Ora tocca a noi
Gesù parte: mò, che facciamo? (Lc 24,46-53)
La festa che celebriamo oggi è una delle più difficili da comprendere. Si può correre il rischio di fermarsi ai semplici fatti, cioè dire che dopo essere risorto Gesù ha compiuto la sua missione, per cui è tornato in cielo e ha lasciato spazio allo Spirito Santo che sarebbe arrivato qualche giorno dopo. Questo approccio non ci insegna niente di nuovo e non ci ispira ad alcuna conversione. Inoltre, se si leggono i fatti alla lettera come sono descritti nei Vangeli e nel libro degli Atti degli Apostoli, troviamo delle incongruenze, almeno riguardo ai luoghi e ai tempi in cui essi sono accaduti.
Un altro approccio potrebbe essere quello di ricercare il significato teologico di tale avvenimento, ma c'è il rischio di impelagarsi in discussioni dogmatiche profonde che per la nostra crescita spirituale non aiuterebbe, se non altro per la difficoltà di tutti gli aspetti implicati.
Cerchiamo, allora, di analizzare semplicemente il testo che ci viene presentato per vedere cosa ci dice. La prima cosa che possiamo subito notare è che Gesù, dopo un periodo più o meno lungo di presenza tra i suoi come risorto, sente la necessità di partire definitivamente dalla loro presenza. Questo non vuol dire che non sarà più con loro, anzi, proprio in questo brano c’è scritto che “Gesù in persona stette in mezzo a loro”. Non c’è scritto che apparve e poi scomparve, ma “stette”. Però ora la sua presenza non si appoggia più ai loro sensi umani; non potranno più vederlo, ascoltarlo, e nemmeno attendere che sia Lui a prendere verbalmente tutte le decisioni sul da fare. In poche parole Gesù, sapendo che è venuta l’ora di lanciare l’espansione del suo messaggio a tutto il mondo, sente il bisogno di responsabilizzare gli Apostoli. Di fatto, il centro del messaggio che Lui lascia agli Apostoli nel momento in cui parte è: “Nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni”. La responsabilità della Chiesa, delle sue attività, della sua espansione e del suo lavoro apostolico, ora è nelle mani dei discepoli e di coloro che li seguiranno, ed eventualmente ne prenderanno il posto. Quindi, il primo insegnamento per noi è questo: Gesù ci ha insegnato tutto, ci ha detto tutto, ci ha lasciato un esempio da seguire, ma ora tocca a noi incarnare questi insegnamenti e tradurli in opere concrete perché il mondo venga a conoscere l'azione di Dio. Le scelte concrete da fare ora toccano a noi.
Guardando poi più direttamente al testo, vediamo che Luca ambienta questo fatto durante la sera di Pasqua. Colpisce la reazione dei discepoli che “erano sconvolti credendo che si trattasse di un fantasma”. Luca sottolinea questo fatto per farci capire che Gesù non è un fantasma, non è un morto che appare, ma una persona concreta con un corpo risorto. È sempre difficile raccontare esperienze così forti, tradurre in immagini l’esperienza reale che si ha col risorto, specialmente i dubbi, le questioni irrisolte, il senso di disagio e di inadeguatezza di fronte ad una cosa così grande.
Gesù dice loro: “Perché sorgono dubbi nel vostro cuore?” Secondo la narrazione di Luca, questa è la prima volta che Gesù appare ai dodici personalmente. Durante i tre anni della vita pubblica di Gesù, essi si erano creati delle aspettative di grandezza; con la sua morte queste erano cadute, il Messia era uno sconfitto, Dio non lo aveva protetto e lo aveva lasciato nelle mani degli empi. Egli diceva di essere il Figlio di Dio, ma non il Dio Altissimo che con la mano potente vendica, ma un Dio che si è abbassato a fare lo schiavo, che è solo amore. Allora al momento della sua morte c’era stata la tentazione forte di dimenticare tutto e di tornare alla normalità della vita che avevano condotto prima dell’incontro con Lui. Ora che Lui si presenta nuovamente vivo, tutta la discussione si riapre nella loro mente e sono disorientati. Io credo che il turbamento principale di cui parla Luca sia dovuto proprio a questo smarrimento.
Gesù li istruisce ancora una volta servendosi delle Scritture. Lo aveva appena fatto con i due discepoli di Emmaus. Non si dice esattamente a quali versetti faccia riferimento, ma, ogni volta che vogliamo comprendere bene fatti riguardanti la Fede, dobbiamo rivolgerci alla Parola di Dio, non a indagini solo umane.
