3 Diacono uomo del servizio. Mie riflessioni
Prima di venire alla riflessione abbiamo fatto una breve esperienza di contemplazione.
Interludio:
L'esperienza della Madonnina.
Siamo saliti sopra la torre, ai piedi della Madonnina per guardare
Roma dall'alto.
Che vedete? Edifici, chiese? Che sentite? Macchine? Tutto lì? Non
vedete quelle persone che entrano ed escono dagli edifici? Non
sentite quello che stanno dicendo? Sono troppo piccoli? Troppo
lontani? Perché guardate con gli occhi e ascoltate con le orecchie.
Non basta più. Dobbiamo contemplare, cioè guardare con gli occhi di
Dio. Davanti a voi ci sono due milioni di persone nascoste dagli
edifici, ma ciascuna di esse, davanti a Dio, è più preziosa di
tutti gli edifici stessi.
Vedete quella mamma che sta accompagnando il suo bambino a giocare
nel parco; dentro è preoccupata per questo figlio perché non sa se
si farà male o vincerà, se crescerà bene o no. Vedete quel
muratore che lavora lì al freddo anche se oggi è sabato; avrebbe
preferito restare a casa con la moglie e i figli al caldo, ma non può
perché se no a fine mese non ha i soldi a sufficienza per pagare le
bollette, il riscaldamento, l'affitto, il cibo. Vedete quel bambino
davanti alla vetrina dei giocattoli e li vorrebbe tutti ma sa che
papà e mamma non se li possono permettere. Guardate quel barbone che
ha scelto di vivere sul marciapiede chiedendo l'elemosina; magari lo
fa perché vuol essere libero, magari perché non ha trovato niente
di meglio, magari perché non ha avuto nessuno che lo abbia amato.
Guardate quella prostituta là all'angolo che vorrebbe smettere di
fare quel lavoro ma non può, che vorrebbe avere una vita normale,
una famiglia normale, ma non può permetterselo. Vedete quel giovane
sul letto dell'ospedale: Lui vorrebbe essere con i suoi amici a
divertirsi sulla moto o con la sua ragazza passeggiando per Villa
Borghese o al cinema e invece non può perché è ammalato e magari
queste cose non potrà mai più farle.
Dio ama tutte queste persone.
Noi ora le guardiamo dall'alto ma poi dovremo tornare laggiù in
mezzo a loro, con ciascuno di loro, Dio per loro.
Cosa proviamo da qui? È una cosa immensa, troppo grande. Quando si è
giù se ne vede solo una piccola parte e va meglio. Ci sentiamo
inadeguati, siamo solo una piccola goccia nell'oceano ma l'oceano è
fatto di gocce e ognuna è importante. Una goccia di veleno è
sufficiente per far morire centinaia di pesci, una goccia di medicina
per guarirli.
Dobbiamo pregare per loro, portare loro Dio perché Dio li vuole
salvare.
Quando incontrate una persona guardatela bene, ascoltatela, ma poi
chiudete gli occhi e contemplatela, riguardate alla città intera e
poi volgete lo sguardo al crocifisso, vedete quello che vede Cristo e
che i vostri occhi non vedono, sentite quel che sente Cristo e i
vostri orecchi non sentono.
3) Uomo del
servizio
Sono venuti i
bambini e hanno giocato. Vi hanno disturbato? Sì? Non li ha mandati
Don Ivaldo per sbaglio, li ha mandati la Divina Provvidenza perché
voi stavate concentrandovi per sentire la voce di Dio e lui vi
diceva: “Ascolta, senti? Sono lì di fuori a giocare. Ora sto
piangendo con Matteo che è caduto e sto ridendo con Mario che ha
vinto. Sono arrabbiato con Maria perché non mi fanno giocare e
felice con Giovanna che ha appena fatto un punto”.
Il Diacono è uomo
del servizio. Il senso di questo titolo lo si trova prima di tutto
nel libro degli Atti degli Apostoli dove si parla della creazione dei
diaconi. Qui si vede chiaramente che sono stati istituiti per
prendersi cura dei poveri a nome dei discepoli. Ma per capire il modo
in cui questo servizio viene dato bisogna guardare al capitolo 13 del
vangelo di Giovanni. Al momento della lavanda dei piedi Gesù dice
agli Apostoli: “Capite quello che ho fatto? … se io che sono
maestro ho fatto questo, anche voi dovete fare lo stesso”. “Chi
vuol essere maestro si faccia servitore di tutti”.
Abbiamo poi
l'esempio di tutta la vita di Gesù.
