Fantasma o realtà

Il difficile rapporto tra i discepoli e il risorto Luca 24,35-40

Il vangelo di oggi presenta la stessa storia di quello di domenica scorsa, però invece che essere il vangelo di Giovanni abbiamo la narrazione di Luca. Questa storia inizia con l'arrivo dei due discepoli di Emmaus che dopo aver incontrato Gesù per strada e averlo riconosciuto in casa allo spezzare del pane, avevano deciso di tornare a Gerusalemme per dare testimonianza della loro esperienza agli apostoli. Proprio mentre stanno parlando, l'esperienza si ripete per tutti cioè Gesù appare ancora tra di loro. Un aspetto importante che Luca sottolinea è che “al vederlo tutti i discepoli si spaventarono credendo di vedere un fantasma.” Questo ci fa riflettere perché anche i due discepoli di Emmaus si spaventano e pensano di vedere un fantasma nonostante che l’avessero visto solo poche ore prima. Se vi ricordate i due discepoli di Emmaus, mentre erano con Gesù, non lo avevano riconosciuto, ma quando Gesù scompare dalla loro vista, allora lo riconoscono. Anche gli Apostoli che per almeno tre anni hanno vissuto a stretto contatto, potremmo dire "H24", con Gesù che è stato non solamente un conoscente, un collega, o un compagno di viaggio, ma una guida, un maestro, un punto di riferimento fondamentale, ora non possono riconoscerlo visivamente. Sarà stato lo spavento per l'apparizione di un morto? La paura per la convinzione di vedere un fantasma? Il non riuscire a spiegarsi esattamente chi o cosa sia? Ciò che diamo per scontato, molto spesso occulta la verità più profonda. I nostri occhi non bastano più per riconoscere la nuova identità del Risorto. Perché? Ogni incontro con il Cristo risorto è un qualche cosa che va al di là della nostra conoscenza umana e ci richiede di fare un salto di fede, perché quando si parla delle cose spirituali, eterne, le cose di Dio, i nostri sensi non sono più sufficienti. Ma la fede non è professata una volta per tutte; ogni volta dobbiamo rinnovarla ed ogni avvenimento è un esperienza nuova. È come se ogni volta il Risorto avesse una nuova identità, per cui il rapporto che essi avevano con il Gesù terreno deve fare il salto ad un altro livello, attraverso un cammino di riconoscimento che, di fatto, è un itinerario di fede. Da un "vedere" basato unicamente sulla vista esteriore, sull’esperienza intellettuale ed emotiva, devono passare a un "vedere-comprendere-credere" basato sull'accettazione interiore di questa novità sconvolgente che è la Resurrezione. Questo riconoscimento comporta il passaggio dal dubbio alla certezza, dalla paura alla fiducia, dal turbamento dello spavento alla gioia dello stupore.

Qui entra un ulteriore elemento: la risurrezione non è solo un andare oltre questa vita; di questo ne parlano anche altre religioni. Per noi Cristiani si parla anche di “risurrezione della carne”. Non è un qualcosa astratto che va al di là della condizione corporale. Per cercare di comprendere questo concetto possiamo pensare (anche se è un esempio molto limitato) al seme e alla pianta. Essi sono la stessa realtà ma completamente trasformata. Gli apostoli pensano che quel che vedono sia un fantasma (spirito), Gesù dice: “Uno spirito non ha carne e ossa come vedete che io ho”, e mangia davanti a loro. Difficile da spiegare. Il cristianesimo non è una teoria, un insieme di valori astratti, una filosofia; esso è vita, realtà incarnata. L’apostolo Giacomo nella sua lettera dice: “Ti mostrerò la mia fede con le mie opere”. Gesù redime il tutto di noi, il come mangio, cammino, mi comporto, mi relaziono. L’amore non è un atto astratto, la vita non è una cosa astratta.

Se la resurrezione fosse solo una cosa spirituale, tutto quello che c’è di materiale qui perderebbe di valore, ma per Dio ha valore tutto quello che facciamo, quello che avviene attorno a noi. Allora per essere sicuri di fare bene, per essere sicuri di approfittare di ogni grazia di Dio, dobbiamo avere ogni giorno dei momenti per fermarci e riflettere con Gesù sulla nostra vita, per rileggere le nostre esperienze. È solo allora che si scoprono tanti piccoli dettagli che fanno la differenza perché ci rivelano che Lui c’è. È anche vero, però, che assieme alle grazie emergono anche i dubbi. Spesso abbiamo l’impressione di essere precipitosi nelle nostre conclusioni, quello che comprendiamo non ci sembra vero, è troppo bello perché sia veramente successo, abbiamo paura di sbagliarci e così allontaniamo la realtà e ne facciamo un fantasma. Anche i discepoli hanno paura di rileggere la loro esperienza, perché quello che hanno vissuto non rientra nei loro schemi. Gesù sembra un fantasma. Fantasma ha la stessa radice di fantasia. Ecco, i discepoli, ma a volte anche noi, pensano che Gesù sia una fantasia, una rappresentazione della loro mente. È molto più comodo avere un Dio che se ne sta lassù, che non interferisce nella vita materiale eccetto quando gli domandiamo qualcosa, e staccare completamente la nostra vita quotidiana dal nostro essere “Figli di Dio” che è un qualcosa che si applica solo a quando siamo in chiesa a pregare e a quando, dopo la nostra morte, andremo in paradiso.

C'è poco da fare: o di fronte al Risorto fai un cammino di conversione, di cambiamento di mentalità che ti porti dall'incredulità alla testimonianza, oppure la Resurrezione rimarrà un bel racconto, una bella storiella che non sarà capace di cambiarti la vita. Gesù non è un libro di ricordi, un album di foto da mettere nella vetrinetta del soggiorno: Gesù è vita, e vuole che lo sia anche tu, testimoniando vita in tutto ciò che fai. Solo così potrai essere un vero testimone.

Tutte le domeniche noi preti predichiamo Gesù agli altri, ma sembra che le nostre parole non abbiano effetto. Parliamo di amore, fede, sofferenza, e sembra che niente cambi. Forse è perché quello che noi predichiamo è una teoria intellettuale che gli altri già conoscono, ma non vi è dietro un’esperienza di vita. Parliamo di cose della testa ma non del cuore. La gente vuol vedere il risorto ma non sa come farlo e noi stessi non siamo capaci di farlo.

Credo che noi cristiani dobbiamo partire da quello che Papa Francesco chiama “toccare la carne di Cristo”, cioè andare incontro agli altri che hanno bisogno di noi e lì esperimentare che la resurrezione di Cristo può fare la differenza. Se abbiamo il coraggio di passare dalla teoria alla pratica, allora Gesù si farà riconoscere e ci porterà vera pace.

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