I primi discepoli e la pesca miracolosa



Lc 5 1,12 la chiamata dei primi apostoli e la pesca miracolosa.
Quella di oggi è una scena molto complessa. Prima di leggerla dobbiamo fare attenzione ad alcune cose che ci aiutino a capire i punti: la contrapposizione tra incapacità e successo, fra rotto e funzionante,  fra due e uno, fra peccatore e apostolo, fra pescatore di pesci e peccatore di uomini.
Permettetemi una lettura orionina di questo brano.
La folla ha sete di Cristo ma è talmente confusa che spesso non lo vede più, allora Gesù, per farsi vedere, entra nella barca di Pietro.  C’erano due barche, poteva sceglierne una qualsiasi, sceglie quella di Pietro. Se vi ricordate, il Vangelo di Giovanni ci dice che Gesù aveva già incontrato Pietro in riva al Giordano quando Giovanni e Andrea glielo avevano presentato  e Gesù gli aveva cambiato il nome, e poi era andato a casa sua e ne aveva curato la suocera.  Quella esperienza di sicuro gli era rimasta nel cuore,  ma stasera Pietro era stanco e sfiduciato,  si sentiva fallito perché non aveva pescato nulla ed inoltre le sue reti erano rotte. Gesù sceglie proprio questo Pietro per aiutarlo ad annunciare. Come? Chiedendogli di salire sulla sua barca. Questa è una posizione poco pratica e scomoda quindi più che una soluzione è una simbologia. Varie volte, nel vangelo, incontriamo questa barca: la tempesta sedata, il camminare sulle acque, come luogo da dove parlare alla folla, la pesca miracolosa qui e dopo la resurrezione; in tutte queste scene essa rappresenta sempre la Chiesa con il suo pastore, Pietro, il Papa. Il suo compito è quello di far entrare Cristo nella Chiesa e lasciarlo parlare.
La  scena accade in un giorno lavorativo, non al sabato o nella sinagoga. Dio si fa presente e agisce nella quotidianità della gente e parla nella loto vita  della loro vita.
Però la parola non basta, bisogna aprire gli orizzonti, andare al largo, senza paura. Gesù, un falegname, insegna a Pietro, pescatore di professione, a pescare, e Pietro con umiltà accetta perché quella notte non aveva preso nulla. Andare a pescare di giorno è un contro senso e se la cosa fosse andata male Pietro si sarebbe sottoposto al ridicolo di tutti gli altri suoi colleghi.
È interessante il fatto che Gesù aveva detto a Pietro (singolare) di andare al largo, ma poi dice al plurale: “gettate le reti”. È tutta la comunità cristiana che è invitata a gettare le reti. Pietro accetta iil rischio perché ha già fatto l’esperienza del potere e dell’amore di Gesù. Con la sua adesione a Gesù Pietro e chi è con lui diventa efficace di nuovo, nonostante che le reti siano ancora rotte.
La pesca è abbondante, e ora ricompare anche la seconda barca. Con la guida di Pietro tutti sono coinvolti nella pesca del mondo intero. Queste barche, la Chiesa di Pietro e le altre, sembra che stiano per affondare ma restano a galla. Umanamente parlando non c’è niente nella Chiesa che garantisca successo o sicurezza,  ma quando si è al servizio di Dio si sta a galla.
Di fronte ai miracoli di Gesù, al come riesce a fare grandi cose con la nostra debolezza, non si deve crescere in orgoglio ma in umiltà. Ce lo dice Pietro con le sue parole: “Allontanati da me che sono peccatore”. Mi piacciono le preghiere di Pietro, sono semplici e dirette e tutte fatte in momenti particolari.  Ne abbiamo una qui, una quando sta per affondare, una quando piange dopo averlo tradito, una quando dice di volerlo difendere. Gesù  ha scelto una persona che si sente incapace e peccatore e lo ha messo a guidare la sua Chiesa: Gesù guarda alla sua generosità, la sua sincerità, il suo desiderio di seguirlo. Qui non sta dicendo di aver fatto qualcosa di male ma di riconoscere la sua indegnità di fronte alla grandezza di Dio. Ci ricorda le parole di Isaia al momento della sua chiamata.
“Tu non sei un peccatore, tu sei il mio prescelto e io ti faccio nuovo, cioè rimani con lo stesso lavoro ma io ti do un obiettivo nuovo”; e lo fa diventare pescatore di uomini.
Che immagine strana: “pescatori di uomini”. Il pesce vive bene in mare e se lo tiri fuori muore, ma l’uomo se rimane in acqua muore e se lo tiri fuori vive. Ecco la nuova missione degli apostoli, togliere gli uomini dal mare del male, della confusione, della religione sbagliata per permettergli di vivere in comunione con Dio. Questo è anche il nostro compito di discepoli di Gesù.
“E loro lasciate le reti lo seguirono”. Lasciano indietro le loro cose, il loro modo di agire, ciò che dava sicurezza alla loro vita e seguono Gesù in questa nuova avventura che li porterà alla conquista del mondo.
Noi siamo figli di questi umili pescatori e come loro avremo successo nella vita se resteremo nella barca di Pietro e con lui getteremo le reti al largo.
Purtroppo, noi cristiani, cadiamo spesso in una tentazione: quella dell’intellettualismo.
L'intellettualismo è ciò che ci impedisce di essere intelligenti. L'intellettuale, cioè colui che prima di agire vuole conoscere e calcolare tutto, lavora con le sue idee e queste spesso lo isolano dalla realtà, dalle cose, e gli impediscono i contatti. Pietro l'ha imparato a sue spese. La miglior preparazione al suo apostolato, alla sua dignità di Capo supremo della Chiesa, è stata la rivelazione della sua totale incapacità, della sua radicale debolezza. Proprio nel suo lavoro, nel suo campo (la pesca) Gesù l'ha annientato, gli ha fatto vedere che dove credeva di valere qualcosa non valeva nulla. Sono troppi quelli che dicono: “Col tale non c'è nulla da fare”, o peggio, “con me non c'è nulla da fare”. E' lì che dobbiamo gettare ancora una volta le reti, non perché abbiamo fiducia in noi stessi ma perché abbiamo fiducia in Gesù.

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