La "Parola" da creatore a creatura
Il verbo si fece
carne. Seconda domenica di Natale. Anno A. Gv 1,1-18
Alla fine
del tempo di Natale la liturgia ci invita a concentrarci sull’essenziale Finora abbiamo sentito il racconto dei fatti riguardanti
la nascita di Gesù ma siamo stati distratti dalle molte feste, ora che le feste
sono quasi concluse la riflessione teologica di Giovanni ci richiama
all’importanza di quel che celebriamo.
Giovanni non si sofferma a narrare avvenimenti,
quando lui scrive esistono già sia il vangelo di Luca che quello di Matteo e
quindi chi vuol conoscere la storia può leggere lì. Ma lui si rende conto che quello che è
avvenuto a Betlemme è qualcosa di inconcepibile, incomprensibile per la mente
umana e che una persona, confrontata con una realtà tanto grande o si lascia
sopraffare o si rifugia nella poesia riducendone la forza. Qual è questo
messaggio tanto difficile da accettare per i cristiani di Giovanni? La storia
del Dio onnipotente si intreccia con quella di un’umanità destinata alla morte,
e Dio con il suo amore decide di far sua la fragilità umana per riscattarla.
Veniamo al
testo. Il primo aspetto che colpisce il lettore è che Giovanni si riferisce a
Gesù usando il termine “Logos” cioè la parola. Il riferirsi a Gesù come “Verbo”
lo si trova solo qui, poi un piccolo accenno nella 1 lettera di Giovanni e poi
nell’Apocalisse. Quindi è una prerogativa di Giovanni. Abbiamo un passo
interessante nel libro dei Proverbi, al capitolo 8 (27-31) che parla della
Sapienza di Dio e la descrive come una ragazzina che era con Dio al momento della
creazione. “Quando Dio fissava i cieli io
ero là; Io ero con lui come un architetto ed ero la sua delizia e ponevo le mie
delizie tra i figli dell’uomo”. Giovanni non usa la parola “Sofia”,
sapienza ma la parola “logos” perché vuole arrivare a questa parola che poi si
incarna, ma applica a Gesù tutti i motivi sapienziali. La parola è ciò che crea
(Dio disse … e fu). Ora non è solo la parola che crea l’uomo ma è la parola
stessa che si fa uomo.
Giovanni utilizza “la parola” anche perché è
ciò che comunemente utilizziamo per comunicare con gli altri. Dio vuole entrare
in comunicazione con noi e lo fa presentandosi sotto forma di un bambino, un
“infante” cioè di una parola che non sa parlare. Dio ci sta dando un messaggio
incredibile: è facile credere che esiste un Dio che è all’origine di tutto, il
creatore e il governatore di tutto, ma credere che questo Dio vuole abbassarsi
al nostro livello, farsi uno di noi, accettare la nostra debolezza, è inconcepibile.
Questo bambino debole, quando crescerà ci parlerà di Dio, ma ci sta già
parlando ora, da quella mangiatoia, con l’ambiente che ha scelto per
incarnarsi, con le persone che ha scelto per rendere possibile tale mistero,
con le priorità che ha posto nella sua vita.
Questa parola era la vita e la vita era la luce degli
uomini. Qui un secondo concetto molto importante da capire. Bisogna chiarire i
termini: “Vita”, nel NT, non è mai “Bios” ma “Zoé” è la vita dell’eterno. La
vita che Dio ci dà non è la vita biologica che ci viene dal parto ma che poi
perisce, Lui ci dà la Zoé che va al di là di tutti i cambiamenti biologici, al
di là della morte stessa.
Una terza
immagine è quella della lotta tra le tenebre e la luce. La parola “tenebre” ha
sempre un significato negativo. Esse offuscano le cose, le rendono
irriconoscibili. La bellezza delle cose, nelle tenebre, perde il suo valore.
Questo mondo crea tenebre, oscura il vero volto delle cose e le ricopre con le
sue false verità. Non si capisce più cosa sia vero o falso. Anche il volto di
Dio è spesso offuscato dalle nostre tenebre e non sappiamo più riconoscerlo, ci
siamo creati delle false idee su di Lui. Ma ora la luce è entrata nel mondo ed
ha squarciato le tenebre, ha fatto chiarezza sulla verità La parola era la luce vera che
illumina la vita di ogni uomo. Questa luce si sintonizza con i desideri più
profondi dell’uomo.
. Ora guardando a quel povero bambino
indifeso e fragile possiamo fare chiarezza al senso della nostra vita perché
possiamo capire chi è Dio.
Quando una cosa viene colpita dalla luce,
risplende. Noi non vediamo la luce ma vediamo le cose che risplendono a causa
di essa. Ci guardiamo attorno e non vediamo Dio ma cose e persone, eppure le
vediamo perché la luce le fa risplendere. Se togliamo la luce o allontaniamo le
cose dalla luce allora non le possiamo più riconoscere. In Dio diveniamo
splendenti e possiamo conoscere la verità, senza di Lui tutto diviene tenebre e
menzogna.
