2 Diacono uomo della Parola. Mie riflessioni
Ecco le mie riflessioni sul servizio della Parola con una breve introduzione
Interludio
Nel discorso di ieri sul “Dio solo” potrebbe venire l'idea che
Dio ci voglia tutti eremiti, monaci di clausura. Senza nulla togliere
a questa grandissima vocazione alla vita contemplativa, la maggior
parte di noi è invece chiamata a vivere la contemplazione
nell'azione. Il pericolo che corriamo è creare una scissione tra
preghiera e apostolato come se fossero due momenti separati della
vita, come una macchina che di notte e al mattino fa rifornimento di
carburante e di giorno corre consumandolo. In questo si corrono due
pericoli grandissimi: il primo è che il correre prenderà sempre di
più il sopravvento di tempo e energie, consumandovi e lasciando
sempre meno spazio al rifornimento, il secondo pericolo, il più
grande, è che nell'apostolato allora sarà un uomo che va in contro
ad altri uomini senza ricordare che sia noi che loro siamo portatori
di Cristo. Allora la giornata di oggi è divisa in due parti, le due
grandi aree dell'apostolato dei diaconi: il servizio della parola e
il servizio della carità.
2) Uomo della
Parola
Il servizio della
Parola è una delle cose richieste ai Diaconi e forse quella che
eserciterete di più.
Ora non solo potete
predicare, ma lo fate come ministri di Dio. Avete nelle vostre mani
un'arma potentissima. Quando c'è un dibattito, o un dialogo alla
pari, voi dite la vostra opinione e chiunque può rispondervi.
Quando, invece, predicate, la gente ascolta e il più delle volte è
lì perché si fida di voi. È una responsabilità grande. La gente è
venuta perché vuole sentire la Parola di Dio, cioè Dio che parla e
la vuole da voi che siete uomini di Dio.
Noi proclamiamo la
Parola di Dio, non la nostra. Questo esige un gran lavoro di
preparazione prima di tutto per conoscerla, studiarla, essere sicuri
di quel che si dice, prepararla ogni volta anche se si tratta di
brani che conoscete già.
Inoltre la vostra
predicazione è normalmente inserita in un contesto liturgico cioè
di preghiera. Quindi la gente si aspetta non una lezione, ma un
messaggio di salvezza che va pregato con fede. Il trucco di riuscita
sta nello Spirito Santo che vi assiste, per cui la preparazione
migliore si fa sul testo, in preghiera, più che su altri libri.
La Parola di Dio è
efficace di per sé perché è Dio che parla e lo Spirito santo ha
tra i suoi doni anche quello di far comprendere a chi ascolta. Isaia
dice che la Parola di Dio è come la pioggia che comunque benefica e
produce frutto (Is 55:8-11).
San Paolo ha fatto
della predicazione la sua forma di vita e nella sua esperienza può
dire chiaramente che l'efficacia della predicazione non dipende dalla
scienza di chi parla ma dal suo attaccamento a Cristo. (1Cor 1:17-18;
9:16-18). Il suo non è un lavoro che si è preso per una sua
soddisfazione o iniziativa personale ma una missione affidatagli da
Dio stesso.
Come per la carità,
vale il motto: Si dà solo ciò che si ha. La gente coglierà come
messaggio di amore e di salvezza ciò che dite se, mentre lo
comunicate, voi per primi lo sentite come messaggio di amore e di
salvezza.
Don Orione è stato
un grande predicatore, sin da chierico il Vescovo lo mandava a
predicare nelle parrocchie. Lui non solo si preparava con lo studio,
ma soprattutto con la preghiera e il sacrificio.
Lui insisteva molto
sulla necessità della meditazione, dello studio e della pratica del
Vangelo. Per lui la meditazione non era il momento della preparazione
delle prediche ma lo strumento principale per verificare la sua
unione con Cristo per vedere quanto era fedele al suo essere
consacrato.
Quanti episodi
abbiamo in cui Don Orione invece di farsi accompagnare in macchina o
col calesse cammina per ore a piedi per raggiungere il luogo della
predicazione. In questo modo aveva tempo di pregare, riflettere e
soprattutto fare un po' di penitenza., torna alla sera a casa stanco
morto.
Vi porto anche
l'esempio di una grande serva della Parola di Dio: la Vergine Maria.
Dopo l'Ascensione di Gesù la vediamo nel Cenacolo in mezzo agli
apostoli per incoraggiarli, confermarli, far conoscere loro quella
parte di Gesù che ancora non conoscono: non solo i trent'anni di
vita nascosta a Nazareth ma anche la prospettiva femminile e di madre
dell'opera di Gesù.
Ma come si è
preparata lei a questi momenti o a questo incarico che Gesù stesso
le ha dato mentre era in croce? Troviamo una risposta nel capitolo 2
di Luca. Ne riporto 3 episodi:
- Lc 2,19 “Maria,
da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”.
Siamo a Betlemme quando i pastori vengono a vedere il bambino e
narrano degli angeli. Maria avrebbe potuto confermare le loro storie
raccontando del suo incontro con l'angelo. Invece no. Rimane in
silenzio, preghiera e fa tesoro. Fino a pochi istanti fa, dentro di
lei c'era Gesù stesso, adesso comincia a riempirsi della sua vita,
della sua parola. Il tabernacolo non rimane vuoto ma si riempie per
il momento in cui sarà chiamata a consegnare anche questo tesoro,
cioè tra i discepoli dopo l'ascensione di Gesù al cielo”
- Lc
2,33 “Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si
dicevano di Lui”. Qui siamo al tempio. Hanno ascoltato le parole di
Simeone e Anna. Loro non sono due ufficiali del tempio ma due devoti.
