Come si ottiene la gloria?

Alla gloria si arriva attraverso la passione. (Lc 9, 28-36)

Stiamo percorrendo il cammino verso la settimana santa e la liturgia ci presenta un miracolo strano che, a prima vista, sembra inutile: perché trasfigurarsi, a chi serve, e per di più davanti solo a tre degli apostoli? Perché questo Vangelo ci viene presentato proprio in Quaresima? Vediamo il contesto da cui è preso.

Il capitolo 9 rappresenta il culmine del vangelo di Luca, il punto centrale dove avviene un cambio di marcia radicale. Fin qui la fama di Cristo era andata crescendo, le folle lo seguivano, c’erano stati miracoli eclatanti. Subito prima della trasfigurazione c'era stata la moltiplicazione dei pani e migliaia di persone erano lì disposte a fare di Gesù il loro re. Gesù si rende conto del grosso rischio che ciò rappresenta: la gente e anche i suoi apostoli stanno comprendendo in modo errato la sua missione e i suoi insegnamenti. Gesù ne ha la conferma quando chiese ai discepoli: “La gente chi dice che io sia?”. Anche gli apostoli, che con la voce di Pietro avevano dichiarato che lui è il Messia, il Figlio di Dio, avevano però un’idea sbagliata della sua missione di salvezza, infatti quando Gesù annuncia loro, per la prima volta, che è giunto il momento di mettersi in viaggio per Gerusalemme dove lui sarà catturato e messo a morte, Pietro si fa scrupolo di assicurare Gesù che ciò non avverrà mai. Tutti cercano il Dio potente e glorioso, nessuno è disposto ad accettare il Dio sofferente che si fa mettere in croce. Ecco allora che il miracolo descritto oggi ha la duplice funzione di far comprendere ai discepoli la verità su Gesù e sulla nostra salvezza. Da qui in poi ci saranno pochi miracoli e gli insegnamenti saranno indirizzati agli apostoli per prepararli all'avvenimento centrale, la sua morte a Gerusalemme. Il versetto conclusivo del capitolo dice: “e si mise in moto senza esitazione verso Gerusalemme”.

Vediamo ora tutti i particolari descritti nel brano di oggi che ci fanno capire chi sia Gesù.

Salirono su un monte”, come Mosè che era salito sul monte e lì aveva ricevuto la legge, e come Elia che era salito sul monte e lì aveva ricevuto la parola di Dio e l'ultima investitura. Proprio lì sul monte appaiono Mosè ed Elia. Sarebbe più corretto dire: Gesù diventa Mosè ed Elia, cioè pur apparendo tre persone, in realtà si tratta di un’unica persona: Gesù.  Essi parlano con Lui e gli dicono la necessità di scendere a Gerusalemme e di morire. Infine, come Dio aveva parlato a Mosè nella nube per dargli la legge e ad Elia per dargli la nuova missione, ora il Padre  conferma l'investitura a Gesù: “Questi è il mio figlio prediletto: ascoltatelo”. Non ci possono essere più dubbi: Gesù è veramente il Messia, ma lo è quando muore, non quando fa i miracoli.

La sua cattura e la sua morte saranno viste da tutti come una sconfitta, e i discepoli saranno tentati di rinnegare tutto quello che hanno finora imparato e tornare alla vecchia religione, quella del Dio onnipotente che punisce con forza i peccatori e premia i giusti. Ora hanno uno strumento in più per resistere a questa tentazione.

Il tutto avviene in un’atmosfera di preghiera. Senza la preghiera non è possibile capire ed accettare il piano di Dio; è solo nella preghiera che si scopre la verità della nostra vocazione e la forza per intraprendere il cammino. La preghiera trasfigura il nostro volto perché ci rende partecipi della gloria di Dio stesso e ci fa capire che dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare e di rapportarci a Lui.  Non siamo di fronte a calcoli umani e la posta in gioco non è umana. La difficoltà dell'accettare una cosa così grande, la si vede anche nella stanchezza dei tre discepoli che fanno fatica a rimanere svegli. Guarda caso proprio gli stessi tre discepoli accompagneranno Gesù nell'orto degli ulivi e anche là, mentre Gesù riceve l'investitura finale, loro saranno vinti dal sonno.

Se applichiamo questo Vangelo alla nostra situazione odierna, potremmo dire che Mosè rappresenta la parte istituzionale della religione, fatta di Chiesa, sacramenti, catechismo, leggi e tradizioni. Elia invece rappresenta l’aspetto profetico della religione basata sull'esempio di persone sante, magari un po' strane ma attraenti che ci dimostrano la forza di Dio attraverso la loro vita, l’impegno apostolico. Sarebbe uno sbaglio legarsi solo alla pratica dei sacramenti che non si trasformi in vita o rigettare l'istituzione, i sacramenti in nome della vita pratica, ma entrambe queste dimensioni, pur necessarie, assumono valore solo se indirizzate a Cristo. Al centro c'è Gesù! Fede ed opere devono essere il modo in cui Lui si rivela. Se Lui non è presente e non è vivente, la nostra pratica sacramentale diventa morta, diventa legalismo, contraddizione, cioè un vivere una religione basata su regole da osservare per guadagnarsi i favori di Dio. Ma, senza Gesù, anche il nostro agire, il nostro lavorare per i poveri diventa pura filantropia che presto si svuota e ci svuota, e la preghiera diventa un cercare di comprare Dio per ottenere da Lui facili soluzioni ai problemi. Solo Cristo può dare senso a tutto questo, solo Lui è il Figlio prediletto del Padre, Lui è l’uomo che accetta di servire e di morire, Lui è il Dio che ci salva. Il legalismo e la filantropia sono due tentazioni fortemente radicate anche nella nostra mente e ci danno un'immagine errata di Dio, rendendolo distaccato, freddo, calcolatore, un dio che si fa comprare. Quando noi vediamo persone fredde e distaccate, non ci piacciono, ma non esitiamo ad attribuire a Dio questi atteggiamenti, perché ci danno l'impressione di avere potere su di lui, di poterlo condizionare per ottenere ciò che vogliamo. Ho l’impressione che spesso noi non amiamo veramente Dio, ma ci serviamo di Lui.

C'è un ultimo aspetto da notare: Gesù non ha portato con sé tutti i discepoli, ma solo tre di loro, ed è scritto chiaramente che essi, in quel momento, non dissero niente agli altri. Anche questo serve a sottolineare che la scelta fatta da Gesù non è quella dell’efficienza, della popolarità o dell’appariscenza, ma quella della trasmissione tra i fedeli della loro esperienza. Pietro Giacomo e Giovanni ci metteranno ancora del tempo prima di arrivare a capire bene la conseguenza di tutto ciò, ma comunque ci arriveranno. Toccherà proprio a loro, al momento giusto, recuperare gli altri che, dopo la morte di Gesù, si disperderanno. 

A noi, ora, tocca percorrere la strada di questi apostoli ed entrare in questa ottica che ha sullo sfondo la passione, morte e resurrezione di Gesù.

Diciamo a Gesù: “Signore è bello per noi stare qui con te”. E lui ci risponderà: “Bene, allora scendi con me dal monte e rimettiamoci in cammino nelle strade del mondo, ma senza perdere di vista la meta”.

 

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