Le beatitudini messe in pratica


Le beatitudini messe in pratica. Lc. 6,27-38
Continua il discorso di Domenica scorsa e cioè il desiderio profondo di gioia. Qual è il cammino da fare verso la gioia? Ci sono migliaia di libri su questo argomento, basati sulle più svariate teorie filosofiche
Gesù, seguendo la tradizione biblica utilizza il genere letterario della beatitudine, che come abbiamo visto domenica scorsa è molto presente anche nei vangeli.
L’ultima era quella “beati quando vi perseguiteranno” perché voi avete scelto di seguire Gesù e di non lasciarvi trascinare dai desideri della carne. La provocazione finale di domenica scorsa era quello di chiedere a se stessi: “Stiamo veramente facendo una scelta per il Signore? Siamo disposti ad essere Sale e Luce?”.
Oggi il vangelo ci dice come deve comportarsi il Cristiano quando è perseguitato.
La cosa più spontanea che ci viene in mente è quella di ripagare con la stessa moneta. Di fronte all’ingiustizia, dobbiamo lasciarci guidare dall’istinto o agire in modo diverso?
Gesù è venuto a portare un modo nuovo di vivere e allora vuole essere chiaro dandoci 4 imperativi e 4 esempi pratici.
1) Amate i vostri nemici. Attenzione! Qui non usa il solito verbo filéo che indica attrazione, gusto, ma il verbo agapào che è tipico dei cristiani ed indica l’amore che viene dalla vita di Dio e non dalla natura. È l’amore incondizionato, ecco perché può essere applicato anche ai nemici, l’amore spontaneo, naturale, nei casi di ingiustizia non funziona.
2) Fate del bene a quelli che vi odiano. L’odio non è solo l’avversione a chi non ci è simpatico. Chi odia vorrebbe distruggere l’altro. Se uno mi odia, d’istinto naturale vuole che mi capiti qualcosa di male. Quindi è molto più che un semplice sentimento, ma il volere che tale sentimento si trasformi in qualcosa di male. Allora Gesù dice: Se qualcuno si comporta in tale modo verso di te, fai di tutto per renderlo felice. Questo non significa accontentare i suoi capricci, ma fare di tutto perché lui sperimenti l’amore. Mi chiederete: funziona? Non lo so ma se io sono attaccato a Dio non posso fare altro che amare perché questa è la mia natura. Quindi non agisco aspettando il frutto, ma il frutto viene dall’albero che sono io.
3) Benedite coloro che vi maledicono. Benedire è volere la vita, maledire è volere la morte. Io voglio che tu viva cioè abbia la pienezza di vita e di gioia, e se tu non sperimenti l’amore e il perdono di Dio, in te non c’è vita.
4) Pregate per coloro che vi minacciano. I primi tre imperativi sono difficili da praticare allora è necessaria la preghiera che non è un ripetere formule per l’altro ma è mettersi in sintonia con Dio per riuscire a vedere questo mio nemico come Dio lo vede, sentire quello che Dio sente per Lui. Questo è possibile solo con una preghiera profonda e sincera.
Arrivano allora 4 esempi pratici, forse un po’ paradossali, ma di certo provocatori.
a) Di fronte alla violenza (schiaffo). Tu cosa devi fare? Rigettare la violenza. Il cristiano non può reagire se non con amore. Se non riesci ad amare, almeno non reagire.
b) Se uno ti ruba il mantello, altro paradosso. Probabilmente lo ha fatto perché ha freddo, allora abbi compassione verso di lui e dagli anche la tunica.
c) Dà a chiunque ti chiede. Non cercare scuse, anche se la richiesta è fatta in modo sbagliato o rude. Qui non si parla tanto di elemosine quanto piuttosto di dare alle persone quello che è veramente il meglio per loro. Quindi la differenza sta nel modo in cui mi pongo il problema, cioè se metto al centro il disturbo che mi dà o il bisogno che lui ha.
d) A chi prende le cose tue non richiederle indietro (Giustizia economica). Non dice che devi essere uno sprovveduto passivo. L’azione positiva che Gesù ci propone è quella di non comportarsi allo stesso modo del malvagio. Il Cristiano si impegna attivamente a cancellare le prevaricazioni, ma rifiuta soluzioni basate sulla violenza. Il cristiano preferisce sopportare l’ingiustizia piuttosto che agire con violenza.
