Cosa è veramente prezioso?
Il tesoro, la perla e la rete Mt 13,44-46
Continua il discorso iniziato due domeniche fa delle parabole utilizzate da Gesù per far comprendere meglio le dinamiche del Regno di Dio, cioè del modo di vivere che Lui è venuto a proporci per entrare in comunione con Dio e quindi godere a pieno delle sue grazie. Allora avevamo affrontato alcuni temi importanti: In cosa consiste il Regno di Dio? A chi è riservato? Cosa fare di fronte al Male? Come cresce?
Oggi ci sono 2 allegorie: il tesoro e la perla e poi un riassunto finale fatto con un’altra allegoria, quella della rete.
Qual è il messaggio di oggi? La prima lettura che ci parla di Salomone, ci dà un assist per interpretare correttamente le prime due parabole. Essa ci parla dell’importanza che la Sapienza ha nella vita dell’uomo.
Ai tempi di Gesù il bene più prezioso che una persona voleva possedere era la “Sapienza” cioè la capacità di riconoscere ciò che è bene e ciò che è male e di fare sempre le scelte gradite a Dio. Se felicità e ricchezza sono un dono di Dio, allora solo piacendo a Dio si potranno ottenere. Questo era il pensiero non solo del popolo di Israele, ma di tutto l’antico oriente. Ci sono vari libri della bibbia, chiamati appunto sapienziali che trattavano questo argomento. La sapienza è molto più di semplice erudizione o intelligenza. Abbiamo sentito che il re Salomone chiese a Dio questo dono e come ricompensa Dio gli concesse anche ricchezza, gloria, eccetera.
Gli Ebrei del tempo di Gesù pensavano che la vera Sapienza era racchiusa nella Torah, i primi cinque libri della bibbia, caratterizzati dalla legge data da Dio a Mosè. Gesù, invece, proponeva un suo stile di vita. Questa è la vera sapienza, paragonabile a un tesoro nascosto o a una perla preziosa.
I punti attorno a cui ruotano le prime due parabole sono:
1) Il grande valore di ciò che si trova;
2) Il grande desiderio di possederlo al punto di rinunciare a tutto per esso.
Vediamo ora la prima parabola. In quell’epoca capitava spesso che ci fossero incursioni improvvise di predoni e briganti, per cui, alle volte, le persone nascondevano i loro beni. Se per caso il padrone veniva ucciso, accadeva che nessuno sapesse dell’esistenza di tali beni e magari passavano anni prima che uno si imbattesse in essi. Mettiamo il caso che un uomo abbia nascosto il suo “tesoro” in un campo, e poi sia morto. Un contadino lavorando quella terra, che magari ha preso in affitto, lo scopre.
Alcuni dettagli:
1- La scoperta del tesoro viene fatta per caso, è stata solo fortuna.
2- Il tesoro non è appariscente, è nascosto e chi gira con la testa per aria non lo trova.
3- L’uomo che l’ha trovato è intelligente, capisce cosa c’è nascosto sotto la terra.
4- Ciò che muove l’uomo è la gioia.
5- Questa provoca la fretta, non c’è tempo da perdere. Se tentenna perde del tempo prezioso in cui potrebbe godersi quel tesoro. Quindi, mosso dalla gioia, vende tutto, nulla più gli interessa perché ha capito che è giunta la possibilità di cambiare la sua vita una volta per sempre.
Il tesoro di cui si parla è chiaramente il vangelo, la sapienza di vita che Gesù propone, l’uomo nuovo, il beato, cioè colui che veramente raggiunge lo scopo per cui è stato creato. Il campo è la nostra vita dove il tesoro è nascosto, molti ci passano vicino, ma non ci fanno caso perché sono interessati solo alle cose appariscenti, alle cose che fanno tutti, al godere, alle vacanze. Sono cose belle, ma alla lunga non soddisfano, non conducono alla pienezza.
Il tesoro è presente nel mondo ma ci vuole attenzione per poterlo cogliere. Il Signore manda a tutti dei segni, provocazioni, spunti per poterlo riconoscere, ma la maggioranza non ci fa caso. Può essere un esempio di un amico , una parola buona, una lettura, un’ispirazione.
Come viene trovato questo tesoro? Per caso. Non è meritato, l’hanno costruito altri, tu devi solo capire che è un tesoro e prendertelo.
La gioia della scoperta ti dice di metterti in moto. Allora il cristianesimo non può essere la religione della tristezza, non possiamo essere cupi, pessimisti, brontoloni, vittimisti, altrimenti non saremo di ispirazione a nessuno.
