Colui che ci dà la vera libertà
Solennità di Pentecoste
Siamo alla conclusione
della Pasqua. Oggi è la festa dello Spirito Santo. Nella catechesi non se ne
parla molto. Eppure Egli è l’unica eredità che Gesù ci ha lasciato. Ci ha
donato il suo Spirito. Nell’ultima cena Gesù ne parla continuamente ma sembra
che gli apostoli sviino dal discorso. È difficile capire chi esso sia.
Allora, dato che il Vangelo
di oggi è lo stesso di quello di due settimane fa, chi volesse un commento più diretto al brano
evangelico può far riferimento a quella predica. Io approfitto dell’occasione
per fare, invece una riflessione sulla festa di oggi: la Pentecoste.
La Pentecoste è una festa
non solo da celebrare ma da vivere. Chiediamo allo Spirito Santo di fare adesso
quello che fece 2000 anni fa. Nel
racconto di ciò che avvenne quel giorno si dice che erano tutti riuniti nello
stesso posto, come noi qui oggi, “mentre i giorni di Pentecoste stavano giungendo al compimento”, questo vuol dire che la Pentecoste esisteva già. Infatti questa è una
festa che risale a molti secoli prima di Cristo e che celebrava il momento in
cui venivano offerte a Dio le primizie della natura, ma commemorava anche e soprattutto
l’avvenimento del Sinai, cioè Dio che dona la legge e costituisce il popolo di
Israele come Suo Popolo. Al tempo di Gesù era soprattutto questo il senso: il
dono della legge. Quindi lo Spirito Santo scende sugli apostoli mentre essi
stavano celebrando la legge. Sant’Agostino dice: “50 giorni dopo che il popolo
aveva immolato gli agnelli ed era uscito dall’Egitto Dio dona loro la legge
scritta su tavole di pietra. 50 giorni dopo l’immolazione del vero agnello,
Cristo, Dio dona la nuova legge, ma questa volta non scritta su tavole di
pietra ma nei nostri cuori”. Lo Spirito Santo è la nuova legge, la legge
interiore. Lo Spirito diventa la norma di vita del cristiano. In che senso? “Tutti
furono ripieni dello Spirito Santo”. Sappiamo che Esso è l’amore che circola
tra il Padre e il Figlio. Loro fecero l’esperienza travolgente di essere amati
da Dio con lo stesso amore con cui il Padre ama il Figlio e viceversa.
San Paolo nella lettera ai
Romani 8,1-2 dice: “Non c’è più nessuna
condanna per quelli che sono in Cristo Gesù perché la legge dello Spirito che
dà la vita in Cristo Gesù ci ha liberato dalla legge del peccato e della
morte”. Che significato hanno queste parole? Pensiamo a un condannato a morte
chiuso in una prigione pieno di paura perché sa che ogni momento potrebbe
essere l’ultimo, ma a un certo punto sente una voce che gli proclama: “hai
ricevuto la grazia”. Questo è l’effetto che hanno fatto le parole di Paolo ai
pagani che ascoltarono per la prima volta queste parole.
Quante volte noi ripetiamo
queste parole come se fossero parole qualsiasi. Quante persone si
autocondannano si reputano miserabili, sporche, inutili e non amate: Essi hanno
bisogno di queste parole.
Dove c’è lo Spirito di Dio
c’è la libertà. Paolo sottolinea che Gesù è venuto a darci la legge dello
Spirito. Non siete più soggetti alla legge materiale ma alla grazia. La legge
scritta sulla pietra è impossibile da seguire; io la accolgo con la mia testa,
ma poi il mio cuore mi trascina altrove. Questa sconfitta è l’esperienza
quotidiana di ognuno di noi. La natura umana non porta l’uomo ad amare in modo
perfetto ma a ricercare la soddisfazione personale. Abbiamo bisogno di una
natura nuova che ci faccia comprendere questa necessità di amare in modo
incondizionato. San Paolo nella lettera ai Galati descrive chiaramente quali
sono i frutti di una vita vissuta solo seguendo le pulsioni della natura umana
e quali i frutti di chi si lascia guidare dalla nuova natura che Gesù ci ha
donato nella Pasqua. Allora ci vuole una legge che si indirizzi al cuore, cioè che
cambi la nostra stessa natura, ci renda partecipi della “Sua” natura: l’Amore.
Se l’esperienza umana
dell’amore, che è così fragile, può produrre cambiamenti nel comportamento delle
persone, basti pensare a cosa succede nella testa di un giovane quando si
innamora per la prima volta di una ragazza, cosa dovrebbe succedere quando si
sperimenta l’infinito amore di Dio? “Tu sei importante, Dio si prende cura di
te perché sei prezioso”. Non c’è vita, per disgraziata o diroccata che sia, che
lo Spirito non possa cambiare in nuova. Rm 5,5 dice: “L’amore di Dio è stato riversato
nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato”. Questo amore è
una legge che copre tutto. In che senso? Ci sono due modi per spingere qualcuno
a fare o non fare qualcosa. Il primo è quando gli dai una legge e stabilisci un
castigo se non la mette in pratica. Il secondo modo è per attrazione non per
costrizione: tu sei attratto dall’oggetto del tuo desiderio, mostra a una
persona la strada di Dio, il senso di appartenere a Dio, mostragli Dio e vedrai
che la persona si mette in cammino per raggiungerlo. Sant’Agostino diceva: “Il
nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. Lo Spirito Santo ha
trasformato lo schiavo in figlio.
Finché l’uomo vive nel
peccato Dio gli appare come nemico, come un ostacolo perché lui concupisce
denaro, potere e Dio gli appare come colui che gli sbarra la strada
nell’ottenere quello che concupisce. Quando lo Spirito Santo viene in noi,
nella misura in cui è accolto, comincia ad aprire nella persona un occhio nuovo
che ci fa vedere un modo diverso di essere felice. Dio non è più un ostacolo ma
un alleato, un Padre, non più un padrone, e il cuore di pietra comincia a
sgretolarsi finché rimane un cuore di carne e uno può esclamare con pieno senso
“Abbà, Padre”. Il lavoro che lo Spirito fa in noi non è un’opera diversa da
quella di Gesù, ma l’opera stessa di Gesù che si mette in pratica. Gesù stesso
ha detto: "devo andare per mandarvi il paraclito che vi insegnerà ogni cosa".
Dopo il racconto della
Pentecoste, c’è scritto che Pietro parla alla folla e dice: "Gesù voi lo avete
crocifisso ma Dio lo ha risuscitato e lo ha costituito Signore e Messia". Gesù
noi lo abbiamo crocifisso quando con il nostro egoismo, con la nostra sete di
potere abbiamo di fatto rigettato il suo messaggio, ma Dio lo ha risuscitato.
Lo Spirito Santo lo rende operativo.
C’è scritto anche che gli
Apostoli cominciarono a parlare in lingue nuove. La lingua è lo strumento della
nostra comunicazione. Chi è legato alla natura antica, parla la lingua antica
piena di egoismo, di soprusi, di divisione, di dubbi. Chi fa posto allo Spirito
parla in modo nuovo perché se in noi si manifesta lo Spirito di Cristo allora
il nostro modo di parlare, di comunicare sarà amore, perdono, apertura. Gesù e
il suo Spirito devono entrare dappertutto. Dobbiamo convincerci che Lui non
viene a disturbarci, a derubarci di qualcosa, a farci soffrire, ma viene per
garantire la nostra felicità, il successo di quello che facciamo. Dire che Gesù
è il Signore deve dare senso a tutto quello che facciamo e un modo nuovo di
farlo. L’ultimo orizzonte sia Gesù.