Il pane che ci cambia la vita

Domenica del Corpus Domini. Lc. 9,10-17
Oggi celebriamo la festa del Corpo di Cristo,  la festa dell’Eucarestia.  Dobbiamo cogliere a fondo il messaggio che Gesù ci ha dato per non diminuirne il valore. Per fare questo utilizziamo il vangelo di oggi. Vedete che la liturgia ha scelto di presentarvi non il racconto dell’ ultima cena ma quello della distribuzione del pane. Cerchiamo di comprendere bene questo messaggio.
Prima di tutto dovremmo evitare di chiamarlo moltiplicazione. Il verbo moltiplicare non c’è. C’è scritto che Gesù prende quello che gli è dato, lo benedice,  lo ridà a loro perché lo distribuiscano e che questo pane è sufficiente per tutti,  anzi abbondante. Non voglio mettere in dubbio il fatto che sia avvenuto o meno il miracolo,  ma non è quella la cosa importante, il racconto è fatto per darci degli insegnamenti teologici su qualche cosa di necessario per il nostro essere discepoli di Gesù.  Infatti abbiamo ben 6 racconti di questo miracolo ed essi si differenziano per molti particolari che alla lettera diventano problematici e incompatibili tra loro, ma che hanno molto senso se sono letti come 6 catechesi diverse sull’Eucaristia.
Qual’è il messaggio del racconto? Gesù sta predicando la venuta del Regno di Dio. Allora: questo regno è qualcosa che si realizza sono nell’aldilà o è già presente di qui? Piove dal cielo o dobbiamo costruirlo anche noi? In poche parole: l’Eucaristia è un sacramento che serve solo per guadagnarci il paradiso o deve far cambiare anche il nostro rapporto con i fratelli e con le cose  del mondo?
Vediamo i dettagli del racconto di oggi.
I discepoli chiedono a Gesù di congedare la folla perché ci sono 2 problemi: bisogno di cibo e bisogno di alloggio; fame di cose materiali e fame di cose più spirituali. Ognuno di noi sperimenta vari tipi di fame : fisica,  fame di affetto, di amicizia,  fame di sapere,  di conoscenza,  fame di gloria, fame di Dio. Dio ha messo a nostra disposizione tutte le cose del mondo per saziare questa fame,  ma queste potranno farlo solo a patto che siano usate secondo il piano di Dio perché possano bastare per tutti. C’è anche il problema dell’alloggio,  del sentirsi accolti. Il brano usa il verbo “kataluo”, trovare riposo. La pancia piena non soddisfa l’uomo,  lui ha bisogno di sentirsi accolto, amato,  allora la vita si realizza in pienezza. Come saziare questa vita?
I discepoli dicono: ognuno si arrangi, vada al mercato e compri secondo il tuo bisogno. Dio ha dato a ciascuno di noi dei doni ed essi hanno bisogno di essere distribuiti.  Se li tratteniamo inaridiscono, se li distribuiamo fruttificano.
Allora gli uomini hanno creato la logica del mercato. Invece di consegnarli se ne considerano padroni e cominciano a commercializzarli, a darli dietro compenso. In questa logica più aumenta la fame, più il mio prodotto acquista di valore e quindi posso chiedere un prezzo più alto. Questa logica non costruirà un paradiso terrestre ma una valle di lacrime. I ricchi possono investire e quindi diventare sempre più ricchi e i poveri sempre più dipendenti. Questo è alla base della logica della lotta. Se ognuno deve arrangiarsi c’è chi arriva prima, chi ha più soldi,  chi ha conoscenze, e chi invece rimane indietro,  rimane senza.
Gesù dice: “Voi stessi date loro da mangiare“. Gesù esclude ogni logica di compra-vendita.
La risposta sembra bella ma le risorse sono poche, solo 5 pani e 2 pesci, quindi è una teoria inapplicabile.  C’è una seconda possibilità: “andiamo noi a comperare per loro ma dove?”; è la logica dell’ assistenzialismo e dell‘elemosina,  ma ci sono 5000 persone,  sono troppe.
La risposta è no! L’elemosina è utile in questa società ma non costruisce il Regno di Dio.
Gesù agisce in un altro modo.  Dice: “Fateli adagiare a gruppi di 50”. Questo è un richiamo al libro dell’Esodo. Vuole una società organizzata dove ci si possa rendere conto del bisogno di ciascuno. Il verbo adagiare si riferisce alla posa assunta dagli uomini liberi per mettersi a tavola. Voi discepoli dovete diventare servi e loro devono essere trattati da uomini liberi. Il vostro servizio deve renderli liberi non dipendenti.
I discepoli obbediscono, fanno adagiare la gente e Gesù prende i pani e i pesci, cioè tutto quello che hanno, alza gli occhi al cielo e benedice, cioè riconosce che tutto viene da Dio,  non sono nostri, ce li ha dati Lui per il bene di tutti.  Il salmo 24 dice: “Del Signore è la terra e quanto contiene,  l’universo e i suoi abitanti “.
Gesù li spezza e li dà perché li distribuiscano. Tutti questi segni sono chiari riferimenti eucaristici.
Il miracolo non è nel pane in sé ma nel dare e distribuire. Deve sparire la logica del mercato e far spazio alla logica della distribuzione  gratuita di tutto quello che è essenziale ,
Ci sono molti pezzi avanzati che indicano che da una parte i doni che il Signore ci dà, se usati bene, sono sempre abbondanti,  ma dall’altra c’è il fatto che questi pezzi avanzati devono essere raccolti, questo ci dice che ogni spreco va evitato.  Pensiamo a quanto cibo viene sprecato ogni giorno,  quante risorse usate per cose inutili,  quanti oggetti comprati e subito scartati per la moda, la tecnologia  più avanzata.  Compriamo 10 e usiamo 2. Le camere dei bambini sono piene di giocattoli non usati, i nostri armadi pieni di vestiti.
Mi direte: “E tutto questo cosa centra con l’Eucaristia?“ Nell’ultima cena Gesù ha preso il pane e ha detto: “Questo sono io: prendete e mangiate”. Tutta la sua vita è stata un dono, questo pane ne è il simbolo. Nel mangiarlo assimiliamo la sua vita,  il suo insegnamento, lo facciamo nostro”. Gesù ha scelto di proposito il segno  mangiare e non camminare assieme o ascoltare. Con questo Sacramento siamo al livello più alto di unione, ma l’unione non è  tanto fisica perché il pane mangiato per qualche minuto rimane nel nostro corpo,  ma un’unione mistica di volontà,  intenti; qualcosa che cambia tutta la nostra vita. Se noi mangiamo Cristo ma non facciamo nostro il suo modello di vita,  la sua proposta di servizio,  allora non è vera comunione,  diventa una menzogna.

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