Lavorare per Dio o fare il suo lavoro?

 Conclusione dell'Assemblea regionale PSMC Filippine.

Oggi la liturgia ci dà due pugnalate.

La prima ce la dà l’Antico Testamento attraverso la profezia di Isaia (11,1-10). Ci dice che Gesù sta venendo e noi lo sappiamo bene perché è Avvento. Poi aggiunge che su di esso si poserà lo Spirito Santo con i suoi doni, e anche questo è chiaro. Poi dice: Solo così sarà possibile costruire un mondo di vera pace. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno più il mio santo monte perché la conoscenza del Signore riempirà la terra.

La teoria è molto bella, ma noi ci guardiamo attorno e vediamo dovunque divisione, lotte, invidia, vendetta. Le idee diverse diventano inconciliabili e gli interessi privati fomentano odio e guerre. In tutto il mondo troviamo guerre, più o meno dichiarate. Allora possiamo dedurne che il mondo non conosce più il Signore. Beh, è facile giudicare gli altri ma ognuno di noi può sinceramente dire quante volte si è trovato di fronte a situazioni di litigio, divisione, all’interno delle nostre comunità, nel lavoro che svolgiamo, nell’apostolato che facciamo. Forse anche noi conosciamo poco il Signore? Eppure ci siamo consacrati a Lui, lavoriamo per Lui. Il profeta Isaia non parla di pace, ma di “vera pace”. Forse esteriormente c’è assenza di guerra, ma è vera pace?

Il mondo è gestito da logiche di potere che sono lontane dagli insegnamenti del Vangelo. Una volta potevamo dire che l’educazione, e la sanità erano in gran parte gestite dalla Chiesa. Ora, grazie a Dio si stanno moltiplicando istituzioni di vario genere che contribuiscono a debellare le malattie e l’ignoranza. Il problema è che spesso sono gestite con logiche di guadagno e di potere, non dai principi del vangelo, e allora portano a disuguaglianza e divisione, invece che pace. Noi ci siamo consacrati al Signore a tempo pieno per essere i portatori nel mondo dei principi evangelici, però continuiamo a lavorare nel campo dell’educazione e della sanità, e spesso anche noi ci facciamo condizionare dai principi mondani del potere e del guadagno. Molte delle discussioni e divisioni che sperimentiamo nelle nostre comunità sorgono da idee diverse, incapacità di comprendere il modo di vedere dell’altro, ma come è possibile questo se lavoriamo tutti per lo stesso padrone, se seguiamo lo stesso carisma, se dichiariamo che siamo servi dei poveri, stracci nelle mani di Dio? Come è possibile che le diversità di idee diventino inconciliabili e spesso rendano impossibile la nostra cooperazione e inutile la nostra testimonianza?

Forse anche noi conosciamo poco il Signore.

Noi rispondiamo: Io ho studiato teologia, ho fatto i corsi sulla vita religiosa, la mia formazione carismatica è durata dieci anni. Inoltre ogni giorno faccio mezz’ora di meditazione e preghiera personale, come fai a dire che non conosco il Signore?

Qui arriva la seconda pugnalata, questa volta dal nuovo Testamento (Lc 10,21-24). Ti rendo grazie Signore perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sembra che Gesù si sia reso conto che i maggiori problemi della religione del suo tempo venivano da quelli esperti, da quelli che lavoravano a tempo pieno per la religione, quelli che avevano il compito di difenderla. Forse sta succedendo anche oggi la stessa cosa? Ma come è possibile?

Sinceramente parlando io non so che lavoro abbiate fatto voi in questi giorni, quale fosse lo scopo o la tematica della vostra assemblea, quindi quello che sto per dirvi lo ricavo dall-esperienza che negli anni mi sono fatto partecipando alle nostre assemblee. Prendete le mie parole per quello che sono e semplicemente guardate se vi possono aiutare se no buttatele via. Vi voglio invitare a fare una breve analisi del lavoro di questi giorni. Voi avete fatto tante discussioni e programmi per il futuro della vostra congregazione e delle opere che gestite in questa parte della Delegazione. Sono sicuro che avete raggiunto dei buoni risultati senza litigare. Chiedetevi, però: durante questi giorni vi è sembrato di notare lo Spirito Santo all’opera? Avete notato la sua mano che conduceva le vostre scelte? La sua luce che man mano disperdeva la nebbia che c’era nella vostra mente e vi faceva comprendere cose nuove, un nuovo modo di vedere il futuro? Sentivate la virtù della speranza crescere in voi? Oppure avete notato solo la bravura e l’intelligenza dell’una o dell’altra sorella, la logica umana di chi ha più capacità che si imponeva sulle altre? Vi è sembrato che mentre parlavate regnava un’aria di serenità, fiducia, stupore? oppure rimaneva un senso di rancore, di sfiducia, di insoddisfazione? In poche parole, chi ha parlato? I sapienti e intelligenti, oppure lo Spirito Santo attraverso i piccoli?

Una volta ho partecipato ad un ritiro spirituale e il predicatore aveva scelto come tema: “Noi lavoriamo per Dio o facciamo il lavoro di Dio?” Voi mi chiederete: che differenza c’è? Nella sua presentazione, la frase lavorare per Dio significava che spesso noi facciamo del nostro meglio nel fare le cose, e le facciamo convinti di dare gloria a Dio, di fare ciò che lui vuole, ma in realtà siamo noi che decidiamo cosa fare, come farlo, e le scelte sono basate unicamente sulla nostra esperienza, la nostra intelligenza, la nostra capacità amministrativa. Non c’è ricerca di interesse personale e tanto meno guadagno economico o di carriera, ma dimentichiamo che spesso Dio agisce in maniere totalmente diverse dalle nostre, ha priorità diverse e stili di lavoro diversi. In quello che facciamo, quanto abbiamo consultato il Signore per vedere il suo parere o il suo piano? Se le scelte sono solo umane, non importa quale ne sia l’intenzione, ma funzioneranno solo in modo umano. È questo che il predicatore chiamava fare il lavoro di Dio. Nell’attuare i nostri piani quanta attenzione poniamo ai segni dei tempi, quanto valore hanno gli ultimi, i disadattati, quanto siamo disposti a cambiare nei nostri schemi per fare spazio alle improvvise chiamate di Dio? Quanto preghiamo per il lavoro che facciamo? Noi preghiamo perché il Signore faccia sì che il lavoro vada bene, che tutto funzioni secondo i nostri piani, quindi noi siamo i boss che decidono il piano, Dio è il servo che fa funzionare le cose. Non pensate che ci sia qualcosa di sbagliato in tutto questo? 

Scusate, ho deragliato troppo dal tema iniziale.

Siamo qui per ringraziare il Signore per i frutti del lavoro, ma il lavoro non è finito, è solo iniziato. Adesso dovete trasmetterlo alle giovani, ai laici, ai collaboratori, ai ragazzi e, mentre applicherete le vostre scelte alle varie realtà, dovrete avere occhi e orecchie aperti per cogliere la voce di queste persone e il cuore disponibile a riconoscere che forse qualche scelta non sarà stata giusta, avrà bisogno di essere adattata, inculturata. Il Signore si serve dei piccoli per fare lo sgambetto a chi si sente troppo sicuro di sé.

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