La lebbra di oggi

 Qual è la nostra lebbra?

(Riflessione su 2Re 5,14-17 e Lc 17,11-19)

 Oggi vorrei partire da una storia antica, ma sempre attuale: quella di Naaman. La prima lettura di oggi ne riporta solo la parte finale. Naaman era un uomo potente, stimato, rispettato alla corte del re di Siria. Aveva tutto… tranne la salute. La lebbra lo aveva colpito, e a quei tempi era una condanna: non solo fisica, ma sociale. Chi ne soffriva veniva isolato, escluso, dimenticato.
Naaman però non si arrende. Sente parlare del profeta Eliseo, in Palestina, e ottiene il permesso di andare da lui. Si presenta con grandi ricchezze, convinto che basti offrire oro per ottenere un miracolo. Ma Eliseo non si lascia impressionare. Gli propone qualcosa di semplice, quasi banale: “Immergiti sette volte nel Giordano e sarai guarito.” Naaman si sente offeso. Lui voleva un gesto solenne, qualcosa di spettacolare. E invece il profeta gli chiede di fare un bagno nel fiume locale. Vuole andarsene deluso.
È il suo orgoglio a parlare.

Quante volte anche noi ci aspettiamo che Dio agisca in modo straordinario, e invece ci propone gesti semplici, quotidiani, umili.

Per fortuna, uno dei suoi servi lo aiuta a riflettere, e Naaman si lascia guidare: “Fa’ quel gesto semplice, cosa ti costa!” … e guarisce.

Abbiamo detto che questa storia antica è valida ancora oggi. Ma oggi, qual è la nostra lebbra?
Non parlo di malattie fisiche. Parlo di quelle ferite interiori che ci isolano, che ci tolgono la gioia, che ci fanno perdere il senso della vita. Penso alle dipendenze: dal gioco, dall’alcol, dalla pornografia. Penso alla corruzione, alla sete di potere, alla voglia di apparire. Tutte queste cose ci disfigurano dentro. Ci allontanano dagli altri. Ci fanno vivere in una solitudine mascherata.

Spesso, chi vive in queste situazioni si rende conto che c’è qualcosa che non va, e vorrebbe cambiare. Vorrebbe un miracolo. Ma non è disposto a fare quei piccoli passi che Dio chiede. Dio non ci chiede gesti eroici, ci chiede fiducia, ci chiede umiltà, ci chiede di uscire da noi stessi, di smettere di inseguire i nostri desideri compulsivi, e di iniziare a guardare gli altri, a costruire relazioni vere.

Anche il Vangelo di oggi porta lo stesso messaggio: vediamo dieci lebbrosi che si avvicinano a Gesù. Lui non fa gesti teatrali. Dice semplicemente: “Andate a mostrarvi ai sacerdoti.” E mentre camminano, guariscono. Ma solo uno torna indietro per ringraziare. E Gesù dice a lui: “La tua fede ti ha salvato.” 
Notate la differenza: tutti sono guariti, ma solo uno è salvato. 
La guarigione risolve un problema. La salvezza cambia la vita. La guarigione è esterna. La salvezza è profonda, totale, spirituale. Essa nasce dal riconoscere che non siamo noi al centro, ma Dio. Che non basta obbedire alle regole, bisogna riconoscere chi ci ama, chi ci guarisce, chi ci salva e puntare con coraggio verso di lui.

Allora, oggi, chiediamoci con sincerità:

  • In che rapporto sono con Dio? 
  •  Quando prego, cosa gli chiedo? Una soluzione ai miei problemi… o la vera gioia?
  • Io voglio essere guarito… o salvato?

Il Signore ci invita a semplificare la vita, a lasciar andare l’orgoglio, a camminare con umiltà. Perché è lì, nella semplicità, che si nasconde la salvezza. È nei piccoli gesti di ogni giorno che incontriamo Dio, la nostra fede si rafforza e la nostra vita cambia.

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