Portatori dell'immagine di Cristo al mondo

 

Giornata della vita consacrata, riflessione sul nostro impegno di vita.

Il vangelo di oggi ci presenta 4 persone da seguire:

  • Maria, la consacrata per eccellenza che vive solo in funzione della missione del figlio
  • Giuseppe anche vive la quotidianità in funzione del figlio. Entrambi lo fanno assieme, condividendo tutti i momenti, una vera vita comunitaria.
  • Simeone, persona normale ma che è vissuto in unione mistica con Dio col desiderio di vedere il Messia e nella sua preghiera ha avuto la certezza che il Signore gli avrebbe dato questa grazia. Potrebbe essere membro di un istituto secolare.
  • Anna, da quando è diventata vedova all’età di circa vent’anni ha vissuto solo nel tempio al servizio di Dio, una vera suora.

Cosa c’è che li rende speciali per noi oggi? La capacità di mettere Dio al centro del loro interesse e della loro vita. Non importa cosa fanno ma tutto è orientato là.

Non si dice se la loro vita sia stata bella o brutta, facile o difficile. Di sicuro Anna, se è rimasta vedova a vent’anni e ora ne ha 84, deve aver affrontato molte difficoltà. Di Maria e Giuseppe le difficoltà le conosciamo dai vangeli. Tutto questo non cambia niente nella loro donazione e fedeltà, anzi li rafforza.

Mi ricordo il giorno della mia professione (ad aprile saranno 40 anni), quanto felice ed entusiasta ero. Poi l’entusiasmo si è smorzato un po’, ma non l’impegno. Le vicende si sono susseguite, belle e brutte, facili e difficili. Mi è capitato qualche volta di trovarmi in difficoltà; alcune volte sono state difficoltà vocazionali; Io ho avuto una grossa crisi vocazionale prima della professione perpetua che poi ho saputo risolvere. Altre volte si è trattato invece di crisi relazionali o di lavoro, cioè il non trovarmi bene nel lavoro che stavo facendo, nella comunità in cui mi trovavo, o con i confratelli con cui lavoravo. Non nego che in momenti del genere, la testa va in confusione e mille soluzioni vengono alla mente, non esattamente giuste. Cosa mi ha aiutato in quelle situazioni? Una frase che io ho detto quando ho fatto la prima professione; l'ho ripetuta quando ho fatto la professione perpetua, quando ho preso il diaconato, e quando sono diventato sacerdote. Questa frase è «Eccomi». Anche voi avete detto, o direte, questa frase il giorno della prima professione. Il diacono vi chiama: “Si presentino coloro che voglio emettere la prima professione …” e voi rispondete «Eccomi», facendo un passo per passare dal vostro posto tra la gente, al centro, davanti all’altare del Signore. Sembrava una frase di rito, detta perché la liturgia lo prevede, eppure sono sicuro che nel vostro cuore non lo era. Sono sicuro che nel vostro cuore pensavate: "Sono qui perché voglio prendermi questo impegno e lo voglio prendere solennemente perché veramente è la cosa che desidero più di tutte".

Questo pensiero mi ha aiutato perché nei momenti di difficoltà la soluzione non è stata dire: "Aspettiamo che le cause della difficoltà passino, aspettiamo che il confratello che mi dà fastidio cambi, aspettiamo che i superiori mi spostino ad un'altra comunità, aspettiamo che la situazione politica economica si risolva", no! L'idea è stata: se il Signore mi ha chiamato, Lui è fedele e la sua chiamata rimane vera anche ora, e quindi io devo rispondere con coerenza. La pace interiore, la gioia, la soddisfazione, non le troverò se le condizioni esterne cambiano, ma se io rimango fedele alle cose che ho scelto per Dio. 

Abbiamo fatto una scelta coraggiosa. Quello che abbiamo promesso attraverso i 3 voti non è una cosa normale per la gente comune. Io l'ho studiata per anni, ho fatto il noviziato, in tutti i miei anni di vita religiosa, queste cose, le ho sentite tante volte e le ho anche spiegate ad altri, ne ho parlato o predicato. La domanda vera è: "le ho vissute?".

Simeone ha parlato chiaramente a Maria. “Quello che tu stai facendo è una cosa bellissima perché colui che stai mostrando al mondo è il vero volto di Dio, ma non sarà facile, arriverà un momento che una spada ti trafiggerà il cuore”. Sappiamo che Maria ha vissuto momenti difficili come il dover fuggire dal re in terra straniera per proteggerlo, il perderlo a 12 anni e quando lo hanno ritrovato nel tempio sentirsi dire “non sapete che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Ma pensate anche alla morte di Giuseppe, la partenza di Gesù da casa, il sapere che la gente del suo villaggio lo ha rigettato e quasi ucciso, e poi la settimana santa vissuta assieme a Gerusalemme quando suo figlio è catturato e messo a morte. In tutti quei momenti Maria rimane fedele.

