Io vado a prepararvi un posto

Io vado a prepararvi una dimora. (Sap 3,1-7; Gv 14,1-7)

Ieri ho fatto una visita a Gina, era lì distesa in questa bara vestita a festa. Il suo volto era sereno. So che negli ultimi mesi aveva sofferto a causa dell’età, delle forze che un po’ alla volta la stavano abbandonando, ma poi ha trovato la pace.

La prima lettura di oggi ci ha detto che: “Agli occhi degli stolti parve che morisse, la sua fine fu ritenuta una sciagura”. Quando muore una persona ne piangiamo la scomparsa, irrequieti ci chiediamo il perché, pur sapendo che non c’è una risposta che ci accontenti; eppure lei ha trovato la pace. C’è un qualche cosa che sfugge ai nostri occhi, qualcosa che è un di più che i nostri occhi non vedono, ma Gina ci ha creduto ed ora lo vede e lo vive, per questo sorride.

Perché i nostri occhi non vedono? Perché essi non sono legati al cervello, ma al cuore: vediamo ciò che vogliamo vedere. Ci sentiamo attratti da qualcosa e facciamo di tutto per ottenerla e tutto viene condizionato da essa. I nostri gusti, i nostri interessi, le cose che ci fanno sentire bene o sicuri condizionano il modo di vedere le cose. Ebbene, Gesù ci dice: “Non sia turbato il vostro cuore”. Lui ha pronunciato queste parole il Giovedì santo, poche ore prima di morire e sa che i suoi discepoli non riusciranno a sopportare lo shock della sua cattura e condanna a morte, ma Lui conosceva la verità delle cose, il vero senso della vita. Gina questo lo aveva compreso e creduto per cui prima soffriva nel desiderio di giungere alla dimora tanto meritata, ora gioisce perché l’ha raggiunta. Gesù stesso ci ha promesso "vado a prepararvi un posto, non abbiate timore, nella casa del Padre mio ci sono molte dimore”.

Il Signore ci concede una bella vita piena di soddisfazioni, però, spesso proviamo dentro di noi la sensazione che manchi qualche cosa, che ci sia un qualche cosa di più che ci lascia un po' di vuoto dentro e non sappiamo cos'è, né dov’è.

Non so se avete mai visto dei film alla televisione che raccontano storie di persone che scoprono che coloro che hanno sempre chiamato papà e mamma, non erano i loro veri genitori,  erano stati dati in affidamento da piccoli. Quando vengono a scoprire questo la loro vita cambia e si mettono alla ricerca e finché non trovano i loro genitori biologici non si danno pace. 

Dio ci ha fatti per la vita eterna, noi siamo qui sulla Terra ma la nostra vera patria è un’altra. Abbiamo dentro di noi un'ansia, un bisogno di un qualche cosa di diverso, anche se non sappiamo dargli un nome. Noi ci diamo da fare, facciamo tante belle cose che ci danno soddisfazione e pensiamo di riempire così il nostro vuoto; in parte ci riusciamo, ma quando siamo soli ci accorgiamo che c'è ancora qualcosa che manca. La nostra anima è inquieta finché non trova la sua dimora. Gesù, nel Vangelo di oggi, ci ha detto qual è questa dimora e ci ha assicurato: “Io vado a prepararvi un posto”. 

Il Signore ha chiamato a sé la nostra sorella Gina. Non l'ha chiamata per un periodo di vacanze. La casa dove adesso lei si trova non è una casa dove andare in pensione, alla fine di una vita spesa lavorando, e non è neanche una casa dove andare in vacanza. È la vera casa. Forse noi non ce ne rendiamo conto, proprio come diceva la prima lettura: “Agli occhi degli stolti pareva una disgrazia”. Ma il Signore ci ha detto: “Io vado a prepararvi una casa”.

Ognuno di noi, se ascolta attentamente il suo cuore, sente dentro di sé questa tensione, ma non tutti allo stesso modo. Per qualcuno essa può diventare motivo di inquietudine, insicurezza, qualcun altro, invece, riesce a dare un nome e un senso a tutto questo e quindi, attraverso la Fede,  sa vivere già qui di questa certezza.

Come? Ce l'ha detto Lui stesso: “Io sono la via, la verità e la vita”. Se impariamo a vivere guardando a Lui già possiamo gustare questa vita eterna.

La nostra sorella Gina ha vissuto 98 anni, una vita lunga. Lei è stata una persona che ha sofferto, ma non si è lamentata mai, si accontentava di poco e si preoccupava per gli altri. Uno non può fare questo se è rassegnato o sfiduciato; lo può fare solo se sa che c’è qualcosa di più grande e più bello, e questo le dà la forza e il desiderio di vivere. Lei nella sua semplicità, con la sua Fede, ha imparato a riconoscere la presenza del Signore, per cui anche nella sofferenza poteva vivere con serenità, nella semplicità senza la ricerca di cose inutili, godendo delle persone care e preoccupandosi per loro più che per se stessa. Io non credo che Gina sia vissuta così a lungo perché il Signore si era dimenticato di lei, e neppure perché lei non fosse ancora pronta ad andare di là. Io credo che il Signore l'ha lasciata qui non per lei stessa, ma per tutti coloro che l'hanno conosciuta, per voi, perché attraverso la sua vita ha potuto dare un messaggio a tutti voi, a tutti noi. Ha potuto farci fare un'esperienza su cosa sia la vera vita. 

Allora, oggi nel giorno del funerale della nostra sorella Gina, non siamo qui a piangere per la sua dipartita, ma siamo qui a ringraziare il Signore perché ce l’ha data, perché ce l'ha lasciata qui per tanti anni, perché attraverso di lei, il Signore ci ha insegnato tante cose. Siamo qui a dire al Signore: “Grazie per quello che ci hai insegnato e promettiamo che quello che abbiamo imparato, che Gina ha cominciato e magari non ha potuto concludere, noi lo porteremo avanti anche nel suo nome”. Gina in questo momento vive nella felicità nella casa del Padre.

Assieme a Gesù sua speranza, assieme a Maria sua e nostra madre, in questo momento lei sta guardando a tutti noi e sta sorridendo, ed è contenta di vederci qui riuniti attorno alla sua salma perché comprende che nei nostri sentimenti, che senza dubbio sono intrisi di tristezza, ci sono i semi di quel bene che lei ha piantato e in noi stanno già portando frutti. 

 

 

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