Essere ciechi può essere comodo, ma è salutare?


La guarigione di Bartimeo, il cieco di Gerico. Mc. 10,46-52

Come al solito per comprendere a pieno il significato di questo miracolo dobbiamo considerare molti aspetti che creano l'ambiente. Prima di tutto questo è l'ultimo miracolo compiuto da Gesù nel vangelo di Marco. Siamo a pochi giorni dalla passione, Gesù e i suoi discepoli sono in cammino verso Gerusalemme. La città di Gerico è posta ad una trentina di chilometri da Gerusalemme nella valle del Giordano, vicino al mar morto. Serviva un po' come baluardo di difesa contro tutti quei nemici che arrivavano o dal deserto (Iraq), ma anche dal Sud, (Egitto, Giordania). È simbolo di difesa. Lì vive Bartimeo, nato cieco, non ha mai potuto vedere la realtà delle cose e questo lo ha bloccato, infatti passa tutta la sua giornata seduto a mendicare. Rappresenta la nostra chiusura, la nostra situazione statica rimaniamo nel peccato, nei nostri difetti, ci difendiamo, ci danno sicurezza, conforto (rappresentati qui dal mantello che nella bibbia è sempre visto come l'unico vero possesso e protezione del povero che lo usa per dormire e ripararsi). Tutto questo nonostante la brutta situazione in cui ci troviamo. Ma se ci fermassimo a questo non renderemmo giustizia al messaggio che Gesù vuol dare con il miracolo.
Nel capitolo 8 c’era la guarigione di un altro cieco. Miracolo strano perché sembra che al primo tentativo Gesù fallisca, deve intervenire una seconda volta. Poi inizia il viaggio verso Gerusalemme che si conclude col miracolo di oggi. Argomento affrontato da Gesù durante il viaggio è la necessità di cambiare modo di pensare e di agire. Ci sono i tre annunci della passione e le tre risposte sbagliate dei discepoli. Sono loro i ciechi e la guarigione è frutto di un processo lungo ma che ci deve portare a condividere la settimana santa di Gesù che presenterà servizio e sofferenza come armi vincenti di redenzione.
Il miracolo di oggi allora ci dice che non esiste solo la cecità o l'immobilità fisica, esiste anche una cecità e immobilità spirituale che spesso si maschera dietro una religiosità esteriore. Mi riferisco a quanto è scritto poche righe sopra l'episodio del vangelo di oggi e che noi abbiamo letto domenica scorsa. Mentre erano in cammino, i discepoli discutevano su chi avrà i posti più importanti nel nuovo regno. Gesù aveva detto chiaramente che sarebbero andati a Gerusalemme che lo avrebbero arrestato e messo a morte e loro pensano ai posti di potere, Giovanni e Giacomo addirittura vogliono che Gesù prometta loro la sedia alla sua destra e sinistra. Gesù è costretto a dire loro: “Non riuscite a vedere la verità delle cose”. Che i due episodi siano da tenere uniti non è solo perché sono vicini ma anche per la domanda che Gesù pone in entrambi i casi e che è esattamente la stessa: “Cosa volete che io faccia per voi”. Gesù li pone sullo stesso piano. La cecità di Giovanni e Giacomo è non meno pericolosa di quella di Bartimeo.
Se Bartimeo rappresenta la situazione dei peccatori incapaci di uscire dal loro peccato, Giovanni e Giacomo rappresentano i sedicenti giusti che pretendono di non avere peccato.
È interessante vedere lo sviluppo delle due situazioni. Bartimeo, pur essendo cieco riconosce il passaggio di Gesù e capisce che è giunta per lui l’opportunità di cambiare vita. Inizia a gridare, non è un semplice chiedere ma un vero e proprio gridare che sottolinea tutta la gravità della sua situazione. Se lui grida, i cosiddetti giusti cercano invece di zittirlo. Loro non vogliono cambiamenti, loro stanno bene nella posizione privilegiata.
È interessante che Gesù non va da lui, ma lo fa chiamare, proprio da quelli che prima cercavano di zittirlo. Si saranno forse sentiti colti in fallo, umiliati dal fatto che Gesù mandi proprio loro a chiamarlo. Si saranno forse ricordati della frase che Gesù aveva detto: “I pubblicani e le prostitute vi passeranno davanti nel Regno dei Cieli”. Il fatto che Gesù utilizzi per il cieco la stessa domanda che aveva fatto loro è un ulteriore pugnalata al loro orgoglio.
Lui era lì immobile, seduto, ora salta in piedi, lascia il mantello (tutto il suo possesso e sicurezza) e va veloce (lui cieco), tra la folla verso Gesù. Loro avevano chiesto posizioni di potere, Bartimeo chiede la grazia di vedere, di poter riconoscere, di entrare in una relazione di verità con Gesù. I discepoli avevano ricevuto solo una promessa di persecuzione, Bartimeo riceve il miracolo desiderato. Chi era il vero cieco? Bartimeo o i discepoli?
Gesù dice a Bartimeo: “La tua fede ti ha salvato”, mai aveva rivolto le stesse parole ai discepoli, anzi in varie occasioni aveva detto: “Quanto piccola è la vostra fede”. Ora Bartimeo può camminare libero, la sua dignità è ristabilita e lui cammina dietro Gesù.
E noi dove stiamo? Siamo capaci a riconoscere la nostra situazione di cecità, sentiamo il bisogno di fare un cambiamento radicale nel nostro modo di vedere le cose? Riusciamo a smuoverci dalla nostra immobilità spirituale, a superare il nostro perbenismo, a riconoscere che abbiamo bisogno di un intervento di Gesù per arrivare a capire la verità delle cose? Quante delle nostre attitudini, del nostro modo di fare che abbiamo costruito in anni e che ci fanno sentire sicuri, giusti, sono invece dei pesi che ci impediscono di camminare alla sequela di Cristo?
Quando sentiamo il desiderio di un cambiamento non lasciamoci scoraggiare dalle mille voci che risuonano nella nostra testa e che cercano di bloccarci. Esse ci dicono che non ne abbiamo bisogno, che non è colpa nostra, che non possiamo farci niente, che non ne siamo degni, che Dio non ha tempo per noi perché non ce lo meritiamo, che con noi non funziona, che dovremmo rinunciare alla comodità presente e in futuro ci pentiremo. Tutto ci porta a soffocare il desiderio di cambiamento e a rimanere bloccati nella mediocrità presente.
Lasciamoci invece guidare dalla fede perché solo con gli occhi del cuore si arriva a conoscere la verità e la verità ci farà liberi.

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