Semina e raccolto, che rapporto c'è?

La parabola del Regno: Il seminatore.

XV Domenica anno A

Oggi il compito dei predicatori è facilitato. Abbiamo sentito la parabola del seminatore. Una parabola semplice che usa immagini prese dalla vita quotidiana. Chi stava ascoltando Gesù comprendeva subito molto bene di cosa stava parlando, inoltre Gesù stesso spiega ai suoi discepoli il senso spirituale del suo insegnamento.

Nel capitolo 13 di Matteo abbiamo ben 7 parabole, tutte riferite al “Regno dei cieli”. Gesù usa delle immagini per trasmettere un messaggio che potesse essere chiaro per chi ascoltava, che, il più delle volte, si trattava di persone incolte o illetterate. In tutte le parabole, le immagini sono molto comuni, prese dal vissuto quotidiano di quella gente: agricoltura, pesca, commercio. Le immagini presentate potevano essere cose ovvie e quindi accettabili, oppure paradossali, che quindi fanno capire la differenza tra il modo di agire di Dio e quello nostro.

Ma se lo scopo della parabola è di rendere facile l’apprendimento da parte di chi ascolta, perché poi Gesù spiega la parabola, e, per di più dice: “Perché a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Pur vedendo non vedono e pur udendo non odono e non comprendono”? Questa è una frase enigmatica sulla quale sono state date varie interpretazioni. La più comune è che la gente che apre il cuore al messaggio di Gesù e lo fa suo, diventa  affine a tale messaggio e ogni cosa che sente da Lui lo arricchisce sempre più; chi invece ha chiuso il suo cuore a Gesù, si ritrova vuoto e ogni volta che sente un messaggio nuovo da Lui lo recepisce come ostile e quindi lo rifiuta. Allora la differenza non è nel chi dà, Dio, che dà abbondantemente a tutti, ma nel chi riceve, se sa essere accogliente o no.

Questa tesi sembra essere avvalorata dalla parabola stessa che, come dice Gesù stesso, ha come oggetto la Parola di Dio seminata da Dio nei nostri cuori. Allora la spiegazione più logica sarebbe: Nel regno di Dio avviene come per il contadino. Quando Dio decide di seminare la sua parola, essa cade abbondantemente su vari tipi di terreno e, secondo la caratteristica del terreno, produrrà più o meno frutto, o niente del tutto.

Qui si vede già un esempio di un’immagine paradossale. Era comune che i campi fossero preparati, arati; in mezzo ci sono dei sentieri dove la terra è battuta per evitare di camminare dove è stato seminato. I vari campi sono divisi tra loro da un muretto fatto di pietre che di solito erano state tolte dal terreno la prima volta che il campo era stato arato. Forse in qualche angolo dove non è facile arrivare con l’aratro o i buoi, la sterpaglia cresce e con essa crescono anche dei rovi.  La cosa paradossale è che il seminatore esperto sprechi tanto seme facendolo arrivare anche nelle parti che lui sa sono improduttive. Ebbene, la parabola pone l’accento su questa differenza per mandarci il messaggio che Dio non ragiona secondo la logica umana dell’investimento: ti do se tu mi restituisci, ma secondo la logica della gratuità. Dio è generoso con tutti e a tutti dà in abbondanza, tocca poi a noi ricevere o meno la sua parola e lasciarla fruttificare.  Un altro fatto paradossale di questa storia, che attira subito l’attenzione degli ascoltatori, è che nessuna spiga potrà mai contenere 60 o 100 grani, 30 è il massimo. Il fatto di aver esagerato, permette a Gesù di far capire alla gente che non sta dando una lezione di agricoltura, ma sta parlando di qualcosa più importante che riguarda Dio stesso e quindi va al di là di ogni limite umano. Il seme è la parola di Dio e noi siamo il campo. La parola di Dio è offerta a tutti ma il modo di accoglierla dipende da ciascuno di noi: che tipo di terreno siamo? Alcuni di noi sono come il terreno duro del sentiero, chiusi in noi stessi, nelle nostre idee. Non permettiamo alla parola di penetrare, di cambiarci. Veniamo alla messa, ascoltiamo il vangelo e quando usciamo, siamo subito impegnati in tutte le altre nostre attività cosicché neppure ricordiamo quello che abbiamo ascoltato. Il vangelo per noi è stato inutile. Altri, invece sono come i sassi, capaci di trasmettere calore, il calore dell’entusiasmo perché siamo persone con tante emozioni e quindi nel sentire il vangelo facciamo subito tanti propositi, immaginiamo subito di poter diventare eroi del vangelo. C’è entusiasmo ma non terreno per le radici perché non curiamo la nostra spiritualità, non ci fermiamo a pregare o a riflettere e l’entusiasmo si spegne presto come le emozioni che cambiano in fretta. Oggi siamo contenti, poi ci arrabbiamo, poi siamo stanchi, poi ci facciamo bloccare dalla paura e i nostri bei propositi sono subito bruciati, non producono frutto.

Il terzo gruppo è dato dalle persone problematiche, poco spazio alle emozioni, tutta testa e ragionamento e anche un po’ di pessimismo per cui nell’ascoltare il vangelo, non appena una buona idea si affaccia alla nostra mente, vediamo subito le 100 difficoltà, diciamo subito che noi non possiamo, che è troppo per noi, per cui, non facciamo nessun proposito perché sappiamo già in partenza che non li manterremo. Qui il vangelo non inizia neanche a crescere o rimane una pianticella piccola, debole, incapace di produrre frutto. Ultimo c’è invece chi si mette disponibile all’ascolto della parola, permette alle emozioni di entusiasmarlo ma si assicura che l’intelligenza gli permetta di fare progetti concreti, possibili. È desideroso di lasciarsi cambiare dalla parola di Dio, anche se sa che non sarà facile e alle volte lo farà soffrire. La gioia e il desiderio sono l’acqua per la sua crescita, la fiducia in Dio e la preghiera sono il cibo del suo nutrimento, la carità e l’impegno sono i frutti. Non importa quanto produrremo, poco o tanto sarà sempre comunque molto di più di quello che avremmo fatto da soli perché l’importante è riconoscere che è Dio che lavora, lui è il seminatore ma è anche colui che innaffia, che mette il concime, che tiene pulito il terreno, che miete a tempo opportuno. Dobbiamo far posto a Dio nella nostra vita, non dobbiamo permettere alle cose del mondo di soffocare la nostra fede, e neppure permettere che siano le nostre emozioni da sole a dettare le scelte della vita, altrimenti rischiamo di fare scelte sbagliate o scelte non durature. Fidiamoci di Dio che giorno per giorno ci proporrà delle occasioni di crescita, delle scelte da fare ma anche gli strumenti per scegliere bene e per essere fedeli fino in fondo. Curiamo la nostra fede con la preghiera e con l’ascolto e solo allora porteremo tanto frutto.

 

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