Mi soffermo un
attimo su Gv. 13. Sapete che è il punto di divisione tra le due
parti del vangelo di Giovanni. Il capitolo ha un inizio solenne. Dice
che è giunta l'ora di essere glorificato, quell'ora che aveva
preannunciato a Cana dove aveva presentato il cambio dell'Alleanza
tra Dio e l'uomo mutando l'acqua della purificazione nel vino del
banchetto. Ora quest'Alleanza si mostra in pieno e comincia con la
lavanda dei piedi; raggiungerà il culmine sul Calvario. Gli apostoli
hanno ancora davanti agli occhi quanto successo 3 giorni prima,
quando, entrando in Gerusalemme, Gesù è acclamato Figlio di Davide.
Loro ancora si illudono che Gesù è lì per diventare re, per
assumere il potere, di conseguenza anche loro avranno potere. Gesù
vuole rompere questa illusione una volta per tutte: qui non si
parlerà del potere umano ma del potere dell'amore e quando c'è di
mezzo l'amore non ci si può innalzare, ma ci si deve abbassare o se
ci si vuole innalzare si deve salire sulla Croce (quando sarò
elevato da terra attirerò tutti a me). Allora avendo amato i suoi
che erano nel mondo li amò sino alla fine e Lui, il Maestro si fa
servo e lava i piedi.
Quello del servizio
non è né un discorso semplice, né tanto meno scontato; ma
l'abbassarsi lo è ancora di meno.
Secondo il vangelo
ci sono due aspetti del servizio:
1) l'oggetto del
servizio non è la persona in sé ma Dio stesso, o meglio, la persona
perché in essa abita Dio. Ricordate la parabola di domenica scorsa
(Mt 25) “quello che avete fatto ad uno di questi miei fratelli più
piccoli l'avete fatto a me. Non si tratta né di filantropia a buon
mercato né tanto meno di soddisfare un bisogno personale o trovare
una soddisfazione.
2) L'amore è molto
di più di una giustizia sociale come viene predicata da qualcuno. In
nome della giustizia sociale si può arrivare ad eliminare chi crea
ingiustizia. Il vero amore non farà mai questo. Inoltre la
giustizia, di per sé, non cerca il recupero del colpevole, mentre
Gesù è venuto anche (e soprattutto) per i peccatori, per la
pecorella smarrita che non si è persa ma è scappata via, per il
figliol prodigo che se ne va e sperpera tutti i suoi averi con le
prostitute; ecc.
Leggiamo un passo di
Don Orione. Lo conoscete, è forse il passo più famoso dei suoi
scritti. Anime anime. … (cfr appendice).
L'ansia di Don
Orione non parte né dal suo buon cuore né dal suo desiderio di
cambiare la società, ma dalla frase di Gesù in croce: ho sete; sete
di salvare tutti, sete che tutti possano sperimentare questo amore
che sta dando in maniera totale assieme al suo sangue, alla sua vita;
sete di poter dire: “tutto è compiuto”. Don Orione che, come
Paolo, è tutto di Cristo vede attorno alla croce tutte le anime
anelanti di salvezza, anche quelle che esteriormente la rigettano, e
sente la stessa sete di Cristo, sete della pace vera dove tutta la
moltitudine delle persone è eredità di Cristo. Non può permettere
che anche uno solo si perda, ma con un gesto di vero amore dona
ancora una volta tutto se stesso a Dio con il desiderio, se Dio
vuole, di mettersi anche alla porta dell'inferno, di perdere la sua
stessa beatitudine pur di salvare altri.
Qui abbiamo alcuni
punti importanti riguardo al nostro apostolato.
1) La vera novità
del nuovo Testamento non è un insieme di idee nuove ma nella figura
stessa di Gesù.
Dio, in Gesù Cristo
insegue la pecorella
smarrita. Non decidiamo noi chi salvare, come salvare ecc. è tutta
opera di Cristo, noi dobbiamo preoccuparci di essere uniti a lui,
sentire come lui sente, vederlo negli altri. La prima questione in
pastorale quindi non è cosa si fa, ma come si fa ad avere lo Spirito
Santo. Non può esistere vero apostolato se non esiste quello di cui
abiamo parlato il primo giorno: essere tutti di Dio.
2) Secondo punto è che la carità non si fa solo verso i bisognosi
fisicamente ma anche moralmente, quelli che il nostro aiuto non lo
vogliono.
3) Terzo punto è che non c'è alcun posto per interessi privati,
ricerca di consolazioni ecc. Se vengono bene, rendiamo grazie a Dio,
se invece ne viene un rifiuto o calunnie o contrapposizioni,
ricordiamoci dell'ultima delle beatitudini.
4) L'Apostolato è
strumento non fine. Strumento per far sì che tutti sperimentino
l'amore, la cura di Dio, quindi la parte più importante non è cosa
si dà ma come si dà. Una caramella data con sorriso, amore, vale
più di un pranzo dato con indifferenza, paternalismo.