Due monti, due modi diversi di mostrare la gloria

Dal Tabor al Calvario

Dopo il vangelo di domenica scorsa sulle tentazioni, e all’interno di un periodo di penitenza come la quaresima, il vangelo di oggi che parla di gloria sembrerebbe fuori posto.

Molti si sono chiesti che significato abbia questo miracolo dato che è fatto in un momento in cui solo 3 persone lo vedono, nessuno è guarito, nessuno ne trae beneficio. Dobbiamo vedere questo fatto inquadrato nel momento della vita di Gesù in cui esso avviene.

Per tre anni, Gesù è andato in giro a fare miracoli e a predicare. Ha raggiunto momenti molto alti di manifestazione di potere e di approvazione della gente, come ad esempio quando moltiplica i pani e i pesci e quando calma la tempesta sul lago.  Ora sa che deve iniziare il viaggio verso Gerusalemme, l’ultimo viaggio che lo porterà all’arresto e alla morte. Lui è pronto, ma i suoi discepoli no. Sono ancora troppo attaccati ad un modo di pensare tradizionale e orgoglioso. Pensano ancora che restando con Gesù ne riceveranno gloria e potere. Annuncia loro che andranno a Gerusalemme e lì lui sarà ucciso, ma loro non capiscono cosa implichi; lo ripete una seconda volta e ancora non capiscono, una terza volta e non capiscono. Questo miracolo si pone esattamente tra il secondo e il terzo annuncio. Marco non spiega di cosa parlino Mosè ed Elia con Gesù, ma lo troviamo chiaramente spiegato nel vangelo di Luca: Mosè ed Elia parlano a Gesù della sua passione e morte. Pietro, Giacomo e Giovanni rappresentano le colonne del gruppo dei dodici. Al momento dell’arresto e della morte di Gesù toccherà a loro ricordare agli altri la divinità di Gesù e le sue promesse.

La fede dei dodici, e specialmente quella di Pietro, era ancora troppo legata e fedele alla tradizione ebraica fondata sulla legge a cui bisognava obbedire ciecamente, e sulle manifestazioni di forza di Dio attraverso i profeti. Ebbene sono proprio il datore della legge, Mosè, e il più rappresentativo dei profeti, Elia, che garantiscono che la via scelta da Gesù è quella giusta, quella voluta dal Padre. Dobbiamo  notare che la via scelta da Gesù, e per la quale sarà messo a morte, è andare chiaramente contro il modo tradizionale di vedere la legge, interpretandola attraverso il comandamento dell’amore. Gesù ci invita a scegliere la via della semplicità, dell’umiltà, della debolezza, non quella dell’obbedienza cieca. Gesù, inoltre, rigetta l’opzione militare violenta che i Giudei si attendevano dal Messia.

In questo periodo di quaresima siamo chiamati a purificare la nostra visione di Dio, la nostra visione della vita e degli avvenimenti che ci capitano, del nostro fine e del nostro progetto di vita.

Che tipo di Dio cerchiamo?

Qual è il nostro atteggiamento verso la fede, verso la pratica religiosa?

Che cosa ci aspettiamo di ottenere nel nostro essere buoni Cristiani?

Come accettiamo le sconfitte, le delusioni, le sofferenze?

Dopo aver visto Mosè ed Elia, Pietro dice: “è bello per noi stare qui”. Lui vorrebbe vivere una religione di comodità e di gloria. Gesù, invece, li fa scendere dalla montagna per continuare la loro missione di servizio alla gente e il loro cammino verso il Calvario e il sepolcro. Noi, verso dove camminiamo?

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