Vivo o morto? morire per vivere? che confusione


La rianimazione di Lazzaro.
5a domenica di quaresima anno A  (Gv 11,1-45)
Nelle ultime due domeniche abbiamo visto due dei segni tipici per le catechesi battesimali: l’Acqua (nel vangelo della Samaritana) e la Luce (nel vangelo del cieco nato). Oggi vediamo il terzo segno: la Vita che passa attraverso l’unione con la morte di Cristo. Possiamo iniziare la nostra riflessione dalla domanda: Cosa accade a coloro che incontrano Cristo nella loro vita? Domenica scorsa abbiamo detto che si aprono i loro occhi, hanno luce e capiscono le cose in modo diverso. L’interrogativo che rimane è: Qual è il destino ultimo della mia vita? Dove sto andando? Cos’è la nostra vita: un cammino verso la tomba e basta? Che senso ha la morte? La nostra cultura rimuove il pensiero della morte, la gente ha paura a riflettere su questo argomento, però i casi delle ultime settimane con la crisi epidemica del corona virus, e il numero di morti che ci sono stati e i tempi forzati di pausa dalle attività, hanno richiamato l’argomento all’attenzione di tutti. Come reagire? Solo disperazione? Se il vostro dottore vi avesse detto: “sei infetto anche tu”, come avreste reagito?
L’argomento mette in primo piano quello che è il nostro rapporto con la fede. Spesso molti la riducono a un rivolgere a Cristo delle preghiere per tirare avanti il più possibile questa vita, per risolvere i problemi che ci sono, e se poi Lui non ci ascolta, allora ci chiediamo: a che serve la mia fede? Raramente noi pensiamo al senso ultimo della nostra vita, d’altronde sappiamo che presto o tardi moriremo, e poi? Il nulla è difficile da accettare perché siamo fatti per la vita, per l’infinito. Nel vangelo di oggi Gesù risponde a questo interrogativo che, in tutto il vangelo, è il più importante.
Giovanni, nel raccontarlo, non si limita a redigere la cronaca di un fatto, ma, come suo solito, si serve del fatto per stilare una pagina di teologia.
Il primo punto che dobbiamo chiarire è la differenza tra risurrezione e rianimazione che sono due cose ben diverse. Rianimazione è riportare una persona a questa realtà in cui ha vissuto finora, per continuare le stesse attività, parentele, stile di vita, ecc.; come conseguenza della rianimazione c’è il fatto che la persona, come tutti quelli che sono qui, è destinata a morire di nuovo. È ciò che è accaduto a Lazzaro, al figlio della vedova di Naim, alla figlia di Giairo. Hanno continuato per alcuni anni la vita di prima e poi sono morti come tutti. Questo è quanto accade a pochissime persone e non è molto importante in sé.
La risurrezione, invece, non ci riporta alla vita di prima ma ci fa fare il salto di qualità immettendoci in pieno nella vita eterna. Questo è quanto è accaduto a Gesù la mattina di Pasqua ed è la vocazione di tutti noi. Questo è il vero miracolo che dà il senso alla nostra vita. Veniamo al racconto di oggi.
Gesù riceve la notizia che Lazzaro, suo amico, sta male. Betania è un villaggio a 3 chilometri da Gerusalemme, un luogo che Gesù visitava spesso, dato che lì viveva la famiglia dei suoi amici.
Si tratta di una famiglia speciale, solo fratelli e sorelle, niente genitori o mariti e mogli.
Lazzaro dovrebbe essere il protagonista, ma è ricordato solo come fratello di Maria e Marta. Inoltre lo chiamano “Colui che tu ami” e poi altre 2 volte si sottolinea che Gesù lo amava.  Questa famiglia è l’immagine della comunità ideale dove tutti sono fratelli e sorelle e sono amati da Dio.
Quando Gesù riceve la notizia che colui che ama è malato dice che questa infermità è per la gloria di Dio. Quando uno muore noi vorremmo sempre tenerlo con noi, ma non è possibile. La morte biologica non tocca la “vera vita” dell’uomo, ma è necessaria perché si manifesti la gloria di Dio, cioè perché la persona entri in pienezza nella gloria di Dio e conosca quanto Lui ama l’uomo. Cosa Dio riserva per noi? È solo passando attraverso la morte che ci si rivelerà in pienezza quanto è bello ciò che lui ha preparato per noi.
Dopo la notizia della morte di Lazzaro, Gesù, invece di partire subito, si ferma altri due giorni. Lasciando morire Lazzaro ci dice che lui non è venuto a interrompere la morte biologica, non è il suo compito prolungare la vita in terra. L’essere “mortali” fa parte della natura di ogni uomo, Dio non può cambiare quella che è la natura dell’uomo.