Anche a loro Maria avrebbe potuto dare una parola di conferma, invece
si limita a stupirsi. La scoperta di Cristo e lo svilupparsi del suo
mistero è sempre nuovo, ogni giorno richiede che ci mettiamo con
“stupore”. Stupore non è sempre frutto della meraviglia di
fronte a una cosa bella (come ebbero i pastori dopo l'annuncio degli
angeli), ma può essere frutto del trovarsi di fronte a qualcosa
difficile da accettare, doloroso, impegnativo, di cui non capiamo il
senso. Ricordiamo, tra l'altro, che Simeone profetizza a Maria la
spada che le trapasserà l'anima.
- Lc
2,48-52 “Al vederlo restarono stupiti… non compresero le sue
parole… Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore”. Qui
siamo ancora nel tempio ma a distanza di 12 anni. Il soggetto di
fronte a loro è Gesù stesso e ancora una volta quello che è
successo è qualcosa di strano, diverso. Maria esprime la
preoccupazione sua e di Giuseppe. Di fronte alla risposta
sconcertante di Gesù che ricorda loro che sono solo strumenti,
facilitatori, Maria si pone ancora in atteggiamento di stupore,
ascolto, riflessione: fa tesoro.
VC 38
ci dice: “La chiamata alla santità può essere accettata e
coltivata solo nel silenzio e nell’adorazione”.
Considerando
che di Maria si parla relativamente poco, il fatto che questo
atteggiamento sia ribadito per ben tre volte vuol dire che è
importante. Questi passi poi sono paralleli a Lc 8,20. “Mia madre e
i miei fratelli coloro che ascoltano la parola e la mettono in
pratica”. In Lc 11: 27-28 abbiamo: “Mentre
diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse:
«Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
[28] Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola
di Dio e la osservano!». Adesso capite che in quel momento
Gesù non ha per niente offeso la richiesta della Madre di vederlo. .
Quindi
alla nascita di Gesù molti avvenimenti avrebbero potuto fare di
Maria una star. Lei li vive con stupore e riflessione, è un cuore
dedito alla riflessione degli avvenimenti.
L'atteggiamento
di Maria è il silenzio e l’ascolto. Lei ascolta le parole che
vengono dette di Lui, se ne stupisce perché è di fronte a qualcosa
di molto più grande di Lei, le ama, se ne sente coinvolta
direttamente, si sente “uno” con chi le pronuncia, , infine le
testimonia prima con la vita. Finché Gesù è presente, lei gli sta
vicino con sostegno, rispetto, quando Gesù parte, anche con la
parola.
Gesù
stesso è il maestro del silenzio, lui che ha speso gli anni del suo
apostolato a predicare, si è preparato nel silenzio della casa di
Nazareth per trent’anni. Prima di iniziare la vita apostolica si
ritira nel deserto per quaranta giorni, prima di scegliere i 12
apostoli passa la notte in preghiera, prima di insegnare a pregare si
fa trovare in un luogo appartato a pregare, prima di iniziare il
discorso sul pane di vita, il più importante e il più duro tra
quelli del Vangelo di Giovanni e al termine del quale è scritto che
molti se ne andarono, lui passa la notte a pregare; e prima della
passione si ritira nel Getsemani a pregare.
Il
silenzio interiore è la caratteristica di ogni cristiano che vuol
meglio capire il Cristo.
Noi
siamo chiamati a portare Cristo agli altri: che Cristo portiamo se
non lo conosciamo? Siamo chiamati a dispensare l'amore di Dio, ma che
amore dispensiamo se non lo abbiamo sperimentato e assimilato noi
stessi?
Quindi l'importanza
della meditazione quotidiana che non è preparazione diretta
all'omelia, è nel desiderio di entrare sempre più a fondo nel
mistero di Dio, sentirsi uno con Lui.
Quando parlo devo
essere cosciente che Dio si sta servendo di me per dare un messaggio
a chi ascolta. Il più delle volte noi non sappiamo quale sia il vero
bisogno di chi ascolta, ma Dio lo sa. Dobbiamo essere coscienti che
lo Spirito Santo ci guida in quel momento. Dobbiamo essere coscienti
che le persone davanti a noi sono importanti per Dio, sono il vero
scopo per cui noi siamo lì. Noi siamo solo strumenti ed ogni aspetto
di orgoglio, superbia, superiorità, scienza esagerata (in italiano
si dice saccenza, cioè far vedere che si sa tutto), rovinano la
nostra predicazione, ne prevengono l'efficacia.
Non ci si stanca mai
di ascoltare colui che si ama, non ci si stanca mai di pensare a Lui
e di parlare a Lui.
Il servizio della
parola deve quindi comprendere 4 momenti:
- L'ascolto attento
per essere sicuri di cogliere quello che Lui dice;
- Lo stupore per
riconoscere che il messaggio che noi portiamo va al di là di noi
stessi;
- L'amore per quel
messaggio, lo sentiamo nostro, lo sentiamo importante;
- La testimonianza
che è il frutto necessario del punto precedente ed è fatto di
parola e di vita.