Noi nella Trinità


Festa della Santissima Trinità. (Pr. 8,22-31.  Gv. 16,12-15)
Chi è Dio? Nei secoli e nelle diverse religioni ci sono state varie immagini di Dio. Per i Greci e i pagani gli dèi erano persone ma non erano coinvolti con la vita degli uomini. Qualche altra civiltà antica vedeva il proprio dio come un essere bellicoso che doveva difendere il suo popolo lottando contro il dio del popolo nemico. Il Dio di Israele era un Dio che viveva con il suo popolo. Loro lo vedevano come il datore della legge che, se loro erano obbedienti, li avrebbe benedetti, se disobbedienti, li avrebbe puniti.
Non è sufficiente credere che Dio esiste, bisogna vedere che immagine di Dio abbiamo, quanto questa immagine influisce sulla nostra vita.  E noi? Abbiamo forse un Dio onnipotente a forma di macchinetta, dove inserisco la moneta delle mie preghiere e ne esce il miracolo di cui ho bisogno? Un Dio che ci ha dato troppe leggi, spesso impossibili da seguire e pure disumanizzanti? Un Dio che mi dà o toglie la felicità a suo piacere? Queste sono immagini che ci siamo creati noi lungo i secoli ma che non corrispondono alla natura di Dio. Allora qual è l’immagine del Dio dei cristiani? La rivelazione ci dice che è un Dio “Trinità”; attenti però a come impiegare questo termine. La bibbia non usa questo nome perché essa non fa una teologia su Dio ma ci racconta quello che Dio fa. Nell’Antico Testamento si parla quasi esclusivamente del Padre. Lui ha creato il mondo con sommo piacere, ha scelto il Popolo di Israele e lo ha condotto attraverso le traversie di molti secoli. Chiaramente lì non si parla di Gesù, ma mi piace quanto descritto nel libro dei proverbi, la prima lettura di oggi, dove parlando della “sapienza” dice: «Quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo». Sembra quasi che la creazione consista in Dio Padre che guardando il Figlio amato si diverte ad imitarlo nella maniera più svariata, producendo quella che chiamiamo la creazione. Siamo frutto dell’amore che il Padre ha verso il suo Figlio, frutto della fantasia e dell’ingegneria di Dio. Riguardo allo Spirito si utilizza spesso la formula “Spirito di Dio” che sta ad indicare la sua forza vitale, la sua potenza e la sua scienza messa in opera. Nel Nuovo Testamento, con l’incarnazione il Figlio non solo si rende visibile a noi ma ci può rivelare la realtà delle cose. Gesù sottolinea spesso la sua unione al Padre: è venuto per farne la volontà, lo vediamo spesso in preghiera per confrontarsi con Lui, dice di voler tornare al Padre, di essere venuto a comunicare tutto quello che il Padre gli ha dato, ed infine ci ha insegnato che quando dobbiamo pregare dobbiamo dire “Padre”. Lui, poi ci rivela chi veramente è lo Spirito Santo, cioè la forza di amore di Dio che è in noi per poter continuare, per tutta l’eternità e senza limitazioni,  l’opera che Gesù stesso ha iniziato qui in terra, e che per ragione della sua “umanità” risultava molto limitata. Da qui si vede come tutto ci parla di relazione: relazione tra le tre persone di Dio e relazione tra Dio e noi. Siamo inseriti in pieno nella storia di Dio, nelle sue dinamiche di amore: siamo frutto del suo amore, un frutto di cui Lui si compiace nonostante le nostre mancanze e debolezze. Quindi questa vita d’amore di Dio ci interessa perché è anche il nostro destino.
Se Dio è comunione d’amore, noi siamo a sua immagine e questo è anche il nostro destino, allora in qualche modo dobbiamo far vedere questa comunione. I due luoghi dove dovrebbe essere più facile vivere tale realtà e testimoniarla sono la Chiesa e la famiglia. Nel vivere l’amore nella Chiesa e nella famiglia dobbiamo ricordarci che quello che ci è chiesto non è un amore sentimentale, ma l'amore del Padre che crea e dà vita, l'amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l'amore dello Spirito che rinnova l'uomo e il mondo. Pensare che Dio è amore ci fa tanto bene, perché ci insegna ad amare: noi siamo chiamati a rigettare tutto quello che sa di morte, di divisione, di condanna e impegnarci in tutto quello che sa di vita, unità, perdono.
