Noi siamo le lampade, l'amore è l'olio
Che olio brucia nella nostra vita?
Siamo nelle ultime tre settimane dell’anno liturgico, poi inizierà l’Avvento. La liturgia ha riservato per queste ultime tre domeniche le ultime tre parabole che fanno parte del discorso escatologico. Potremmo dire che con questo discorso Gesù voglia aiutarci a comprendere la realtà della fine dei tempi o, almeno, della nostra fine personale, ma più correttamente dovremmo dire che l’argomento principale non è “la fine”, ma “il fine”, lo scopo della nostra vita. Che senso ha la mia vita? Come viverla bene fino in fondo? In conclusione: quando il Signore verrà, saremo pronti a riceverlo?
La parabola di oggi parla di dieci ragazze che attendono lo sposo per entrare alla festa di nozze. Chiaramente Gesù sta parlando della festa della sua venuta che per ciascuno di noi si concretizzerà il momento in cui Lui ci chiamerà a sé con la nostra morte. Lo scopo della nostra vita è incontrare il Cristo, nostro sposo ed entrare con lui nelle nozze eterne. I tempi sono lunghi, nessuno sa quando questo avviene, come nessuno conosce il momento della sua morte. Per alcuni essa può venire dopo una lunga malattia e quindi ha tempo per prepararvisi, per altri può avvenire di sorpresa, in un incidente o per un infarto, molto prima del previsto.
Per comprendere bene l’immagine usata da Gesù vediamo come si celebravano le nozze ai tempi di Gesù. C’erano tradizioni diversa da tribù a tribù, ma di solito, dopo un momento di preghiera al mattino presto dove si svolgeva il vero rito delle nozze con lo scambio delle promesse di fedeltà, lo sposo si recava alla sua casa per celebrare con i suoi parenti e amici e tutti gli invitati maschi, mentre le femmine andavano a casa della sposa. Nel tardo pomeriggio, lo sposo, o spesso il suo migliore amico, veniva alla casa della sposa a prenderla per condurla nella “loro” nuova dimora. Le dieci ragazze di cui si parla nel vangelo di oggi, rappresentavano il corteo della sposa, attendevano questo arrivo e accompagnavano la loro amica danzando e cantando in processione fino alla casa dove si concludeva la celebrazione. Per questo avevano le lampade, per fare luce e dare un tocco di festa e solennità al cammino.
L’immagine della parabola si riferisce proprio a quest’ultimo momento ma se la festa era finita, non si comprende che senso abbia il fatto che lo sposo fa entrare in casa anche le ragazze sagge e chiuda fuori quelle stolte. È come se Gesù stesse dicendo che quelle che ha trovato pronte ed equipaggiate per accompagnarlo fino alla casa, poi entreranno come spose, non come amiche o accompagnatrici. Dio tratta tutti noi con lo stesso affetto che lo sposo dà alla giovane sposa e a tutti dà l’opportunità di entrare nella sua casa, ma siamo pronto? Qual è l’equipaggiamento che dobbiamo preparare per essere degni di entrare nella vita eterna assieme a Gesù? Di per sé in questa parabola non è spiegato, lo spiegherà fra due domeniche con la terza parabola.
Ma questo sposo sembra tardare a venire. Qui entriamo già nel punto centrale della nostra riflessione: l’attesa e la preparazione. Questa vita che per molti sembra essere il tutto, è in realtà un momento di attesa e di preparazione. Noi dobbiamo investire su questa attesa, investire sulla bellezza; siamo fatti per lo sposo e solo con Lui avremo la felicità vera e la pienezza della gioia. Questo rende bello ed eccitante la nostra vita. Per prepararci bene il Signore ci ha dato un apparato speciale fatto di tanti doni, l’intelligenza, la salute, la famiglia, la cultura, la vocazione, tante capacità pratiche, tutte cose necessarie che cambiano da persona a persona. Queste sono la lampada che ciascuna delle dieci ragazze del vangelo porta con sé per l’incontro con lo sposo. Ma la lampada ha bisogno dell’olio per poter funzionare e fare luce. Non importa la forma, la grandezza, il costo della lampada, quello che importa è che ci mettiamo dentro dell’olio e accendiamo la fiamma. Questo è l’amore che mette in movimento e fa funzionare tutto l’apparato nel modo giusto, è quello che rende bello tutto il lavoro di preparazione. Senza questo amore, o se preferite senza la sua attuazione pratica che possiamo chiamare “carità”, tutti gli altri doni diventano inutili o addirittura dannosi.
Cinque ragazze hanno quest’olio mentre le altre cinque si illudono che basti l’olio delle loro amiche più diligenti. Ma l’amore, nonostante sia qualcosa che si diffonde e fa del bene a tutti, non può essere passato al vicino per giustificare la sua pigrizia. Nessuno può arrivare da Cristo e dire fammi entrare perché mio papà ha fatto tanto del bene, perché mia mamma ha pregato tanto o perché mio fratello ha aiutato i poveri. Io ho partecipato alle preghiere della mia parrocchia, anche se in modo distratto e senza particolare fervore, ho fatto l’elemosina alla Caritas, anche se non ho fatto nient’altro personalmente. La festa va preparata personalmente e non solo assistita.
Quindi la domanda che dobbiamo rivolgerci oggi è: con che serietà prendo la mia vita? Come faccio le mie scelte? Quali sono le mie priorità? Quello che scelgo e faccio, mi rende più vicino a Dio o mi allontana da lui?