Pazienza, misericordia, umiltà: le chiavi del Regno
Zizzania, senape e lievito. 16a domenica anno A (Mt 13,24-33)
Domenica scorsa abbiamo ascoltato la parabola del seminatore. Oggi Gesù continua la presentazione di come funziona il suo Regno utilizzando la parabola della zizzania, quella del granello di senape e quella del lievito. Domenica prossima avremo le ultime 3 similitudini.
Le tre parabole, o meglio allegorie, di oggi sono semplici nella loro struttura ma molto importanti per il messaggio che portano e molto adatte a rispondere alle problematiche dei cristiani della comunità di Matteo e anche di molti Cristiani di oggi. Se facciamo un excursus veloce su quali sono state le vicende dei primi anni della cristianità possiamo dire che nella prima generazione ci fu una rapida diffusione della nuova dottrina, al di là di ogni speranza. Molte persone, Ebrei e anche pagani si convertirono, ma verso la fine di quella generazione iniziarono persecuzioni molto forti, la più famosa delle quali fu quella di Nerone, nella quale morirono quasi tutti gli apostoli, tra cui Pietro e Paolo. Poi seguì un periodo di apparente tranquillità. In questo periodo molti Cristiani cominciarono ad adagiarsi, a perdere il fervore dei loro padri e lasciarsi attirare dai vecchi culti pagani, più facili e gratificanti; allora coloro che volevano rimanere fedeli alla dottrina di Gesù si domandavano come mai il Regno di Dio tardasse a prendere possesso del mondo. Si chiedevano: I cristiani crescono, ma anche i pagani e forse anche più di noi. Inoltre il male nel mondo continua a progredire e a farsi sentire in tutti i luoghi. Come Mai Dio non interviene e non sradica tutti i peccatori e gli eretici dal mondo?
Sono domande che anche molti cristiani di oggi si pongono, specialmente coloro che non sono d’accordo con la politica conciliante e di dialogo che Papa Francesco ha verso le altre religioni e verso certe ideologie politiche. Molti preferirebbero un’azione di forza da parte di Dio, un intervento più diretto che crei una divisione netta tra il bene e il male, i cristiani e gli altri.
Veniamo alle tre parabole. La prima è quella della zizzania. Per chi non conoscesse cosa è la zizzania, essa non è un’erba come la gramigna o le ortiche. È una pianticella simile al grano, con stelo e anche spiga, solo che la spiga è verde scuro, quasi nera, ed è composta da pochi chicchi amari e cattivi. Da piccola è difficile da distinguere dal grano, diventa facile quando la spiga è formata.
Abbiamo varie
persone coinvolte in questa allegoria. Il primo di tutti è il padrone, Dio, che
semina solo il grano buono nel suo campo che è il mondo. È lo stesso seminatore
di domenica scorsa, generoso e fiducioso. Ma qui c’è anche un nemico che nello
stesso campo semina la zizzania. Non si dice chi esso sia e non ha importanza
saperlo, perché può rappresentare chiunque semina cose non buone, ideologie
false, cose che assomigliano alla religione ma sono destinate a non portare
frutto. All’inizio, quando sentiamo queste teorie, è difficile comprendere la
loro falsità, la loro inconsistenza, perché si presentano bene, sembrano buone
interpretazioni del Vangelo, ma sono molto parziali e ingannevoli. La
spiegazione finale che Gesù dà della parabola parla di Satana, ma noi sappiamo
bene che raramente il diavolo agisce di persona, mentre è molto bravo a
sfruttare le nostre passioni e le nostre debolezze.
Ogni giorno milioni di immagini, di parole, di notizie entrano nella nostra testa e il nostro cervello, come un computer le immagazzina e ordina. Per fortuna tante cose le dimentichiamo, ma col tempo alcune tornano a galla, specie quelle che hanno avuto su di noi un maggiore influsso psicologico.
Molte di queste immagini e notizie sono buone, altre meno, altre non lo sono per niente. Momenti di odio, rabbia, sentimenti di gelosia o invidia verso qualcuno, immagini cattive che possiamo aver visto alla televisione o da qualche altra parte, sono tutti semi di zizzania che poi un po’ alla volta crescono e mettono in pericolo il frutto dei semi buoni.
Troppo spesso di fronte al peccato diciamo: Ma che male c’è, nessuno mi vede. Ma che male c’è per una volta, ecc. Essi sono semi che se anche non fanno danni subito (e molto spesso, invece i danni li fanno e grossi), però rovinano la nostra persona dal di dentro e ci rendono meno capaci di seguire Dio e di amare gli altri. Essi ci rendono più tristi nella nostra vita.
Ci sono poi i servi del padrone che accortisi che qualcosa non va, vorrebbero fare subito piazza pulita, spazzare via i cattivi e gli eretici. Sembrano essere più interessati al campo, al suo aspetto esteriore, alla sua funzionalità, che al raccolto, al bene prodotto. Assomigliano a tanti cristiani, specialmente ministri, fondamentalisti, convinti che solo la forza può risolvere i problemi. Essi cercano una società ideale, pura, senza macchia dove tutti vivrebbero meglio. A loro il padrone risponde: No! Portate pazienza, perché con la violenza genera solo rovina e finisce per far morire e far sprecare anche tanto bene. Lasciate che crescano insieme e al momento della mietitura si farà la divisione.
