La pagliuzza e la trave
Nelle
domeniche scorse abbiamo visto come deve essere il vero discepolo, cioè chi fa
la scelta giusta. Quali scelte? Farsi poveri per seguire Cristo, amare il
fratello e amare in modo incondizionato, quindi anche i nemici, e accettare le
conseguenze di tali scelte. Siete beati perché provate la stessa passione del
Padre per ogni uomo.
La
domanda è: tutti quelli che si dicono discepoli, vivono davvero così? Chi non
lo fa è perché si è lasciato attirare da qualche falso valore. Gesù nel vangelo
di oggi ci dice quali sono i pericoli in cui possiamo facilmente cadere anche
noi.
1-
Un cieco non può far da guida a un altro cieco. Nel Vangelo ci sono molti
episodi di guarigione a ciechi. In Gv 9, dopo aver guarito il cieco nato, Gesù
dice: “Sono venuto a far vedere chi è cieco” e si capisce chiaramente che non
sta parlando di cecità fisica, perché
quelli che credono di vedere in verità non ci vedono. Da quelle parole i
farisei si sentono accusati. In un'altra occasione sempre parlando dei Farisei
dice che sono ciechi e guide di altri ciechi.
Questi
Farisei avevano davanti agli occhi l’immagine perfetta di Dio e loro si
rifiutavano di vederlo per rimanere con l’immagine che si erano fatti di Dio
cioè il Dio giustiziere e riservato solo a loro e quelli come loro. I veri
discepoli devono diventare guide per gli altri nel comprendere la vera immagine
di Dio, del Dio misericordia e dall’amore incondizionato. Ma per guidare gli
altri dobbiamo prima di tutto vederlo chiaramente noi, cioè crederci e
praticare tale fede.
Nei
primi tempi, quando si costruivano i battisteri, la sala dell’immersione veniva
chiamata la sala degli illuminati.
Secondo
Gesù, il primo pericolo per tutti i credenti, tentazione sempre presente, è
quello di chiudere gli occhi e tornare a credere nel Dio di prima, cioè
lasciarsi trascinare dall’immagine vecchia della giustizia basata sulla legge e
sul Dio giustiziere.
2-
Il discepolo non deve credere di saperne più del maestro. Quando da bambini a
scuola avevamo dei problemi da risolvere e non ne eravamo capaci, correvamo dal
maestro perché ci indicasse la soluzione giusta. Allora dobbiamo essere spesso
in contatto con lui. È importante parlare della preghiera: prima di parlare e
dare consigli agli altri, prima di prendere decisioni, dobbiamo consultare il
Maestro per essere sicuro di non sbagliare.
3
- Abbiamo un grande tesoro ma lo portiamo in vasi di creta. Queste fragilità ce
le porteremo dietro per tutta la vita. Allora quando queste fragilità saltano
fuori, come comportarsi?
Ci
interessiamo troppo degli errori del fratello, della pagliuzza nel suo occhio e
troppo spesso identifichiamo il fratello con quel difetto dimenticandoci di
tutto il resto.
A
coloro che guardano troppo ai difetti negli altri, Gesù dice, guarda prima nel
tuo occhio dove ci sono pure pagliuzze, o addirittura travi. Ricordiamoci che
Gesù era un falegname, e quindi sapeva bene la differenza tra i due.
Ci
sono molti casi di persone che vivono in contraddizione: all’esterno predicano
contro gli scandali e poi nel segreto vivono in situazioni ben peggiori.
C’è
una trave enorme da cui nascono tutti gli altri guai ed è quella che impedisce
di vedere la vera identità di Dio: L’ipocrisia. Il vedere il male ovunque,
anche nelle cose più piccole, è stata una delle ragioni per cui molta gente ha
abbandonato la Chiesa cattolica.
4
- Di chi ci si può fidare per farsi guidare nella vita?
Gesù
usa l’immagine dell’albero, una immagine molto comune nei discorsi dei rabbini
e anche degli scrittori biblici. Gesù dice: non vi è albero cattivo che produca
frutti belli e alberi belli che producano frutti cattivi. Ci verrebbe spontaneo
pensare che Gesù ci dica di guardare alle opere che le persone fanno, cioè i
frutti che producono. È una interpretazione possibile, ma nel vangelo di Luca
sembra un po’ stretta perché darebbe l’impressione che basta sforzarsi a fare
il bene perché tutto vada bene, come se dipendesse da noi. Qui c’è un
riferimento a molti passaggi della bibbia dove si dice che la parola di Dio è
un fiume di acqua viva e gli alberi che sorgono sulle sue rive, cioè che
mandano le loro radici nell’acqua viva della parola di Dio, porteranno frutti
abbondanti di vita eterna. Le opere buone non dipendono dai nostri sforzi ma
dal fatto che siamo radicati, noi, la
nostra vita, il nostro credere e agire, nella Parola di Dio, solo allora i
frutti saranno buoni.
C’è
poi l’immagine del tesoro nel nostro cuore. Come l’albero produce solo secondo
la sua natura, così è il nostro cuore. Qui Gesù sta parlando non tanto delle
opere ma dei messaggi che escono dal cuore: il buddista penserà da buddista e
il cristiano da cristiano. Il modo di pensare del cristiano deve essere in
sintonia col Padre misericordioso del cielo. Cosa c’è nello scrigno del nostro
cuore? La sapienza di Dio o la sapienza di questo mondo? I giudizi, i pensieri
e di conseguenza le scelte e le azioni, fluiranno automaticamente da questo
scrigno.
Una
riflessione che mi viene spontanea è che questo scrigno lo abbiamo riempito in
tanti anni di vita in cui ci siamo nutriti intellettualmente ed emotivamente,
ma questo processo continua ancora oggi e continuerà fino al momento della
nostra morte. Di cosa ci nutriamo? Che tipo di notizie ricerchiamo, ascoltiamo?
Che tipo di compagnie frequentiamo? Che tipo di letture facciamo e su cosa
basiamo i nostri momenti di riflessione? Se la nostra vita è sempre segnata da
negatività, pessimismo, critica, come pretendiamo poi di riuscire ad essere
felici, positivi, accoglienti, misericordiosi? Gente che va in giro a predicare
solo odio, tensione, paura, minacce, come può pretendere di avere dei seguaci
positivi e costruttivi? Purtroppo la nostra politica, oggi, è fondata, per la
stragrande maggioranza dei casi, su discorsi di accusa, critica, proiezioni
catastrofiche, guerra, necessità di proteggersi da chissà quali pericoli,
eccetera. Come può la nostra nazione crescere in tali condizioni?
Papa
Francesco, a cui arrivano tutti i problemi della Chiesa e del mondo, ha messo come punto fisso nella sua
predicazione “la gioia”. Dobbiamo essere portatori di gioia e di speranza ma
per fare questo dobbiamo prima nutrirci di tale speranza.
Il
Signore ci sostenga e nutra sempre.