E alla fine, l'Amore
Alla fine ce la faremo?
La parabola che abbiamo letto oggi dà senso anche a quelle delle due domeniche scorse.
Due settimane fa Gesù ci aveva chiesto di essere pronti ad incontrarlo, poi domenica scorsa ci aveva detto che lui ci dava tutto quanto avessimo bisogno per questa preparazione. Oggi ci spiega come impiegare le cose che ci ha dato per preparare questo incontro.
La parabola è molto solenne e scritta con il linguaggio tipico di quei tempi, utilizzato quando si facevano discorsi in occasioni pubbliche a cui era presente un personaggio importante come il re o qualche suo inviato.
Alla fine dei tempi, Cristo verrà a giudicare il mondo. Non dobbiamo aspettarci un grande avvenimento che coinvolga in un solo istante tutto il mondo. Ognuno di noi incontrerà Gesù al momento della sua morte, cioè il momento del suo passaggio dalla vita terrena a quella eterna. Lì verrà giudicato per come ha vissuto la vita terrena.
Qual è il metro di giudizio che Dio userà quel giorno? In base a cosa io sarò giudicato? L’amore.
Gesù ci dice che Lui è già qui ora in mezzo a noi e quindi possiamo incontrarlo già ora, senza aspettare la nostra morte. Di conseguenza, il giudizio lo riceviamo in ogni singolo momento, ad ogni azione che facciamo. Se siamo capaci di riconoscere la sua presenza, partecipiamo già alla beatitudine eterna che vivremo in modo pieno ed eterno dopo la morte. Lui spiega questo dicendo che Lui è presente in ognuno dei fratelli che incontriamo e che hanno bisogno del nostro aiuto. La domanda che dobbiamo farci è: sappiamo servire gli altri?
Le immagini che usa per descrivere questi incontri rappresentano situazioni molto semplici e quotidiane, azioni piccole che ciascuno di noi può fare tante volte ogni giorno: dar da mangiare, dar da bere, visitare, ospitare, vestire. Per rendere l’immagine più viva e comprensibile, Gesù divide le persone in due gruppi che Lui distingue con le parole: benedetti e maledetti.
I maledetti sono coloro che non lo hanno riconosciuto e per questo non hanno agito. Io sono convinto che se avessero saputo che nella persona di fronte a loro c'era Gesù, si sarebbero comportati in una maniera molto diversa. Quando noi dobbiamo rapportarci a delle persone, facciamo sempre delle differenze tra le persone importanti, che trattiamo bene, e quelle non importanti che spesso ignoriamo. A spingere il nostro comportamento non è amore ma interesse.
Neanche i benedetti, nella parabola, sembrano aver riconosciuto Gesù, però loro agiscono ugualmente con amore e servizio; non sono spinti dall'importanza delle persone con cui hanno a che fare, ma dal loro bisogno. In loro non c'è interesse o vantaggio personale, ma vero amore.
Quindi il criterio di divisione non è dettato dalla conoscenza, ma dall’amore.
Se la beatitudine eterna consiste nel condividere la natura e la vita di Dio, che è puro amore, ogni volta che facciamo un gesto di amore anticipiamo questa beatitudine, mentre ogni volta che ci rifiutiamo di amare perdiamo tale occasione. Allora il Paradiso e l’inferno non iniziano dopo la nostra morte, ma già ora. Noi crediamo che fare del bene sia un investimento sul futuro, invece è un acquisto già per il presente.