C’è tanta gente oggi che si crede luce, che
vuol farsi vedere e spesso quello che vuol far vedere non è verità ma
un’immagine creata ad hoc per ingannarci. Noi non siamo luce ma dobbiamo
presentarci nella luce di Dio. Persino Giovanni il Battista non era luce, ma è
venuto a dare testimonianza alla luce. Se lui risplende è perché la luce vera è
arrivata.
Le nostre parole possono essere luce o
tenebra, possono essere amore o odio, verità o menzogna. Per capirne la
differenza dobbiamo confrontarle con la parola vera che è quel bambino lì, luce
che non ci inganna. Le altre sono solo inganno.
Siamo in grado
di conoscere questa verità? Il mondo è stato fatto con sapienza e quindi è in
grado di accogliere la verità, ma nel mondo ci sono molti che non la accettano.
Giovanni usa spesso la parola “mondo” in modo assoluto per descrivere coloro
che si mettono in posizione opposta a Dio, di rifiuto. Anche in Italiano,
“mondano” è l’opposto di “spirituale”. Ma il mondo in sé ha la capacità di
accogliere Dio perché da Dio è stato creato. Era nel mondo e il mondo era
stato fatto per mezzo di lui e il mondo non lo riconobbe. Non è conoscere, è
riconoscere che questa sapienza è in sintonia con il nostro essere. Riconoscere
che sono fatti l’uno per l’altro. Con questa sapienza ci deve essere un vero
rapporto sponsale.
A quanti lo
accolgono egli concede la grazia di diventare “Figli”, perché non siamo stati
generati dal sangue o dalla carne ma da Dio. Ecco perché il Verbo si è fatto
carne, cioè fragilità, perché tutti noi possiamo condividere la gloria del
Padre. Se non riusciamo ad accettare che Dio si rende debole, mortale,
bisognoso di protezione, di carezze, ecc. rimaniamo “mondani” cioè tenebra. È
giusto avere dei dubbi perché il mistero è ben al di sopra della nostra
capacità di comprensione, ma Gesù è venuto proprio per abbattere questo muro
che ci separa da Lui. Abbiamo bisogno di sottolineare in continuazione che noi non siamo fatti
solo di Bios dalla vita biologica che ci viene dai nostri genitori, ma
soprattutto dalla Zoè, la vita spirituale che ci viene da Dio e allora non
possiamo fermarci a soddisfare i bisogni biologici ma dare precedenza a quelli
spirituali. Se noi riconosciamo che questa sapienza ci tocca nel nostro intimo,
diventiamo figli di Dio.
Ci ha dato il potere (diritto) di chiamare Dio Padre . Nella
prima lettera Giovanni ribadisce lo stesso concetto: “Quale amore ci ha dato il
Padre di essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente”. Da sempre abbiamo
questo dono ma si sviluppa quando accogliamo questa luce.
E
arriviamo al punto culminante: “la parola
si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi”. Carne è il termine semitico che vuol dire si è fatto uomo
ma con la fragilità dell’uomo. Non ha preso un’apparenza di uomo ma la natura
dell’uomo con ogni fragilità debolezza, limite, anche la morte. Ha colmato la distanza abissale che ci separava da Lui e
che lo rendeva irraggiungibile. Ora ce l’abbiamo tra noi e possiamo
accoglierlo, incontrarlo, accettarlo in ogni momento.
Mi chiedo: noi,
dopo tanta preparazione, lo accogliamo davvero questo bambino? Lui ci dà il
potere di diventare figli di Dio, ma noi ci teniamo davvero a diventare figli
di Dio? Lui ci ha mostrato grazia e verità, ma noi cerchiamo davvero la verità
delle cose?.
Io credo che forse per tanti anni abbiamo
vissuto il Natale in maniera molto passiva, cioè, lasciando che venisse,
rallegrandoci per la festa, preparando un bel presepio, dei bei regali, un buon
pasto, naturalmente andando a Messa e magari anche a confessarsi, ma il Natale
ha portato dei cambiamenti nella nostra vita? Questo bambino che è venuto ha
avuto occasione di “prendere dimora in noi” o è stato solo di passaggio per un
periodo durato quanto le feste e poi tutto è tornato come prima? Allora che è
venuto a fare? Gesù è stato accolto dalle persone attive, dai pastori che
andarono di fretta, dai Magi che partirono da lontano, mentre non riuscirono a
vederlo i pigri chiusi nella loro casa, né gli abitanti di Betlemme né quelli
del castello di Erode, anzi per loro la “buona notizia” ha segnato un disturbo
alla loro pace e hanno reagito in modo violento chiudendo le porte o
addirittura mandando i soldati.
Un bambino, un indifeso, uno incapace di
parlare o di agire, uno che ha bisogno di tutto e di tutti ha sconvolto il
mondo: e noi siamo disposti a lasciare che sconvolga anche la nostra vita?
Buon Natale cari fratelli vi auguro che
Cristo prenda veramente stabile dimora nel vostro cuore e nella vostra mente.