Un piccolo particolare. Nonostante che la zizzania sia una pianta ben precisa, il vangelo usa il termine al plurale, “le zizzanie”, per indicate tutti i vari tipi di male di imbrogli che esistono nel mondo. Le ideologie simili ma contrarie al Vangelo sono molte e hanno origini diverse, hanno però lo stesso stile di sfruttare l’ignoranza della gente per attirarla dalla loro parte. Pensiamo a molte forme di falso amore; quante cose sbagliate si fanno giustificandole con la parola “amore” e invece si tratta di egoismo, ricerca di piacere, ecc. Lo stesso si può dire della “verità”, della “pietà”, eccetera. Il male non appare subito, all’inizio sembra bello e desiderabile.
Il nemico viene di notte a seminare il male. Questo riferimento sembra dirci che tutto è possibile quando mettiamo a dormire la nostra coscienza. Qui sta il punto. Se mettiamo a dormire la nostra coscienza, il nemico vi semina le zizzanie. Noi, perfezionisti e rigoristi, vorremmo strapparle, ma per fare questo siamo disposti a strappare la persona stessa, dimenticando che ogni persona porta in sé anche tanto bene piantato da Dio. Ognuno di noi, nel suo cuore ha tanto bene, ma anche tante zizzanie. Nella nostra azione pastorale noi trattiamo con le persone, non con le idee, allora dobbiamo rispettarle tutte in virtù del bene che esse portano dentro di sé, anche se con esso cresce anche il male.
In coscienza, se dovessimo agire con forza contro tutti i peccatori, dovremmo agire anche contro noi stessi, ma proprio perché abbiamo messo la coscienza a dormire ci riteniamo perfetti, santi, pensiamo che tutto il male stia negli altri e mai in noi. I veri santi, sono pazienti e misericordiosi e sanno riconoscere le loro mancanze e insufficienze.
Quali sono le zizzanie che sono in noi e danno tanto fastidio: il desiderio di prevalere sull’altro; l’attaccamento al denaro; l’orgoglio; le passioni sregolate; la mancanza di pazienza e di comprensione; ecc. Sono nemiche della vita dell’uomo, ci portano a ignorare il povero e sfruttarlo.
La posizione dei Farisei ai tempi di Gesù era di creare separazione. Gesù, invece, vuole una comunità dove ci sia l’uomo nella sua integrità. Alla Chiesa di oggi appartengono buoni e cattivi, santi e peccatori. Molti commettono sbagli, ma devono essere amati e tanto più sbagliano tanto più bisogna amarli.
Al termine c’è la mietitura. In ogni uomo ci sono delle zizzanie ma anche del grano buono. La mietitura è il momento della festa, non dell’ira; in ogni uomo, verranno bruciate le zizzanie e verrà consegnato al Padre la parte bella.
Chiarito che il Regno di Dio non è questione di efficienza, di intransigenza verso i peccatori, si presenta un’altra tentazione che molti Cristiani hanno: quello di confondere la religione con segni esterni eclatanti, sfarzo, cerimonie, miracoli, sfoggio di gloria e potenza. Per rispondere a questo Gesù usa le prossime due parabole, quella del granello di senape e quella del lievito.
Come appare il Regno di Dio? Il seme bello produce frutti belli, ma senza fare rumore, senza attirare l’attenzione.
Il seme di senape è minuscolo e produce un arbusto di circa due metri, quindi è un seme potente, ma la sua potenza non serve per mettersi in mostra ma per dare sollievo agli uccelli del cielo.
Nell’Antico Testamento quando si parlava del Regno di Dio, lo si paragonava ai cedri che crescono sui monti, alti e forti. Gesù non presenta così il Regno di Dio, ma come un seme di senape. Cosa c’è di grande in esso? Niente. La parola di Dio può sembrare piccola, specialmente quando è predicata da uomini fragili e deboli, eppure questo seme ha in sé una bellezza capace di far splendere chi lo accoglie sulla terra bella.
Anche la parabola
del lievito parla di nascondimento. Basta una piccola quantità di lievito per far
lievitare una quantità di farina impensabile (le 3 misure di cui parla il
vangelo corrispondeva a più di 40 chili), ma la condizione è che si nasconda in
mezzo ad essa, sparisca. Lo sviluppo vero della religione, si ha attraverso
l’umiltà, il lavoro nascosto, silenzioso ma fedele ed efficace. Chi mangia il
pane non pensa al lievito ma alla farina, eppure senza di esso il pane non
crescerebbe.
Domenica scorsa ci chiedevamo che tipo di terreno siamo, oggi, invece, vi voglio invitare a fare una guerra santa, non contro altre persone, ma contro il peccato, ogni forma di peccato che si presenta a noi. Dobbiamo avere il coraggio di dire di no a quelle cose che sappiamo non sono giuste. Dobbiamo avere il coraggio di cercare sempre che cosa c’è di bene, e se qualche volta sbaglieremo, dobbiamo ricominciare correggendo gli errori con tanto amore e tante opere buone. Questa guerra, però, deve essere combattuta con pazienza, la comprensione, verso gli altri e umiltà.