Poi dice: “Lazzaro dorme e io vado a risvegliarlo”. La morte biologica non è una vera morte, perché la vera vita è eterna.
Nella tradizione ebraica la gente andava al sepolcro per 3 giorni; questo era un modo per garantire che magari il morto non fosse veramente morto e si risvegliasse. Passati 3 giorni, se non si era notato alcun movimento, allora si considerava la persona veramente morta e si iniziava ad andare a casa dei parenti per fare le condoglianze. Gesù arriva a Betania quando questi 3 giorni sono passati, ma non entra nel villaggio, si ferma prima e aspetta lì che siano gli altri ad uscire. Sappiamo che nell’immaginario dei vangeli il villaggio rappresenta sempre l’insieme delle tradizioni e della mentalità della società. Gesù, come aveva fatto altre volte, chiede, a chi vuole credere in Lui, di lasciare il modo di pensare di tutti e aprire la mente al suo messaggio.
Marta è la prima a fare questa esperienza; va incontro a Gesù e lo rimprovera: “Tu avresti dovuto essere qui per fare ciò che potevi”. Sembra riecheggiare  il nostro modo di pensare: se Dio esiste perché non interviene quando ne abbiamo bisogno? Poi aggiunge: “Ma so che qualunque cosa chiederai a Dio lui te lo concederà”. Probabilmente sta pensando ai miracoli di rianimazione che altri profeti come Eliseo avevano fatto in passato. Gesù risponde: “Tuo fratello risorgerà”. Marta intende le parole di Gesù come un riferimento alla risurrezione dei giusti nell’ultimo giorno, come la credevano i Farisei (e anche molti cristiani). Gesù non parla dell’ultimo giorno ma dice: “Io sono la resurrezione e la vita”.
Nel pensiero di Marta c’era spazio solo per il ritorno a questo tipo di vita, Gesù, invece, le parla di una vita nuova che non muore, la vita dell’Eterno. Chi muore, non “muore”, ma entra nella vita divina che gli è data dal Padre. La risurrezione di cui parla Gesù non è qualcosa del futuro, ma del presente, chi muore entra subito nella vita vera. Lao Tze dice che ciò che per il bruco è la fine del mondo, per il resto del mondo è una farfalla.
Ora Marta non piange, tutti gli altri sì. Ha ricevuto una luce nuova, va a chiamare Maria perché anche lei possa fare la stessa esperienza, cioè uscire dal villaggio ed andare incontro a Gesù.
Gesù è rimasto là dove aveva incontrato Marta, non va né da Maria né alla tomba. Vuole che tutti lascino le convinzioni che hanno e si aprano al suo modo di pensare. All’incontro con Cristo non si arriva tutti assieme, qualcuno prima e qualcuno dopo. Maria fa lo stesso percorso della sorella: piange e rimprovera Gesù per il suo mancato intervento; anche lei come Marta crede solo al tipo di vita biologico. L’atteggiamento di Gesù di fronte a questa mentalità non è quello di giudizio ma di vicinanza e condivisione del dolore. Nel vedere Maria e i Giudei piangere, anche lui freme.
Le lacrime di Gesù non sono lacrime di disperazione ma di condivisione con i vivi. La morte per noi è sempre qualcosa di tragico e va vissuta con rispetto, ma chi ha incontrato Cristo piange in un modo diverso. L’amore non si manifesta solo nel perpetuare la vita biologica.
Dove l’avete posto?” dove mettete ora i vostri cari defunti? Nella “morte”? Non sono lì.
 Togliete quella pietra” che separa il mondo dei vivi dal mondo dei morti, siamo tutti vivi. Il mondo non crede a questo discorso, ha dubbi, ma Gesù insiste. Se guardiamo con la Fede vediamo che non c’è più separazione.
Lazzaro vieni fuori!”. Il morto uscì. Se fosse solo cronaca bisognerebbe chiedersi come faceva a camminare dato che i piedi erano legati. Il racconto non dice “Lazzaro uscì”, ma “il morto” tutti i morti; bende e fasce sono segni della morte. Dobbiamo sciogliere i nostri morti da quelle immagini sbagliate che abbiamo in noi e che ce li presentano come ancora legati. Dobbiamo lasciarli liberi nel mondo della gloria, dove ora veramente vivono.
Alla fine mi chiederete: Ma Lazzaro è stato veramente riportato in vita? Certo di sì, una storia del genere non la si inventa, ma essa non è importante per l’evangelista e neanche per Gesù, l’importante è che capiamo che Gesù è la vera Vita e in Lui siamo chiamati a vivere per l’eternità, ma questo passaggio va vissuto sperimentando la caducità delle cose terrene e biologiche e quindi sperimentando la sofferenza e la morte.

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