Dopo questo Gesù dà l’incarico agli Apostoli di annunciare a tutti la conversione per il perdono dei peccati. Attenzione alla traduzione che, a mio parere non è ben fatta. La traduzione esatta non è: la conversione e il perdono, ma la conversione “per” il perdono. Il peccato è camminare in una direzione sbagliata e abbiamo bisogno di fare un’inversione di marcia. Per cambiare la direzione devo lasciar operare Dio. È solo quando mi rendo conto di essere fuori strada e sono attratto da Gesù che trovo la forza e le motivazioni per cambiare la vita. Il pentimento per tutti gli errori fatti viene allora spontaneo. Noi pensiamo che prima uno debba pentirsi e poi può cambiare vita, ma così facendo si lascia tutto nelle mani dell’uomo. Su cosa l’uomo baserà il suo pentimento? Sul suo fallimento? Sul suo dolore? Il mondo di oggi è pieno di psicotici e depressi che di fronte al fallimento non si convertono ma si chiudono nell’angoscia. Quando invece faccio l’esperienza di Dio, del suo amore, quando capisco il vero senso della vita, allora mi viene la voglia di abbracciare questa nuova realtà e quindi mi pento del tempo che ho perso, degli sbagli che ho fatto. Il cambiamento, la conversione nasce dall’incontro e non viceversa. Noi Cristiani dobbiamo parlare di più di questo nuovo volto di Dio, non del peccato; solo allora il nostro messaggio sarà attraente.
“Di questo voi siete testimoni”. Un testimone credibile è uno che ha fatto l’esperienza di ciò di cui parla. Se noi ci lasciamo guidare dallo Spirito che Dio ci ha dato, troviamo la forza e la capacità di vivere come ha vissuto Gesù, amando tutti anche i nemici.
“Poi li condusse fuori verso Betània”. Perché non è asceso dal Cenacolo, ma li porta fuori dalla città? Il verbo “li condusse fuori” è lo stesso verbo usato per dire che Dio ha condotto il popolo di Israele fuori dalla schiavitù in Egitto, verso gli spazi ampli della libertà e la terra promessa. Gerusalemme è ora diventata il centro di una religione che non libera le persone, non offre la vera immagine di Dio, ma rende gli uomini schiavi del ritualismo, delle regole meccaniche e della paura della punizione di Dio. Il risorto conduce i suoi discepoli fuori da questa religione sbagliata. Li conduce a Betania, il luogo dell’amicizia. Betania era il villaggio degli amici di Gesù, Lazzaro e le sue sorelle, la loro è la casa dove tutti sono amici, fratelli, la casa del profumo dell’amore (Nardo) che Maria aveva sparso sui piedi di Gesù pochi giorni prima della sua cattura. Troppo spesso noi restiamo avvinghiati alle nostre paure, ai nostri risentimenti, al nostro orgoglio ferito e non riusciamo a fare posto al messaggio di Gesù. Con la mente accettiamo quanto Egli ci dice, con la bocca promettiamo di viverlo, ma poi, al momento dei fatti, non riusciamo a seguire i nostri propositi perché il nostro cuore è prigioniero. La presa di responsabilità, cioè il prendere una decisione forte a favore di Gesù, richiede che abbiamo il coraggio di lasciarci portare fuori dalle mura strette dei nostri sentimenti e allarghiamo il cuore agli orizzonti vasti che lo Spirito ci indicherà.
“Alzate le mani, li benedisse”. Le mani sono il simbolo di ciò che facciamo. Le mani di Gesù sono mani che hanno sempre benedetto e operato il bene, sono le mani trafitte dai chiodi. Lui le mostra e benedice. È il tipico gesto sacerdotale. Il vangelo era iniziato con una benedizione, quella che Zaccaria non riusciva a pronunciare perché era diventato muto, e si chiude con quella di Gesù che negli Apostoli diventa realtà per tutto il mondo.
In conclusione, noi tutti vogliamo diventare Cristiani sempre migliori e più convinti. Il messaggio che oggi Gesù ci dà è lo stesso di Pasqua, cioè che in Gesù Risorto abbiamo tutte le possibilità per fare tale cambiamento, però oggi dice chiaro: Forza mettetevi in movimento, datevi da fare, perché quello che io dovevo fare l’ho già fatto, ora tocca a voi.