Paraclito, chi era costui?
Chi è e che fa? (Gv 14, 15-16.23b-26)
Il Vangelo che abbiamo ascoltato oggi è lo stesso che abbiamo ascoltato due domeniche fa. La liturgia ce lo ripropone perché esso ci può dare una chiave di interpretazione della festa di oggi. La festa di Pentecoste è una festa incentrata sulla figura dello Spirito Santo, una figura che per molti cristiani rimane ancora misteriosa.
Noi siamo abituati a trattare con Gesù Cristo pensando a tutte le cose che, come persona ben concreta, ha fatto e detto 2000 anni fa. Naturalmente sono cose che valgono ancora e ci illuminano, ma sono pur sempre di 2000 anni fa. Crediamo nella presenza di Gesù nell'Eucaristia, siamo convinti che andandolo a ricevere, Gesù entra veramente in noi, come aveva promesso “Io sarò con voi fino alla fine del mondo”, però rimane sempre il fatto che nella vita concreta, troppo spesso, non ci rendiamo conto di questa presenza.
Gesù oggi ci dice una cosa importante: “(Il Padre) vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre”. Parla dello Spirito Santo. Celebrare lo Spirito Santo, non vuol dire celebrare un avvenimento di 2000 anni fa, ma celebrare “l’oggi” perché Gesù fa questa promessa a tutti i cristiani, e quindi a tutti noi. Sappiamo che abbiamo ricevuto lo Spirito Santo nel battesimo e nella cresima, ma dobbiamo imparare a sentire la sua presenza e la sua azione in noi.
Chi è questo Spirito Santo? Come entra in noi? Di sicuro non attraverso un rito meccanico o magico. Per comprendere chi è lo Spirito Santo, parto dalla prima frase del Vangelo di oggi: “ Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. Due domeniche fa, commentando la stessa frase, avevo spiegato che Gesù mette le parole in questo ordine per un preciso scopo. Lui non parte dalle regole chiedendoci di seguirle come prova del nostro amore. Lui parte dall'amore, perché Lui è amore perché vuole che noi condividiamo la natura del suo amore. L'osservanza dei comandamenti deve scaturire dal nostro cuore in modo naturale, proprio come frutto dell'amore e non frutto di uno sforzo umano o di un atto di obbedienza che spesso saprebbe di paura, di timore, o di compravendita di favori. Troppo spesso molti cristiani, vivono la religione con paura e la seguono solo come strumento per comprarsi il paradiso.
Inoltre, Gesù ha detto “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”, quindi il comandamento che dobbiamo osservare è quello dell’Amore. Ma amare nel modo giusto non è facile, ecco perché Gesù promette lo Spirito Santo collegandolo all'amore, come se lo Spirito Santo fosse il frutto del nostro rapporto di amore con Gesù.
I dottori della Chiesa, chiamano lo Spirito Santo “Il legame di amore tra il Padre e il Figlio”. Lo Spirito Santo è per natura sua amore, perché è Dio e perché è proprio il frutto di questo Amore tra Padre e Figlio. Ne deriva che esso è anche il frutto dell'amore che Dio ha verso di noi. Proprio perché Dio ci ama, ci dà parte del suo Amore, che è lo Spirito Santo. Sappiamo poi che l’amore è sempre efficace, agisce, non sta fermo, e quindi dentro di noi produce tutte quelle cose che sono tipiche dell'amore. Ogni volta che riusciamo ad andare incontro a un fratello, ad accoglierlo, ad avere Misericordia, compassione, è lo Spirito Santo che agisce in noi.
A catechismo ci hanno insegnato i sette Doni dello Spirito Santo; non so se ve li ricordate, se no, andateveli a rivedere. San Paolo, nelle sue lettere, ha delle pagine bellissime sull’azione dello Spirito Santo. Mi riferisco prima di tutto alla lettera ai Galati dove troviamo l’elenco dei frutti della carne e dei frutti dello Spirito, cioè di come agisce un uomo quando vuol fare di testa sua o quando permette allo Spirito di guidarlo. C’è poi la lettera ai Romani da cui è presa la seconda lettura che abbiamo sentito oggi. In essa San Paolo riprende la tematica affrontata nella lettera ai Galati e la presenta in modo più sistematico. Nel Capitolo 7 descrive bene la realtà dell’uomo che vive senza Dio. Ne riporto solo una frase: “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto … Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” Sono frasi molto forti e pessimiste che sembrano scaturire da un cuore disperato e invece sono la preparazione al salto della fede, della gioia, della soluzione di tutti i problemi. Questo è presentato nel capitolo 8. Quello che San Paolo cerca di farci capire è che se noi, nella nostra vita ci sforziamo a vivere secondo i nostri progetti, per quanto buoni siano, ma non facciamo posto allo Spirito Santo, prima o poi si fanno largo le necessità tipiche della natura umana: desiderio di successo, di comodità, egoismo, bisogno di sentirsi compresi, accettati. Quindi, l'agire solo umano, non porterà mai pienezza di vita, gioia, perché in esso manca la cosa più importante che è già in noi, anche se non ce ne accorgiamo e spesso la neghiamo, che è la parte spirituale. Essa si chiama spirituale proprio perché è “informata” dallo Spirito, cioè prende forma quando lasciamo lavorare lo Spirito. Egli ci mette in comunicazione con Dio, ci aiuta a comprendere le cose come le ha vissute e spiegate Gesù. Infine ci dà la forza di metterle in pratica.
Quindi, la festa di oggi, non è una festa messa lì a caso, tanto per far festa anche alla terza persona della Trinità, ma è il vero completamento di tutto il mistero della vita di Gesù. La sua morte e resurrezione ci hanno provato l’amore ed ora lo Spirito Santo ci permette di farlo diventare vita nostra. Egli è l'accompagnatore, l'istruttore, il difensore, colui che ci suggerisce le cose, colui che ci fa comprendere le cose, colui che ci dà la forza di portare avanti la nostra missione.
Il nostro impegno oggi è quello di affrontare ogni piccola azione pensando tra di noi: Spirito Santo, aiutami a farla con Amore.