Qual è il prezzo da pagare per impossessarsi di questo tesoro? Rinunciare a tutto. È un prezzo molto alto ma deve essere pagato con gioia, non con tristezza. Di fronte al prezzo di quel campo ci sono di sicuro delle esitazioni, dubbi, perché costa dare via tutto, non abbiamo l’evidenza di quanto veramente valga il tesoro. Ma se abbiamo capito che tipo di tesoro è il vangelo, la gioia ci dà il coraggio di fare il passo. Vi ricordate il fatto del giovane ricco che, davanti alla prospettiva di dare via tutto, rinuncia e se ne va triste?
La seconda parabola è simile ed integra la prima. Le perle erano simbolo di bellezza ed erano molto amate.
Qui abbiamo un commerciante, ricercatore di bellezza e non è mai pienamente soddisfatto di cosa cerca. La perla che i Giudei avevano tra le mani era la sapienza dell’AT. Avevano conosciuto la sapienza dei vari popoli dell’antico oriente, ma sapevano di avere una sapienza superiore: quella insegnata dalla Torah. Ora molti Giudei, anche dopo essersi convertiti al cristianesimo, pensavano ancora che la Torah fosse il massimo della sapienza, ma sentivano che c’era qualcosa che mancava.
C’è gente che non si preoccupa della vera “bellezza”, a loro interessa godere la vita. Nelle ideologie del mondo gli uomini trovano tante bellezze che attraggono, eppure si rendono conto che manca ancora qualcosa. È solo dopo l’incontro con il Vangelo, con Gesù, che ci si rende conto di aver trovato il bene più prezioso.
Anche qui si parla della fretta di comprare, e del fatto che come prezzo bisogna rinunciare a tutto. Non possiamo cercare di possedere la perla ma continuare ad essere attaccati alle altre cose che ci portano per vie diverse. Dobbiamo deciderci e farlo subito perché se perdiamo tempo perdiamo parte della vita. Ricordate il passaggio di San Paolo ai Filippesi (3: 7-8): “Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo …”.
Quindi, guardando alle due parabole assieme, non è importante se il tesoro l'hai trovato dopo una lunga ricerca (come ha fatto il commerciante) o per puro caso (come il contadino). Il Signore si mostra quando vuole, nel modo più inaspettato. Non è importante se si tratta della realizzazione dei tuoi sogni come è accaduto al commerciante che aveva già altre perle, o provoca in te un cambiamento radicale come è successo al contadino che da servo è diventato un ricco proprietario. L'importante è che siamo disposti a rischiare tutto, a cedere tutto per abbracciare questo nuovo passo della nostra vita.
C’è infine la terza parabola che fa da riassunto a tutto l’insegnamento precedente: la rete che raccoglie ogni tipo di pesci. C’è un particolare interessante a cui pochi fanno caso: si dice che “dopo aver gettato la rete in mare, essa raccoglie “da tutti i tipi”, alcuni sono belli, altri sono marci”; non c’è la parola “pesci”. Di solito le traduzioni danno per scontato che si tratti di pesci perché questo è ciò che entra nella rete, e sono convinto che anche chi ascoltava Gesù abbia capito subito così, ma penso che l’omissione della parola “pesci” nasconda qualcosa. Nel chiamare gli apostoli, Gesù aveva affidato loro la missione di pescare “uomini”. Cosa intendeva? Prendere le persone, estrarle dall’acqua sbagliata della vecchia credenza e rimetterle nell’acqua giusta del Vangelo. Quindi, io credo che qui Gesù usi un simile pensiero. Con il Vangelo voi attraete “ogni genere (di cose)”. Le persone che incontrate, che provocate con la vostra vita basata sul Vangelo, hanno dentro di sé tante cose, tante esperienze, tante idee e credenze; alcune sono belle, altre marce. Voi con la vostra sapienza dovete saper cogliere quelle belle per valorizzarle e quelle marce per gettarle via. Non esistono persone totalmente belle e altre totalmente marce.
Allora non si parla di due gruppi di persone ma di due realtà presenti in ogni persona. Vi ricordate il discorso che abbiamo fatto domenica scorsa circa la zizzania? È lo stesso argomento.
In molti Cristiani il fervore iniziale comincia a diminuire, gli impegni battesimali perdono di valore, preferiscono adattarsi allo stile di vita pagano. Ecco allora le sette parabole che ci aiutano a riflettere e ci spingono a fare un cambiamento di vita. Noi, Cristiani convinti, siamo chiamati ad aiutare le persone a capire la differenza tra il buono e il marcio della loro vita, tra le perle vere e quelle finte, tra il grano e la zizzania.
Il modo per far nascere in noi questa “Sapienza evangelica” è di seminare nel nostro cuore abbondantemente la Parola di Dio, essere disposti a farsi provocare da lei, di rinunciare a tutte quelle attitudini errate che ne frenano lo sviluppo, ma con pazienza e fiducia. Il contadino è Dio e sa fare il suo mestiere, noi siamo il terreno.