Questo è un cammino ascetico molto difficile da attuare che richiede prima di tutto un cambiamento di mentalità. Allora Gesù ci dà un piccolo aiuto attraverso quella che è stata chiamata la regola d’oro.  “Come volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fate a loro”. Il consiglio di Gesù è saggio: come comportarci? Mettiamoci per un momento nei panni dell’altra persona: se tu fossi nella sua condizione, cosa vorresti che l’altro ti facesse? Dopo tutto, Dio per riscattarci dal peccato si è fatto uno di noi, cioè ha sperimentato sulla sua pelle tutta la nostra situazione di debolezza e incapacità.
Il vangelo, poi, comincia a presentare le caratteristiche dell’Agape cioè dell’amore vero. Egli trova la chiave di volta nella parola “gratuità”. Non si parla di giustizia ma di gratuità, in greco charis, grazia, dalla cui radice viene la nostra carità. Se fate del bene solo a chi vi fa del bene dov’è la gratuità? Questo lo fanno tutti. Allora non è vero amore. L’amore di Cristo è “fare del bene senza aspettarsi nulla in cambio”. Arrivando al paradosso si potrebbe dire anche che il fare il bene per guadagnarmi meriti in paradiso ha ancora un’ombra di egoismo. La vera gratuità e guardare a Gesù e risplendere della sua luce.
Qui giungiamo all’apice dell’etica cristiana: l’amore al nemico. Questa è la situazione privilegiata per mostrare il vero volto della gratuità. Già molti filosofi pagani come gli stoici insegnavano a non reagire di fronte al male, ma mancava loro la gratuità.
Abbiamo detto di non aspettarsi ricompense ma a dire il vero una c’è: quale? “Sarete figli dell’Altissimo”. Non si parla di entrare in Paradiso, ma molto di più: condividere la sua stessa natura, essere come Lui.
In conclusione al suo discorso Gesù invita i Cristiani a rendere visibile il volto di quel Dio che vive in noi: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”. Nel libro dell’Esodo Dio definisce se stesso come “misericordioso”. Questo è un termine femminile perché il “rehem” è il grembo materno. Non ha usato l’immagine del cuore ma quello del grembo materno, l’amore viscerale incondizionato verso il figlio nonostante qualsiasi cosa egli possa avere fatto. Come si può arrivare a fare questo? “Non giudicate e non condannate”. Attenzione a distinguere il giudizio sulle azioni dal giudizio sulle persone. Siamo chiamati a discernere se un’azione è giusta o sbagliata, ma noi dobbiamo condannare l’azione, non la persona, perché Dio non condanna.
“Perdonate”. Il vero verbo è “sciogliere”. Sciogliete chi è legato e reso prigioniero. Noi siamo legati dagli errori che abbiamo commesso. Prendiamo atto degli errori fatti, vediamo cosa fare per cancellarli e così pure rendiamoci conto che la persona che sbaglia è prigioniera del suo male e noi dobbiamo aiutarla a liberarsi da tale errore.
“Date e vi sarà dato”. Qual è la misura che riceveremo? Una misura abbondante, cioè la cosa più grande possibile: essere simili al Padre in cielo.
Si capisce ora che l’essere discepoli di Cristo è molto più che seguire dei comandamenti o delle pratiche, esige un cambio radicale di mentalità, un cambiamento di prospettiva. Mettersi nei panni dell’avversario, pensare come una madre pensa al proprio figlio, uscire completamente da se stessi per concentrarsi in Dio e attraverso di Lui sugli altri.
Buon lavoro!

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