Tutto il creato geme: perché?
La sofferenza vista in una luce tutta particolare. (Rm 8,18-23)
Il Vangelo di oggi ci presenta una parabola molto conosciuta, quella del seminatore. È una parabola facile da capire, anche perché Gesù stesso ce la spiega subito dopo averla raccontata. Per questa ragione oggi preferisco parlarvi della seconda lettura.
Per chi volesse un commento alla parabola del seminatore può andare a questo link. https://orestereligiouslife.blogspot.com/2020/07/semina-e-raccolto-che-rapporto-ce.html
Nella seconda lettura abbiamo sentito un brano tratto dal capitolo 8 della lettera ai Romani. Io credo che questo capitolo rappresenti una delle vette più alte della teologia e della letteratura religiosa di tutti I tempi. La parte più famosa si trova alla fine del capitolo e la sentiremo solo fra qualche settimana: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” Ma per poter gustare la bellezza di questo capitolo, sarebbe utile che ve lo leggiate tutto insieme, così che non vi sfuggano tanti particolari importantissimi.
Nel capitolo 7 Paolo aveva parlato della miserabile condizione in cui si trova l’uomo quando si lascia guidare solo dai desideri della carne, senza fare spazio alla grazia di Dio. Alla fine del capitolo 7 il lettore si sente pieno di angoscia come se non ci fosse alcuna scappatoia alla nostra condanna, ma inaspettatamente con l’aprirsi del capitolo 8 c’è uno scoppio di gioia e di Speranza. “Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. … Ciò che era impossibile alla legge, Dio lo ha reso possibile mandando il suo Figlio in una carne simile a quella del peccato.” Per confermare questa sua frase, aggiunge: “Se veramente accettiamo di partecipare alle Sue sofferenze potremo partecipare alla Sua Gloria”.
A questo punto arriva il brano di oggi che affronta il tema della sofferenza. Il peccato e la nostra natura corrotta hanno causato, e continuano a causare danni all’intera creazione provocando il dolore, ma a questo, San Paolo dà tre risposte.
La natura, come fosse una persona, è sottomessa all’uomo dal momento della creazione, è distorta e soffre fin dall’inizio a causa del peccato dell’uomo, schiava dei suoi capricci, devastata, inquinata e resa sterile dall’ egoismo. L’uomo agisce come un dittatore, disprezzando il piano originale della creazione e spezzando l’armonia del creato. Ma, le sofferenze presenti sono solo temporanee e ciò che ci aspetta è la gioia eterna o come la chiama lui, la gloria futura.
Tutti, quindi, soffriamo a causa della nostra natura temporanea e contingente e del nostro peccato. Ma tutti abbiamo dentro di noi la vocazione all’eternità, alla perfezione e ad essa tendiamo. Noi ci circondiamo di cose contingenti, temporanee e ingannevoli. Cerchiamo in esse la felicità ma nessuna di esse può saziare il desiderio di eternità che è dentro di noi, per cui, anche se non ce ne accorgiamo, aspiriamo al momento in cui saremo liberati da questa caducità. Quindi le sofferenze di oggi non sono sofferenze di morte ma le doglie del parto, cioè una sofferenza che è destinate a generare una gioia più grande. San Paolo aggiunge: “Nella speranza siamo stati salvati”. La nostra felicità è possibile prima di tutto perché Dio stesso la vuole, secondo perché per realizzarla ha mandato a noi Gesù.
La seconda parte di questo capitolo la leggeremo nelle prossime due domeniche e ci fa capire quanto sicura e solida sia la gioia che ci attende se accettiamo il suo amore.