Voi mi direte: Quanta teoria e quanto complicato sei oggi. La Santissima Trinità non è frutto di ragionamenti umani e non si comprende con ragionamenti; è il volto con cui Dio stesso si è rivelato, non dall'alto di una cattedra, ma camminando con l'umanità. E' proprio Gesù che ci ha rivelato il Padre e ci ha promesso lo Spirito Santo. Dio ha camminato con il suo popolo nella storia del popolo d'Israele e Gesù ha camminato in mezzo a noi e ci ha promesso lo Spirito Santo che è fuoco, che ci insegna tutto quello che noi non sappiamo, che dentro di noi ci guida, ci dà delle buone idee e delle buone ispirazioni. Infine è guardando alla bibbia che impariamo a conoscere ed imitare Dio.
Nel Vangelo di Giovanni vediamo che Gesù, parlando con Nicodemo gli dice che dobbiamo rinascere dall’alto. Noi uomini siamo semplicemente destinati alla morte biologica come tutti gli altri esseri viventi? No! Dio ci ha creati diversi dagli altri esseri viventi, ci ha creati “a sua immagine”, cioè con dentro di noi qualcosa che gli altri esseri non hanno, cioè la possibilità di partecipare alla sua vita, di renderla presente e operante in noi, vita che, anche quando la parte biologica deperisce a causa del tempo, malattie, eccetera, continua senza esserne intaccata, perché è natura divina, è la vita eterna, la vita di Dio. Nel giorno della nostra morte corporale essa si rivelerà nella sua pienezza ma è già dentro di noi, tocca a noi riscoprirla, renderla operante, renderla rilevante in modo che arrivi ad influenzare quella biologica.
Sempre nel vangelo di Giovanni, lo abbiamo visto nel brano di oggi, Gesù afferma: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future». Gesù ci ha nascosto qualcosa?  Lo Spirito Santo ha cose nuove da rivelare? No! Gesù ci ha già detto tutto: “Tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,15). Quindi compito dello Spirito Santo non è aggiungere qualcosa ma illuminarci perché riusciamo a comprendere tutto in un modo nuovo, nel modo giusto. Qual è questa verità di cui Gesù parla? Il dono della vita che lui sta per dare, la croce. Gesù ne aveva parlato, ma loro avevano sempre rifiutato il discorso. Non è sufficiente che lo Spirito faccia capire il gesto del sommo amore di Gesù, conoscere tutto su di lui, Egli ci guida perché noi possiamo dare la nostra adesione. Gli apostoli, dalla paura che li ha fatti fuggire il Giovedì Santo, passano allo stupore della sera di Pasqua, ma è solo il giorno di Pentecoste, dopo che sono stati riempiti dall’esperienza d’amore dello Spirito Santo che è entrato in loro, che hanno il coraggio di uscire e cominciare a testimoniare.
Il vangelo termina dicendo: «Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». La parola “glorificherà” in italiano vuol dire “parlare bene, raccontare cose belle. Qui c’è di più; una persona non si sente glorificata solo quando si parla di Lui, ma quando quello che ha fatto viene utilizzato, apprezzato, quando quello che ha insegnato produce frutti. Lo Spirito Santo è chiamato a fare in modo che tutto l’insegnamento di Cristo in noi diventi vita vissuta e il suo dono di amore diventi sorgente di amore per gli altri. Questa unione tra le persone di Dio: “tutto quello che il Padre possiede è mio e lo Spirito ve lo darà” ci coinvolge perché anche noi dobbiamo diventare parte della famiglia divina.
Siamo chiamati a vivere non gli uni senza gli altri, sopra o contro gli altri, ma gli uni con gli altri, per gli altri, e negli altri. Questo significa accogliere e testimoniare concordi la bellezza del Vangelo; vivere l'amore reciproco e verso tutti, condividendo gioie e sofferenze, imparando a chiedere e concedere perdono, valorizzando i diversi carismi sotto la guida dei Pastori. In una parola, ci è affidato il compito di edificare comunità ecclesiali che siano sempre più famiglia e famiglie che siano sempre più Chiesa, capaci di riflettere lo splendore della Trinità e di evangelizzare non solo con le parole, ma con la forza dell'amore di Dio che abita in noi.

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