Cosa ci rende Cristiani: l'amore.
Il
comandamento dell’amore Marco 12, 28-34
Oggi
dobbiamo ringraziare uno scriba. Con la sua domanda ha dato a Gesù la
possibilità di spiegarci, una volta per tutte, in cosa consiste la vita del
cristiano. Marco pone questo episodio all’interno della Settimana Santa. Gesù
ha già terminato il suo viaggio, la sua predicazione in Israele ed ora è giunto
a Gerusalemme per adempiere quello che varie volte ha annunciato: dobbiamo
cambiare mentalità per riconoscere le cose come le vede Dio. Dobbiamo passare da
una vita basata sul fare per obbedire a una vita fatta di amore, umiltà e
servizio e questo lui lo attuerà fra pochi giorni sul Calvario.
Da
quando è arrivato a Gerusalemme, Gesù si è scontrato varie volte con i capi del
popolo, specialmente quando ha cacciato i venditori dal tempio. Ormai cercano
tutti i modi per farlo morire. Durante le discussioni avute, uno scriba probabilmente
rimane colpito dal modo di ragionare di Gesù, capisce che può acquisire da lui
qualche conoscenza importante allora gli rivolge una domanda molto frequente
tra gli studiosi dell’epoca: “Qual è il primo dei comandamenti?” Di
comandamenti, nella legge di Mosè, ce n’erano 613, un numero enorme che nella
tradizione ebraica comprendeva 248 leggi positive (248 è il numero delle ossa
umane e quindi tutto il tuo corpo deve essere impegnato a fare il bene) più 365
divieti (365 sono i giorni dell’anno solare per cui ogni giorno della tua vita
devi stare attento a non fare il male). Comunque al di là del bel significato
del numero, 613 leggi erano troppe, specialmente per la maggior parte della
gente che non aveva la cultura e la capacità intellettuale per impararle tutte.
Trovare il primo comandamento vuol dire trovare quello da cui tutti gli altri
derivano, quello che influenza e dà senso a tutto ciò che dobbiamo fare.
Gesù
risponde nel modo più ovvio possibile citando un passo del libro del
Deuteronomio: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la
tua anima e con tutta la tua mente”. Questa era senza dubbio la pagina più
famosa dell’AT, tanto è vero che ogni Ebreo devoto la usava all’inizio di ogni
momento di preghiera, il che vuol dire 5 volte al giorno. Essa iniziava con la
professione di fede: “Ricordati Israele che YHWH è il tuo Dio ed è l’unico, per
cui …”. L’amore è la conseguenza logica dal riconoscere chi è Dio e cosa sono
io in rapporto a Lui. Qui c’è una prima novità: Gesù aggiunge “con tutta la tua
mente”, è una sottolineatura importante anche per noi oggi che ci chiede di
studiare Dio e la sua parola, di sforzarci di conoscerlo, non abbandonarci a
fanatismo cieco o a fatalismo.
Una
seconda novità introdotta da Gesù è la seconda parte: “Amerai il tuo prossimo
come te stesso”. Lo scriba non gli aveva chiesto di aggiungerne un secondo ma
Gesù lo fa perché per Lui le due parti non possono essere distaccate. Marco è
l’unico che nel riportare l’episodio li mette in gerarchia, Matteo, invece
parla di similitudine tra i due e Luca li tratta come fossero un comandamento
unico. Per tutto il resto del Nuovo Testamento, il comandamento sarà sempre
unico: “Amatevi l’un l’altro come Io ho amato voi”.
Anche
questa frase sul prossimo è presa dall’AT, dal Libro del Levitico che ci fa
capire chiaramente come molte leggi fossero state introdotte proprio per
favorire i poveri o i bisognosi. Essa, però era passata un po’ in sordina
perché non era chiaro a chi si riferisse quella parola “prossimo”. Se vi
ricordate nel Vangelo di Luca a questo punto il fariseo, rendendosi conto della
gaffe che aveva fatto, per scusarsi chiede: “e chi è il mio prossimo?” al ché
Gesù risponde con la parabola del buon Samaritano.
Alla
fine Gesù aggiunge “come te stesso”, è il massimo a cui poteva arrivare la
mentalità rabbinica. Ricordiamoci che siamo nella Settimana Santa e Gesù sa
benissimo che fra pochi giorni lui andrà ben al di là di tale limite dando la
sua vita per il suo prossimo. Per questo Giovanni trasforma il comandamento in:
“Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”. Gesù pone l’amore al di sopra di
tutte le leggi.
“Amore”
è una parola così abusata al giorno d’oggi. I nostri giovani la usano in
continuazione, dicono “ti amo” credendo di dire una parola magica e invece
stanno solo esprimendo dei sentimenti che in sé sono egoistici perché esprimono
solo ciò che fa piacere a me, ciò che soddisfa i miei desideri. Questo non è
vero amore. Un Cristiano che segue questo comandamento dovrebbe chiedersi in
continuazione: “quello che faccio, quello che dico, aiuta l’altro a vivere
meglio? Gli dà forza e speranza o glie la toglie?”.
Subito
dopo lo scriba ripete le parole di Gesù e questo gli merita un elogio: perché?
Perché Gesù elogia uno che semplicemente ha ripetuto quello che lui aveva detto?
Perché questo scriba aggiunge che, amare vale più di tutti gli olocausti e i
sacrifici. Dicendo questo rompe la mentalità rabbinica che riteneva che la
fedeltà alla legge era la cosa suprema e l’unica garanzia di salvezza. Vi
ricordate qualche domenica fa il giovane che si era presentato da Gesù
chiedendo cosa doveva fare per avere la vita eterna? Lui seguiva tutti i
comandamenti ma quando Gesù gli aveva detto “Va, vendi quello che hai e dallo
ai poveri” lui aveva rinunciato e se ne era andato triste. La salvezza sta
nell’amore non nell’osservanza e l’osservanza ha senso solo come conseguenza
dell’amore.
Allora,
riassumendo, potremmo chiederci: cosa ci rende Cristiani? L’amare. Amare tutti,
amare come Gesù ha amato, amare senza riserve. Ma proprio tutti? Sì! Anche i
peccatori? Soprattutto i peccatori perché questo è ciò che Gesù ha fatto. Amare
anche chi mi fa del male? Soprattutto chi ti fa del male perché questo è ciò
che ha fatto Gesù dalla croce: “Padre perdona loro perché non sanno quello che
fanno”.
Noi
siamo ancora troppo abituati a fare distinzioni tra chi se lo merita e chi no,
chi mi piace e chi no, chi è mio parente, amico e chi no. Gesù ci chiede di
amare tutti perché in tutti è presente Dio e solo amando tutti si ama Dio. La
nostra società non potrà mai crescere se, di fronte a un problema, ognuno
guarda prima di tutto al suo interesse personale, alla difesa della sua
cultura, civiltà, confini, proprietà, eccetera.
Gesù
ci invita ad essere Cristiani cioè Figli di un Dio che è “Amore”. O amiamo come
lui ama o perdiamo la nostra somiglianza con lui.