Al Calvario attraverso il Tabor: la Trasfigurazione
A
cosa serve un miracolo come quello della trasfigurazione? Nessuno
guarito, solo 3 testimoni, eppure la pagina di oggi ci pone proprio
al centro del mistero cristiano.
Prima
di tutto il brano inizia con alcune parole che, non so perché, la
lettura di oggi ha tralasciato, forse perché iniziare così in
italiano non è molto corretto: “dopo sei giorni”. Giustamente se
si dice questo bisogna fare riferimento a quel che è successo sei
giorni prima. Gesù aveva appena compiuto il miracolo più grande:
la moltiplicazione dei pani; i discepoli erano al pieno dell’
entusiasmo, ma Gesù si rende conto che si stanno allontanando dallo
stile iniziale, quello di umiltà, servizio, e si lasciano
attirare dalla facile gloria. Allora inizia a parlare della
necessità di scendere a Gerusalemme dove lui sarà catturato e messo
a morte. Come se non bastasse, invita gli apostoli a prendere la
propria croce e seguirlo. Gli apostoli non capiscono.
Ecco,
sei giorni dopo avviene la trasfigurazione. Essa viene compresa
solo se la si legge alla luce della passione e morte di Gesù. È
dura per chi si è abituato a vedere un Gesù forte, riuscire a
capire che la vera forza è nell'umiltà, nel servizio, nella morte.
Allora subito prima di dare il secondo annuncio della sua morte e di
mettersi in viaggio con loro fa questo miracolo. Lo scopo della
trasfigurazione, quindi, è principalmente quello di far capire cosa
Gesù deve fare e far capire che è volontà di Dio.
Salgono sul monte,
come Mosè che era salito sul monte e lì aveva ricevuto la legge,
come Elia che era salito sul monte e lì aveva ricevuto la parola di
Dio e l'ultima investitura, e lì sul monte ci sono proprio loro,
Mosè ed Elia a parlare con Lui e a dirgli della necessità di
scendere a Gerusalemme. Lì interviene anche il Padre a confermare
l'investitura a Gesù: “Questi è il mio figlio prediletto:
ascoltatelo”. Non ci possono essere più dubbi ora per gli
apostoli: Gesù è veramente il Messia, ma lo è quando muore, non
quando fa i miracoli.
Questa possibilità
di vedere e capire la realtà di Cristo Redentore non avviene nella
confusione, nel molto lavoro, gli apostoli devono lasciare la folla
che li osannava e salire al silenzio del monte alto.
Il tutto avviene in
un’atmosfera di preghiera, eh sì, perché senza la preghiera non è
possibile capire ed accettare il piano di Dio. Non siamo di fronte a
calcoli umani e la posta in gioco non è umana. La difficoltà
dell'accettare una cosa così grande la si vede anche nella
stanchezza dei tre discepoli che fanno fatica a rimanere svegli.
Guarda caso proprio gli stessi tre discepoli accompagneranno Gesù
nell'orto degli ulivi e anche là, mentre Gesù riceve l'investitura
finale, loro saranno vinti dal sonno.
La debolezza umana
è grande e spesso si sente schiacciata dall'enorme portata del
messaggio di Cristo, dall'impegno di essere cristiani coerenti.
Spesso ci sentiamo senza forze, incapaci di reagire. Bisogna
pronunciare la nostra frase di abbandono nelle sue mani: Signore è
bello per noi stare qui con te, faremo tre tende perché tu, Mosè ed
Elia rimaniate con noi.
Mosè ed Elia
rappresentano la legge e i profeti. Il nostro essere cristiani oggi
passa attraverso due canali, il primo è quello istituzionale, fatto
di Chiesa, sacramenti, catechismo, leggi e tradizioni, proprio come
Mosè; la seconda è fatta dall'esempio di persone sante, magari un
po' strane ma attraenti che ci dimostrano la forza di Dio attraverso
la loro vita. Pensiamo a Madre Teresa, a Padre Pio, al nostro Don
Orione e anche a Papa Francesco. Con la loro vita e il loro parlare
ci ricordano Elia, Dio che agisce nella storia. Ebbene, entrambi
devono essere presenti e vivi nella nostra vita. Sarebbe uno sbaglio
legarsi solo alla pratica dei sacramenti ma che essa non si trasformi
in vita, o rigettare l'istituzione, i sacramenti in nome della vita
pratica. Entrambe queste dimensioni, pur necessarie, assumono valore
solo se indirizzate a Cristo. Al centro c'è Gesù, fede ed opere
devono essere lo strumento attraverso cui Lo testimoniamo al mondo.
Se Lui non è presente e non è vivente, la nostra pratica
sacramentale diventa morta, diventa contraddizione. Ma anche il
nostro agire, il nostro lavorare per i poveri, senza di lui,diventa
pura filantropia che presto si svuota e ci svuota. Solo Cristo può
dare senso a tutto questo, solo Lui è il Figlio prediletto del
Padre, Lui uomo che accetta di servire e di morire, Lui Dio che ci
salva. Pietro Giacomo e Giovanni ci metteranno ancora del tempo prima
di arrivare a capire bene la conseguenza di tutto ciò, comunque ci
arriveranno. A noi ora percorrere la strada di questi apostoli ed
entrare in questa ottica che ha sullo sfondo la passione, morte e
resurrezione.