Noi siamo chiamati a portare Cristo alla gente. La nostra professione religiosa, i nostri voti, se vissuti con coraggio e fedeltà, sono il modo scelto da Dio per mostrare al mondo il volto del suo figlio, lo stile della sua vita, la pratica del suo insegnamento. Non è facile perché il mondo non è ancora pronto ad accettare la provocazione di tale messaggio e quindi ci combatte. D’altronde hanno combattuto ed ucciso anche Gesù, perché dovremmo aspettarci di essere trattati meglio? Ricordo l’omelia di un Vescovo che iniziò così: spesso mi chiedo cosa sto sbagliando. Di sicuro sto facendo qualcosa di sbagliato perché quando Gesù ha parlato lo hanno rigettato, preso e messo a morte, a me, invece, quando vado in giro fanno festa e mi danno il caffè. Di sicuro ci deve essere qualcosa di sbagliato nel mio modo di predicare.

Chiaramente, se quello che predico, quello che vivo, e quello in cui credo, sono diversi tra di loro, in me non c'è pace. Nella nostra vita, anche dopo la professione, giocano un ruolo importante molti elementi umani, perché il diventare religiosi, e anche l'essere consacrati come preti, non tolgono nulla al nostro essere umani, non diminuiscono le passioni, i desideri, le debolezze. Oserei dire: "per fortuna", perché se no non sarei capace di amare. Però la cosa più importante nella vita spirituale, non sono le vittorie ottenute, le cose belle fatte, ma la capacità di amare, di sentire Dio vicino, di sentire Dio importante, anche se lo faccio da un punto molto basso a causa dei miei errori e dei miei desideri sbagliati. Se c'è questo desiderio espresso con verità, io trovo la pace anche quando le cose esterne non vanno bene, ma se vivo una contraddizione tra quello che so, la verità della mia consacrazione, e quello che in pratica vivo, allora non ci sarà pace neanche se tutte le cose esterne vanno bene.

Una delle cose che chiedo sempre ai miei novizi all’inizio è: perché sei entrato in seminario? Sento delle risposte bellissime: per servire i poveri per predicare il Vangelo, per essere di aiuto alla gente, ecc. Io, li scandalizzo subito dicendo: cose belle e sufficienti per entrare, ma non sono più sufficienti per rimanere e continuare il cammino. Non sono più sufficienti perché ogni volta che qualcosa va male, oppure non potete fare quello che vi siete proposte, o qualcuno vi cambia i piani, allora andate in crisi. Siamo esseri umani, abbiamo bisogno di soddisfazioni, di sentirci considerati, ma la vita del religioso non può essere semplice e piana. Allora c’è chi cerca soddisfazione nelle cose materiali e tradisce il voto di povertà, o in amicizie esterne sbagliate e tradisce il voto di castità, o nell’impuntarsi a fare di testa propria senza dipendere dalle scelte della comunità e allora tradisce il voto di obbedienza. Poi ci accorgiamo che c’è qualcosa che non va e ci chiediamo cosa c’è di sbagliato negli altri che non mi comprendono. Qualcuno ha il coraggio di dire: “Cosa c’è di sbagliato in me” e allora si scoraggia e molla tutto e torna a casa.

Dicevo che la motivazione per restare non bastava più. Allora quale è la motivazione giusta? Quella che ha spinto Maria, Giuseppe, Simeone ed Anna a rimanere fedeli: hanno messo Dio al centro di tutte le loro attività e interessi e hanno creduto nella sua presenza salvifica, nella sua fedeltà alla promessa. Noi crediamo che il giorno della professione abbiamo promesso a Dio di essere fedeli, ma ci sbagliamo, è Dio che promette a noi di essere fedele nell’accompagnarci e nel sostenerci. Dio è fedele e non ci ha abbandonato in nessuno dei momenti della nostra vita, neppure i più oscuri o i più dolorosi, e solo se noi siamo innamorati di Lui e abbiamo il coraggio di aggrapparci a lui troveremo la felicità, la soddisfazione per quello che facciamo e anche la forza di superare le difficoltà.

Bene! Detto questo, se avete ancora il coraggio di rinnovare i voti, fatevi avanti.

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