Una moltiplicazione o una con-divisione?
La condivisione produce sempre miracoli. (Mt 14,13-21).
Oggi abbiamo ascoltato il racconto del miracolo normalmente chiamato “La moltiplicazione dei pani”. È un miracolo molto particolare ma importante per Gesù, non tanto per la sua straordinarietà, ma per il significato che egli pone in esso, e che spesso non è compreso da chi lo legge. Cominciamo a dire che abbiamo ben 6 racconti di questo miracolo, perché i vangeli di Matteo e Marco ce l’hanno 2 volte. Io penso che il titolo “la moltiplicazione dei pani e dei pesci”. vada cambiato. Esso ci farebbe pensare che il punto centrale del racconto sia il fatto che c’era gente affamata e che Gesù la sfama con un prodigio. Questo è riduttivo. Dobbiamo guardare alla narrazione da un altro punto di vista: l’insegnamento che questo racconto ci vuole dare è che gli apostoli hanno consegnato a Gesù tutto quello che avevano, lui lo ha preso, lo ha benedetto e ha chiesto loro di distribuirlo. La sorpresa è che non solo quanto offerto è stato sufficiente per sfamare la folla, ma addirittura sovrabbondante.
Quella di oggi è la prima moltiplicazione raccontata da Matteo.
Prima di questo brano c’è il racconto del banchetto di compleanno di re Erode. Si dice che tutti mangiano e danzano, ma l’unica portata presentata a tavola su un vassoio è la testa di un morto, il Battista. Chi usa delle proprie risorse solo per saziare la sua ingordigia, finisce sempre per causare un mondo pieno di morte.
Ora, invece, Matteo vuole presentare un banchetto tutto diverso, basato sulla condivisione.
Gesù attraversa il mare, viaggio che richiama il popolo di Israele quando attraversando il mare uscì dalla terra della schiavitù per arrivare alla terra della libertà. Si dice che la folla lo seguì a piedi: è il cammino del popolo dalla terra vecchia alla terra nuova. Gesù ora sbarca, ed entra in questo regno nuovo. A cosa si trova di fronte? Una grande folla, e sente compassione per loro. È l’amore passionale di Dio per l’umanità; sente compassione perché li vuole liberi ed invece sono schiavi, sono malati, feriti, infermi, non sono l’umanità dei figli di Dio come li vuole il Signore.
Anche oggi regna ancora il maligno con le sue miserie; Gesù viene per curare queste miserie. Ora, lì, ha davanti a sé l’umanità intera. Si trovano nel deserto, come nell’esodo, come è anche spesso la nostra vita e lì abbiamo fame, non tanto del pane materiale ma quella causata da tutti i bisogni che attendono di essere saziati: amicizia, salute, casa, serenità, pace.
Entrano in scena i discepoli che ragionano secondo la logica del mondo vecchio che ha le soluzioni pronte: “Congeda la folla perché ognuno si arrangi per rispondere ai suoi bisogni”. Vogliono mandare la gente a comperare da mangiare; e chi non ha i soldi che fa? È la logica del mercato della società vecchia.
Di sicuro la folla avrebbe accettato un ordine di andare via per comprarsi da mangiare. La logica del mercato crea il paradiso terrestre o crea una valle di lacrime? Di solito porta a diseguaglianze e divisione. Chi corre arriva per primo, altri non possono neanche camminare. Chi ha soldi può accaparrarsi grandi quantità da mettere in magazzino e poi, magari, buttarlo, mentre altri restano senza.
Gesù rifiuta questa logica e dice: non occorre che vadano a comperare, “voi stessi date loro da mangiare.” Nel secondo racconto c’è l’aggiunta di un’altra soluzione umana: andiamo noi a comprare il pane per tutti con 200 denari? È l’assistenzialismo, in sé buono, ma non è ancora la logica del Regno.
Qui loro si presentano con la loro povertà: Abbiamo solo 5 pani e due pesci. 5+2 fa 7 cioè la totalità. Di per sé non sarebbe sufficiente neppure per loro. Hanno questo dubbio, di per sé legittimo, ma il dubbio è ciò che rovina tutto, perché, quando c’è scarsità, viene fuori la tendenza di mettersi ad accumulare, accaparrarsi le cose, mettere da parte per il futuro indipendentemente dal fatto che tanti restino senza.
Mi sorge una domanda: Dio, prima di mandare l’uomo sulla terra, aveva preparato un luogo di sofferenza e penuria o l’abbiamo trasformata noi così?
Gesù dice: “consegnate nelle mie mani tutti i vostri beni”, “portateli qui”; è un imperativo, Gesù lo usa raramente e quando lo fa è perché vede che dall’altra parte c’è resistenza. Egli vuole che consegniamo i beni terreni alla sua logica, al suo modo di gestirli, che è così distante dal nostro.
Cosa accade quando i nostri beni sono consegnati a Gesù e sono gestiti secondo la logica del vangelo?
Dà ordine alla folla di sdraiarsi sull’erba. Perché questo particolare? Eravamo nel deserto ma adesso il deserto fiorisce, c’è un prato verde su cui sdraiarsi. Sdraiarsi è la posizione delle persone libere quando partecipavano a un banchetto di festa. Chi si sdraiava erano i padroni, i servi dovevano correre da un tavolo all’altro e servire i padroni. Qui è la folla che si sdraia e i discepoli sono quelli che passano tra di loro a servirli.
Poi prende i pani e i pesci, che indicano tutti i beni dell’umanità, alza gli occhi al cielo, riconosce che quei beni vengono dal cielo perché gli uomini non sono padroni ma amministratori dei beni del creatore e devono amministrarli come vuole lui; Se noi eliminiamo lo sguardo al cielo, se ci dimentichiamo che siamo ospiti, non padroni, se non mettiamo un Dio in cielo, chi può impedirmi di commerciare i beni come voglio?
Poi benedice e spezza il pane. Lo spezzare e distribuire è il segno della gratuità e quando entra questa logica avviene il miracolo: Tutti mangiano a sazietà e portano via dodici ceste piene. Come vedete non c’è una parola che dica che Gesù ha moltiplicato il pane, lo si capisce dal risultato.
I gesti di Gesù sono gli stessi dell’Eucarestia, fatti nello stesso ordine. Il vangelo ci vuole dire che i discepoli di Cristo, non solo devono consegnare i beni, ma devono farsi pane. In questi pochi gesti Gesù presenta tutta la sua storia; la sua vita è stata un farsi alimento per l’uomo. Nell’ultima cena dirà: “Prendete e mangiate, assimilate questa mia storia e fate lo stesso anche voi”.
Il mondo cambierà quando i cristiani celebreranno delle Eucarestie veramente significative, dove tutti i presenti sono disposti a farsi pane per i fratelli.
I miracoli sono possibili solo quando sappiamo uscire dal nostro egoismo, e consegnare tutto a Dio mettendolo a sua disposizione, riusciamo a lasciarci “spezzare” e “diventare cibo” per saziare la fame degli altri.
Permettetemi una frase di Don Orione:
“Noi non siamo che amministratori della roba della Chiesa e dei poveri: e a Dio, alla Chiesa e ai poveri dovremo darne conto. Io non dico grettezza, non dico meschinità, non dico avarizia, ma dico e raccomando la santa povertà e l’economia e l’ordine”.