Missionari di Speranza con il Cuore Umile

 Missionari di Speranza con il Cuore Umile  (Lc 18,9-14)

Domenica scorsa era la giornata missionaria mondiale. Mi è sfuggita. Pensavo fosse oggi. Comunque siamo alla conclusione del mese di Ottobre, il mese delle missioni, quindi permettetemi di recuperare oggi. Iniziamo comunque dal Vangelo. il Vangelo di oggi ci porta dentro una scena semplice, ma che ci tocca profondamente: due uomini salgono al Tempio per pregare. Uno è fariseo, l’altro pubblicano. Entrambi parlano con Dio. Ma solo uno torna a casa “giustificato”.

Che cosa significa essere giustificati?

Significa che solo uno ha fatto una preghiera vera, accolta, trasformante. E non è quello che ci saremmo aspettati.

Il fariseo è una persona perbene. Fa tutto giusto. Prega, digiuna, paga le tasse. Ma nella sua preghiera non c’è richiesta, non c’è relazione. C’è solo autocompiacimento. È come se dicesse: “Dio, guarda quanto sono bravo. Non ho bisogno di nulla.”

Il pubblicano, invece, è un peccatore. Forse anche recidivo. Ma si presenta davanti a Dio con il cuore aperto, ferito, bisognoso. E dice: “Abbi pietà di me”, e Dio lo ascolta, lo accoglie, lo giustifica.

Dio non si ferma alle parole. Non si lascia impressionare dai gesti esteriori. Dio guarda il cuore.

E allora la domanda che ci interpella è: Perché prego? Perché faccio il bene? Per essere ammirato? Per sentirmi superiore? O perché amo Dio e mi fido di Lui?

Orgoglio o umiltà. Quale di questi due atteggiamenti prevale in me?

  • L’orgoglio cerca conferme, paragoni, applausi.
  • L’umiltà cerca Dio, si riconosce fragile, ma amata.

Gesù ci invita a guardarci dentro. Non per giudicarci, ma per convertirci. Per tornare a Lui con verità.

 Siamo nel mese missionario. Il Papa ci affida un compito bellissimo: essere missionari di speranza tra le genti.

In questo Anno Giubilare, siamo chiamati a testimoniare che Dio è fedele, che non abbandona, che ci ama. Ma fuori da questa chiesa, ci sono tanti che non lo sanno. Tanti che vivono come il fariseo: convinti di dover bastare a se stessi, di dover risolvere tutto da soli.

E il mondo, lo vediamo, è pieno di paure, guerre, ingiustizie, solitudini. La speranza sembra scomparire.

Ecco perché oggi, più che mai, siamo chiamati a essere missionari. Non perché siamo migliori. Ma perché ci fidiamo di Dio.

Con la nostra semplicità, umiltà e vicinanza possiamo mostrare che un mondo migliore è possibile. Se lasciamo regnare Dio nei nostri cuori. Se rinunciamo all’orgoglio di crederci superiori.

Voi mi direte: ma come posso io essere un missionario?

Il Papa ci dà tre suggerimenti:

  • Essere testimoni credibili della speranza cristiana, con la vita.
  • Lasciarci guidare dallo Spirito Santo, che accende il cuore.
  • Rianimare la missione della Chiesa, vicina ai poveri, ai dimenticati, ai feriti.

Allora, fratelli, chiediamoci:

  • In che modo io posso essere un missionario di speranza nella mia parrocchia?
  • Quali segni di speranza posso portare alle famiglie, ai giovani, ai poveri?
  • Come posso vivere la preghiera come spazio di fiducia e affidamento, non di orgoglio?

 Oggi voglio concludere con una piccola preghiera:

Signore, insegnaci a pregare con il cuore.
Liberaci dall’orgoglio che ci chiude.
Donaci l’umiltà che ci apre a Te.
Rendici missionari di speranza,
perché il mondo, vedendo noi,
possa incontrare Te

Che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Amen.

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