Anche il nostro cuore viene trafitto?
UNA SETTIMANA SANTA PIU' ONESTA
Siamo arrivati alla settimana Santa. Dobbiamo soffermarci a riflettere, non solo su quello che è accaduto a Gesù, ma su quello che noi proviamo quando leggiamo o sentiamo ciò che è avvenuto. La Settimana Santa ci invita non solo ad aumentare la nostra conoscenza intellettuale sulla morte di Gesù, e neppure a limitarci alle celebrazioni e devozioni di questi giorni, ma ad influenzare anche le nostre emozioni e di conseguenza provocare dei cambiamenti nella nostra vita.
Prima della messa, oggi il sacerdote legge il
Vangelo dell'entrata di Gesù a Gerusalemme. Vediamo che tanta gente si raduna sulla strada
e lo acclama: “Evviva il Messia, il figlio di Davide”. Poi, durante la messa leggiamo il racconto della Passione e vediamo che cinque giorni dopo molte
persone si ritrovano davanti alla casa di Pilato e gridano: “Crucifiggilo; noi
non abbiamo altro re che Cesare”. Sul Calvario lo deridono, lo considerano un
perdente, un essere inutile, alla fine della sua misera vita.
Io mi chiedo: cosa
passava nel cuore di quelle persone la domenica delle Palme e cosa il venerdì
successivo? Perché questa grande differenza?
Quando noi guardiamo ad una cosa, ciò che
vediamo cambia dalla prospettiva da cui guardiamo. Non è lo stesso se io guardo
un albero da lontano o da vicino, se sono sotto l'albero o se mi arrampico
sopra di esso; quello che vedo è diverso. Qual è la nostra prospettiva nel
guardare Gesù e la sua Croce?
Se ci diciamo Cristiani, e pensiamo di esserlo
veramente, la prospettiva dovrebbe essere quella di prendere la nostra Croce e
salire al Calvario assieme a lui. Solo così possiamo capire a fondo cosa è
successo quel giorno. In questa ricerca non è tanto il cervello che deve
lavorare, ma il cuore.
Se ci mettiamo in questa prospettiva, allora forse dobbiamo farci anche un’altra domanda: Cosa provava Gesù mentre entrava a Gerusalemme e vedeva le persone che lo acclamavano? E cosa ha provato venerdì sentendo gridare la sua sentenza di morte? Non lo sappiamo, possiamo immaginarlo, ma di preciso non lo sapremo mai. Ma una cosa di sicuro la sappiamo che ci illumina: prima di arrivare a Gerusalemme sapeva già che quella sarebbe stata la sua ultima visita e in quei giorni sarebbe stato messo a morte. Dalla croce, dopo aver sofferto la condanna, la calunnia, le percosse e le offese, prega per coloro che lo stanno ripudiando e uccidendo e dice al Padre: "Perdonali perché non sanno quello che fanno". Quello che prova per loro è amore, compassione, desiderio di salvarli. È questo il modo in cui noi agiamo, specialmente quando le cose vanno male? Cosa pensiamo quando guardiamo agli altri, specialmente quelli che ci stanno facendo del male? Ci comportiamo da veri discepoli di Cristo? Come lui, abbiamo il coraggio di lavare i piedi agli altri, con l'atteggiamento dello schiavo? Oppure ci comportiamo da Superiori, disprezziamo, denigriamo?
Allora, cosa vuol dire essere cristiani? Abbiamo una settimana di tempo per riflettere. Non limitiamoci a celebrare, non limitiamoci ad ascoltare. Facciamo sì che quello che vediamo e sentiamo produca dei veri cambiamenti nella nostra vita e ci renda veramente cristiani.