dal sangue di Cristo che cade, goccia dopo goccia
dalla croce e ci purifica, ci insegna ad accettare con amore le
sconfitte, le incomprensioni, le calunnie, le sofferenze. Questi sono
i momenti dove ci purifichiamo, ci rendiamo più simili a Lui.
3)
Prendere con noi il resto dell'umanità e con essa scendere dal
Calvario per rientrare nel mondo e lì sostenerla con Fede,
compassione, amore, perché nulla di quello che Cristo ha redento con
il suo sangue vada perduto.