2 Diaconi uomini di Dio. Mie riflessioni


Queste sono le mie riflessioni presentate ai diaconi come commento ai testi di Don Orione del blog precedente. Quando faccio riferimento a brani di Don Orione dovete tornare al blog precedente per leggerli.



Introduzione
Il Diacono è un uomo di Dio al servizio degli uomini.
I sei mesi che trascorrerete come diaconi non sono un tirocinio per il sacerdozio. Quello che riceverete è un sacramento quindi agirete già in “persona Christi”. Allora sono mesi da vivere in pienezza non da lasciar passare pensando a ciò che viene dopo.
Ecco 4 caratteristiche di un buon diacono.

1) Uomo di Dio
Partiamo subito da un brano di Don Orione che potremmo intitolare “Gesù ha vinto”.
Sono voluto partire da questo brano che rappresenta la prima delle “esperienze cardine” della vita di Gesù. Non sappiamo esattamente se sia stato scritto nel 1890 o 1891, quindi Luigi ha 18 o 19 anni. Subito dopo si trasferisce a lavorare in Duomo come custode (Giugno 1891), e si dà subito da fare a incontrare i ragazzi, si iscrive alla San Vincenzo; a 20 anni aprirà l'oratorio e a 21 il primo collegetto.
Parla di lotta tra i suoi desideri, paure, ecc., e la voce di Dio che dentro lo agita e lo spinge a dare di più, a dare tutto. È arrivato dall'esperienza con Don Bosco, tutto attività e fervore, era partito perché aveva capito che doveva fare qualcosa di diverso, ma a Tortona ha trovato un clima blando, un fervore spento: che senso aveva il suo essere lì? La lotta dura sei mesi. È una lotta che è condotta non scappando da Dio, ma pregando perché anche gli altri desideri non sono cattivi, poteva diventare un buon prete come i suoi compagni, prendere una parrocchia dove essere un buon Pastore, parlare alla gente di Dio e tante altre cose buone, stare vicino a mamma (suo papà muore nel gennaio 92), ma tutto questo non è sufficiente, sente che Dio vuole di più, vuole tutto. Non è forse troppo? Non è una presunzione? Non è uno scappare da un seminario che non gli piace? No! È uno scegliere Cristo e abbracciarlo sulla croce. È cosciente che questa scelta non è né semplice né facilmente accettata dagli altri, perciò dice: “il mio corpo resterà ancora a divertimento del mondo”.
La nostra vocazione viene da Dio e viene per il servizio. Se noi siamo in un rapporto sincero con Dio, non necessariamente profondo o mistico, ma sincero, allora Dio si manifesta a noi.
Di solito c'è un momento, nella vita di ciascuno di noi, in cui si ha una sensazione chiara di ciò che siamo e di ciò che dobbiamo fare. È Dio che ci dà l'indicazione di dove andare. Di solito non è un avvenimento intellettuale, cioè che capiamo la logica delle cose, ma un'esperienza di Fede. Questa è l'esperienza cardine (in Inglese Core (pick) experience) che è accompagnata da fervore, desiderio, felicità. È importante farne tesoro e tenerla pronta perché il nostro essere umano ritorna poi alla carica con le sue paure, i desideri di cose materiali, ricerca di tranquillità e vita facile.
Allora, se siamo disponibili, Dio ci purifica.
Ricordate l'episodio della genesi (Gen 32: 23-33) in cui si parla della lotta tra Giacobbe e l'Angelo. È un episodio strano in quel contesto. L'angelo non riesce a vincere e siccome sta diventando mattino, l'ora in cui bisogna tornare al lavoro, all'attività, colpisce Giacobbe al femore e lo fa diventare zoppo. A quel punto Giacobbe si dichiara vinto e chiede la benedizione. Ora Giacobbe cambia di identità, da ora si chiamerà Israele. Perché prima di entrare nella terra promessa Giacobbe deve lottare con l'angelo? Perché non vuole cedere? I Padri della Chiesa hanno sempre visto in questo episodio una metafora della lotta spirituale. Una menomazione fisica, una sconfitta, ci aiutano a restare più umili, più disponibili, più Figli della Divina Provvidenza.
Dio non agisce coi nostri parametri di efficienza, perché altrimenti ci inorgogliamo. Lui si serve della nostra debolezza per far risaltare la sua forza (cf. 2 Cor 12: 7-10). Siamo strumenti utili a Dio solo quando riusciamo a tenere sotto controllo tutte le nostre tendenze e lavoriamo solo per Dio.
Luigi Orione probabilmente ha un'altra folgorazione un anno dopo, durante la Settimana Santa (1892?) e qui capisce più concretamente cosa deve fare. Siamo agli inizi del primo oratorio che funzionava già ma è inaugurato ufficialmente a Luglio 1892. Lui dirà che la nostra Congregazione è nata in un Venerdì Santo ai piedi della croce e fiorirà solo se rimaniamo attaccati alla croce.
L'aspetto della spiritualità della croce in Don Orione è ancora studiato poco, meriterebbe di essere approfondito.
La croce può assumere vari volti: può essere una sofferenza fisica, o una sconfitta, un fallimento, o magari un'incomprensione dei Superiori, la mancanza di gratitudine di chi beneficiamo. Tutto serve a purificarci, a mantenerci buoni strumenti nelle mani di Dio. Don Orione direbbe: “come stracci”.
Giovanni nel vangelo dice che Dio ci ama al punto tale di mandare il suo Figlio, non per condannarci ma per salvarci (Gv 3: 14-17). Ora tocca a noi rimanere uniti nel suo amore come la vite è unita ai tralci. Solo così possiamo essere sicuri di portar frutti come persone, prima di tutto, e poi come apostoli (Gv 15:1-11).
San Paolo ha raggiunto una tale unità con Dio nel suo essere apostolo da poter esclamare: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2: 20). Per lui non è più importante fare una cosa o un'altra, essere in un luogo o in un altro, l'importante è essere in comunione con Cristo. “Per me vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1: 21-24).
Se pensiamo alla sete di posizioni, al carrierismo, al desiderio di fama o riconoscenza che spesso avvelenano il nostro agire (anche di noi religiosi e preti).
Ecco allora un'altra pagina di Don Orione dal titolo “Dio solo”.
Questa pagina l'ha pubblicata sulla rivista Piccola Opera della Divina Provvidenza nel 1899. è prete da 4 anni, ha già seminario, stampa già una rivista, va in giro a predicare, ha studenti a Torino e 3 o 4 preti con cui dirige alcune colonie agricole, un collegio a San Remo, sta per aprire a Noto ecc. (aveva 27 anni).
Come avete sentito qui dice: “Allora vidi come dentro di me la ragione delle pene presenti: vidi che invece di cercare nel mio lavoro di piacere a Dio solo era da anni e anni che andavo mendicando la lode degli uomini, ed era una ricerca continua, in un affanno continuo di qualcuno che mi potesse vedere, apprezzare, applaudire...”
Chi tra di noi non casca in questo tranello? Eppure nel cercare la felicità ad ogni costo finiamo col perderla.
Siamo uomini di Dio, solo in Dio possiamo trovare la nostra realizzazione e la nostra pace, il nostro successo e la nostra salvezza.

Post popolari in questo blog

Gesù è davvero un re?

I santi, nostri amici

Alle sorgenti della gioia