Hai messo il dito nella piaga?
Domenica della Divina Misericordia Gv 20,19-31
Il celebre filosofo Wittgenstein spiegava ai suoi allievi: “Qual è il compito della filosofia? Indicare alla mosca la via d’uscita dalla bottiglia”. Molto spesso noi ci troviamo in situazioni simili a quella della mosca, ci troviamo imprigionati da cose, situazioni ed emozioni che non comprendiamo bene, ma che ci impediscono di agire. Magari ci troviamo lì perché ci aveva attratti un po’ di dolce, qualcosa dal buon profumo, ma ora non riusciamo più ad uscirne. Attraverso il vetro vediamo la realtà esterna, la libertà, e ci gettiamo verso di essa, ma finiamo solo per sbattere la testa contro il vetro. Chi ci può indicare la via corretta per uscire dai legami della fragilità tipici della nostra natura umana? Il Risorto.
Nel vangelo di oggi vediamo che anche i discepoli hanno vissuto questa esperienza quando, dopo la morte di Gesù, sono rimasti chiusi dentro il Cenacolo e non sapevano più come uscirne. Il brano letto ci dice che è già sera, quindi i presenti hanno già sentito cosa hanno detto le donne e hanno già visto la tomba vuota, eppure tengono le porte della casa, chiuse per timore. Il Cenacolo è diventato il rovescio del sepolcro. Se il sepolcro è aperto, e da luogo di morte è diventato luogo di vita, il Cenacolo è chiuso e da luogo in cui Gesù ha offerto la sua vita, è trasformato in luogo di morte.
Noi, perché spesso ci chiudiamo dentro situazioni difficili o ambigue, o semplicemente dentro il nostro io? Forse come i discepoli abbiamo paura, paura di essere giudicati, paura di fallire, paura di rimanere delusi. Altre volte, quello che ci tiene chiusi dentro è il rancore, la rabbia, a volte persino l’odio.
Gesù non si rassegna davanti alle porte chiuse, neanche quelle del nostro cuore riescono a tenerlo lontano da noi perché Lui è morto proprio per liberarci dalle nostre limitazioni. Quella sera “Gesù viene e sta in mezzo a loro”. Il testo non dice che “Gesù appare, si fa vedere e scompare”. No! La sua è una presenza che rimane nella comunità dei discepoli, questo cambia tutto. Se Gesù è tra noi come presenza stabile, la prima conseguenza logica è: “Pace a voi”. Gesù ci dà la capacità di ricostruire in noi quella serenità che tanto desideriamo. Come segno mostra le sue mani; perché? Le mani indicano le opere che uno compie. Spesso usiamo le mani in senso minaccioso; in Italiano si dice: cadere nelle mani di…, non sfuggirai alle mani di… . Ma per Gesù si parla sempre dei prodigi compiuti dalle sue mani; altre volte vediamo Gesù che prende i bambini tra le sue mani o li accarezza, li benedice; le sue mani lavano i piedi ai discepoli. Le mani di Gesù rappresentano il servizio, il dono d’amore. La via per la vera pace, la via per uscire dalla bottiglia, dice Gesù, è la pratica dell’amore e del perdono. “A coloro a cui rimetterete i peccati saranno perdonati”. Solo il perdono riporta la pace nel cuore. Il perdono è come un soffio: lascia andare, non trattiene. Le porte del Cenacolo si possono aprire solo se i discepoli sono capaci di perdonare. Il perdono apre, lascia andare, libera il cuore; la rabbia e il rancore trasformano il cuore in un sepolcro, il perdono lo fa rivivere.
Quella sera mancava Tommaso. Sembra che non abbia paura e si sia allontanato momentaneamente in cerca di risposte ai suoi dubbi. Anche a Lui, come agli altri, manca la pace, ma il suo problema è che, forse, è un po’ troppo indipendente, ha bisogno delle “sue” soluzioni, delle “sue” risposte; la mediocrità dei suoi compagni non lo soddisfa, infatti loro gli raccontano della visita del Risorto, gli riferiscono le Sue parole, il Suo invito ad andare a testimoniarlo, eppure, nonostante questa esperienza forte, dopo sette giorni sono ancora lì e le porte del Cenacolo continuano a essere chiuse. Tommaso dubita perché non ha visto, ma anche i discepoli che hanno visto continuano a dubitare. Anche noi, nonostante che abbiamo celebrato la Pasqua decine di volte, nonostante le molte esperienze di grazia che attraversano la nostra vita, spesso ci troviamo con il cuore congelato e al momento della prova continuiamo a dubitare.
Tommaso pensa che la soluzione sia di mettere il dito nella piaga, proprio come noi, quando non riusciamo a trovare altro modo di affrontare le situazioni dolorose, non facciamo altro che continuare a raccontarci ciò che è successo, rimuginare sul passato, sui torti ricevuti, sugli errori fatti, sui nostri fallimenti: proviamo un certo gusto a tornare sulle tristezze della nostra vita. Non per niente Tommaso è detto Didimo, ovvero “gemello”. Sì, Tommaso ci somiglia, è il nostro gemello, perché come lui, anche noi amiamo mettere il dito nella piaga. Ma Didimo vuol dire anche “doppio”, e anche in questo Tommaso ci somiglia. Tommaso è doppio perché un po’ crede e un po’ dubita, ma anche perché un po’ sta dentro la comunità e un po’ se ne va. È doppio come noi, perché anche la nostra vita spirituale è fatta di fiducia e di incertezza, di appartenenza e di solitudine.
Ma nonostante la nostra incredulità, nonostante la nostra rabbia, il nostro rancore, il Risorto torna ad attraversare la nostre porte chiuse e ci spinge ad andare fuori, ad aprire le porte, affinché possiamo uscire dalla nostra bottiglia e tornare a respirare la gioia della Pasqua. A Tommaso, dice: “Metti pure la mano nella piaga”, richiama pure tutte le tue infermità, debolezze, tradimenti, ma non da incredulo, non per rafforzare i tuoi sensi di colpa, ma per fare l’esperienza di quanto sia vero il mio perdono.
Facciamo attenzione a una cosa: la pace che Gesù offre agli apostoli non corrisponde alla soluzione dei problemi, non corrisponde nemmeno a un cambiamento di fede, è un dono di Cristo che deve essere accettato per quello che è. Ciò che ci fa sentire tranquilli, soddisfatti, sereni, non è la soluzione fisica, umana dei nostri problemi, ma la coscienza che Gesù è lì con noi e li affronta assieme a noi.
Oggi è la domenica della Misericordia e questo è il punto centrale: Gesù non pretende che noi non pecchiamo, che noi non abbiamo paura, Lui chiede solo di accettare il suo amore, di fidarsi della sua forza, di mettere Lui al centro, invece delle nostre emozioni o desideri.
Lui ci ama e ci sceglie nonostante le nostre debolezze e i nostri peccati, anzi ci sceglie proprio per la nostra debolezza, come dirà a San Paolo: “Perché nella tua debolezza posso mostrare la mia forza”.
Quali sono le situazioni in cui ti senti intrappolato?
Che soluzioni, opportunità ti sta presentando Dio?